Bambini e adolescenti, i fantasmi del Covid. Intervista a professor Matteo Lancini
Il lockdown imposto ha obbligato tutti alla reclusione forzata. Salvo in qualche breve intervento istituzionale, la categoria dimenticata di questa emergenza è stata quella dei bambini ed adolescenti. Quasi che non fossero toccati da quanto accadeva intorno a loro, si è dimenticato di occuparsi del loro tempo rubato alla crescita, alle amicizie, alla vita. In questo pezzo di vita si sarebbero confrontati con la realtà di tutti i giorni, affrontando alle volte prove complesse ma uniche e irripetibili quali gli esami scolastici, la maggiore età, il conseguimento della patente di guida, le indimenticabili gite scolastiche, i campionati sportivi, le esperienze musicali ossia tutto ciò che avrebbe potuto trasformare i loro sogni in realtà condivisibili.
Abbiamo voluto intervistare una voce autorevole nel campo dell’infanzia e adolescenza per conversare su questo argomento così delicato e specifico. Il Professor Matteo Lancini è uno psicologo e psicoterapeuta di formazione psicoanalitica. E’ Presidente della Fondazione “Minotauro” di Milano e docente presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca e presso la Scuola di formazione in Psicoterapia dell’adolescente e del giovane adulto del Minotauro. Prima dell’emergenza Covid ha pubblicato per la UTET “Cosa serve ai nostri ragazzi. I nuovi adolescenti spiegati ai genitori, agli insegnanti, agli adulti“, un libro quantomai utile in questo periodo
In questi mesi di clausura forzata i nostri bambini e ragazzi hanno vissuto un tempo non-tempo in cui le giornate si sono susseguite allo stesso modo. All’improvviso la loro routine, forse precedentemente stressante, ha avuto uno stop forzato in cui però hanno perso tutti gli obiettivi della giornata. Lo studio si è a tratti vanificato in una Didattica a Distanza spesso farraginosa infarcita di notizie dal web che assicuravano la promozione a tutti e contribuivano all’indifferenza verso la scuola. Le attività extrascolastiche anche se frequentate online non hanno permesso quel contatto visivo e di complicità necessario all’espressività. Noi adulti ci siamo accorti di quanto sia stato sottratto ai nostri ragazzi? E, per loro che spesso sono abituati a relegarsi nelle stanze a lungo, cosa è cambiato?
Io ritengo che in questa fase di lockdown i bambini e gli adolescenti siano appartenuti alla categoria più dimenticata. Forse gli adulti a cui lei fa riferimento sono solo i genitori perchè non c’è stata una politica che li abbia messi in primo piano. C’era da salvaguardare la fascia debole degli anziani ed era giusto che fosse così, però la fascia di bambini e adolescenti è stata abbandonata a se stessa.
Li cito insieme ma in realtà c’è da fare una distinzione precisa. Ritengo che da questa vicenda i bambini tra i 6 e i 10 anni ne usciranno con cicatrici maggiori perché come lei mi espone nella domanda, hanno visto interrompere tutte le attività della socializzazione. Bambini che non avevano ancora l’accesso ad internet a lungo hanno dovuto affrontare conoscenze tecnologiche improvvise. In un periodo in cui le amicizie non sono ancora consolidate e la socializzazione è importante, questi bambini hanno vissuto di colpo un arresto totale delle attività scolastiche (che a volte li trattenevano fino oltre le 16) delle extrascolastiche che riempivano la loro vita.
Gli adolescenti invece, pur risentendo della situazione, si sono assunti le loro responsabilità, forti anche delle conoscenze tecnologiche che li ha aiutati nella didattica a distanza. Chi è riuscito a superare meglio il periodo è stato colui che ha avuto dei genitori che anzichè essere controllori del lavoro scolastico lo ha più responsabilizzato del lavoro da svolgere per la scuola per se’ e per i fratelli più piccoli. Oltre questo, essere stati d’aiuto in famiglia ha procurato loro un motivo in più per sentirsi impegnati. In molti hanno aiutato i familiari nel preparare cibi, nel tagliare i capelli, nell’assolvere lavoretti fai da te o dedicarsi a qualche hobby con il genitore. Agli stessi è giovata la presenza di insegnanti che non si sono solo preoccupati di far lezione, interrogare o mettere voti online rischiando di comunicare ansia ma hanno interagito con empatia in una situazione davvero imprevista e drammatica. Si pensi che fino al giorno prima per i ragazzi internet era il male assoluto poi si è chiesto loro di stare 7h davanti al computer. Molti docenti hanno capito e saputo affrontare con loro le difficoltà, il dolore e l’impasse, altri hanno proseguito come se nulla fosse.
C’è molta polemica intorno al discorso promozione assicurata sin da subito, questo ha demotivato i ragazzi nello studio?
Io ritengo da sempre che gli adolescenti non siano dei soggetti che vivono “stimolo-risposta” al pari dei topi o dei piccioni. Nonostante la comunicazione abbia cercato di tenere nascosto, non potevano essere presi in giro quando già tutti sapevano, sin dai primi di marzo che a scuola non sarebbero più rientrati. Agli adolescenti non si possono nascondere le cose come fossero bambini piccoli, altrimenti la loro reazione è far finta di crederci per tenere buoni gli adulti. Un giro vizioso di menzogne. Ricordo che quanto è accaduto a marzo/aprile con migliaia di morti in Italia, gente che moriva intorno ai ragazzi, stravolgimento della vita, come dicono alcuni come la seconda guerra mondiale, ha influito enormemente sulla vita dei nostri ragazzi e pensare che la promozione assicurata fosse l’unico argomento di cui discutere mi sembra assurdo. A loro interessa che gli adulti abbiano capito la loro vita e siano vicini.

Conviene che le differenze sociali hanno acuito le diversità e la reclusione non è stata per tutti allo stesso modo? E nelle case in cui gli ambienti non permettono la privacy è si scaduti più spesso nei litigi?
Certamente, i litigi ci sono stati ovunque ma senz’altro gli ambienti più piccoli e con meno risorse hanno acuito alcune situazioni. Il divario economico si è visto molto per la didattica a distanza che non ha permesso una scuola uguale per tutti provocando anche ansie e delusioni in molti ragazzi. Per questo la scuola in presenza è fondamentale perchè tende a ridurre le differenze e bisogna ripensarla in quest’ottica.
La noia per gli psicologi e gli adulti è definita importante poichè è occasione per l’ arricchimento personale da dedicare alla lettura e all’analisi di se’. Per gli adolescenti è riversata nella tecnologia dalla quale non si staccano se non con difficoltà estrema e su sollecitudine degli adulti.
Ritengo che la noia, al di là di questa fase, sia stata ormai bandita dalla vita di ogni bambino o adolescente, quando riempiamo ogni suo momento libero con attività ed eliminiamo la solitudine dal suo spazio di crescita. La tecnologia non è ciò con cui l’adolescente interrompe la sua noia ma l’ambiente in cui gli abbiamo chiesto di crescere dal momento in cui regaliamo un telefonino dagli 8 ai 13 anni facendo transitare tutto nel digitale. Oggi il tema del digitale non ha più senso dividerlo tra vita reale e vita virtuale perchè si sono intrecciati. Indubbiamente c’è stato un aumento di acquisto dei videogiochi in questo periodo però non sappiamo se corrisponde aduna richiesta di adulti che volevano distrarsi, poichè sappiamo che i ragazzi li usavano già prima. Al momento credo che i ragazzi abbiano davvero bisogno di tornare a vedersi e incontrarsi e che questa saturazione di digitale abbia toccato anche loro.
Usciranno trasformati o tornerà tutto come prima?
Allo stato attuale, e questo può cambiare di giorno in giorno perchè non c’è una verità assoluta, ci sono delle difficoltà nel ritorno perchè non c’è un rientro entusiasta dei giovani. Almeno secondo me, a differenza di altri colleghi, i ragazzi non vogliono rientrare nella vita non perchè in fondo si siano trovati bene a casa ma perchè c’è un aspetto depressivo generale. Non si torna fuori come se tutto fosse scomparso. Il problema è più ampio perchè è l’incertezza del futuro che li frena.
Prendiamo ad esempio la Maturità. Cos’era una volta? La preparazione agli esami, l’ansia ma anche il pranzo dei cento giorni, la fine di un percorso, il viaggio estivo, l’attesa per l’università o comunque un grande capitolo scuola che si concludeva. Oggi c’è un’ampia incertezza sull’esame: si fa, no si fa, da casa, in sede, il programma, le date, di cui non colpevolizzo nessuno ma che indubbiamente creano grande incertezza negli adolescenti come negli adulti. Ecco come tutto questo influisca molto nelle insicurezze del momento ma anche del futuro. I ragazzi ascoltano la situazione economica difficile che sta intorno a loro ma anche quella che verrà nei prossimi anni. Ci stiamo indebitando per decenni e loro lo ascoltano. Ancora una volta in Italia politiche per le nuove generazioni vengono ignorate. E’ vuoto ragionare solo sul problema happy hour ma è doveroso discutere sulla ricostruzione di un futuro così drammaticamente incerto per loro. Senza futuro la gente si ammala.
Come cita nel suo libro “Cosa serve ai nostri ragazzi”, gli adolescenti di oggi non utilizzano più il conflitto e la trasgressione per affermare se stessi ma hanno altri sistemi.
Ma certamente, essi sono ostaggio di ideali presto disillusi e aspettative smisurate e scontano gravemente la mancanza di figure autorevoli capaci di guidarli nel loro percorso evolutivo. E’ un libro che consiglio di leggere a tutti i genitori, ai docenti ma anche agli adulti che amministrano la vita sociale non per un mio ritorno personale ma avere il polso della situazione nella quale vivono i nostri ragazzi per capirli e saper vivere al loro fianco.