Il domani che verrà: un film sempre attuale
Un film australiano apre dinanzi a noi uno scenario di guerra infinita. Non è un caso che i sette romanzi della serie “Tomorrow” di John Marsden da cui e tratto questo primo episodio abbiano ottenuto successo soprattutto in America, il cui slogan “guerra infinita” dell’amministrazione Bush ha trovato entusiasti molti cittadini americani e non solo. Non è una casualità l’attualità della sceneggiatura, una sceneggiatura corrispondente alla realtà. Con sei milioni di copie vendute in tutto il mondo, il registra e sceneggiatore australiano Stuart Beattie, debutta con questo film traducendo su pellicola la realtà dei nostri tempi così difficili.
In una piccola città australiana alcuni ragazzi/e terminato l’anno scolastico decidono di partire per un fine settimana verso le Alpi australiane per un campeggio, dimorando come in un eden in un luogo chiamato inferno. Causata dalla imprevedibilità dei luoghi, i teenegers intuiscono le difficoltà di una vita a contatto con la natura, abituati come sono alle comodità della civiltà. Per pochi attimi disimparano ciò che non hanno mai imparato nella civiltà: a conoscersi ad amarsi, a socializzare !
Al loro rientro si accorgono che la loro città è stata invasa da un esercito straniero, non comprendendone all’inizio le motivazioni, che vengono successivamente annunciate da un generale dello sconosciuto esercito invasore, il quale esprime questo concetto: nel nostro paese c’è stata una esplosine demografica, le nostre risorse non sono sufficienti per la sopravvivenza del nostro popolo, voi (gli australiani) vivete al di sopra delle vostre possibilità, avete risorse che possono consentire la vita di altri popoli, per questo vi è stata l’invasione per l’accaparramento delle risorse naturali di altri paesi. Che dire, attuale come non mai! Tutti gli abitanti Wirrawee, compresi i loro genitori vengono arrestati ed internati in un provvisorio campo di concentramento, alcuni uccisi. Scoperta questa triste verità, nuda e cruda, i ragazzi ne prendono atto seppure in modo diverso e contraddittorio. Consapevoli di ciò si danno alla macchia per la conquista della libertà, armi alla mano come facevano i partigiani durante la seconda guerra mondiale.
Ancora una volta si assiste ad un film che non fornisce alcuna prospettiva all’umanità. Dalle fine della seconda guerra mondiale in poi, scrittori, giornalisti, televisioni, le grandi case cinematografiche, registi ed attori sono impegnati per produrre film il cui messaggio e chiaro, leggibile: la fine dell’umanità causata da un meteorite, una guerra terribile, da una catastrofe naturale, le scimmie ecc. ecc., lanciando un messaggio filosofico: è la natura delle cose. L’intellighenzia della democrazia occidentale non riesce o forse non vuole tenere in considerazione un modello di società diverso dall’attuale. Oltre ciò vi è solo la morte, l’estinzione dell’umana specie se non addirittura del pianeta. Non vuole accettare la fine storica di un suo modello economico-sociale. A differenza degli antichi romani, l’attuale babilonia è consapevole del proprio ruolo, conosce la storia, per questo non demorde.
Un noto accademico, cui non riferisco la nazionalità, onde evitare inutili pregiudizi, nei primi anni ’50 del secolo scorso nella redazione di un importante libro di filosofia, così descriveva dopo approfondita ricerca bibliografica e attualistica (del suo tempo) il campo avverso (i puntini sono una omissione voluta nella trascrizione del testo:
“Nietzsche riconosce anche un “progresso”, ma lo intende solo come trasformazione di tutta l’umanità in schiavi per il benessere di un pugno di “superuomini”. “La grandezza del progresso, egli dice, si misura con la quantità di ciò che si è dovuto sacrificare. L’umanità che si sacrifica in tutta la sua massa per far fiorire un tipo di uomo più forte, sarebbe progresso”. “… contemporanei cercano di mettere in pratica questa criminale teoria del “progresso”. Essi sarebbero pronti a distruggere la maggioranza dell’umanità per “far fiorire” un pugno di gangster del …” Alcuni suoi ideologi sono inclini ad attribuire il processo di disgregazione e lo sfacelo della . all’avvento dell’era della catastrofe mondiale nella quale l’umanità, che secondo loro ha già esaurito tutte le sue possibilità creative è destinata a perire”. Nella letteratura e nella filosofia contemporanea …. risuonano sempre più voci sulla fine dell’umanità. I filosofi e i letterati parlano di invecchiamento dell’”albero della vita”, di “convulsioni del secolo delle tenebre”, di “ultimi spasimi della civiltà”, ecc.