Luchino Visconti e Nino Rota, apoteosi di un’amicizia nel film Il Gattopardo

Le ispirazioni letterarie per i film realizzati da Visconti regista sono tante e tanto diverse sono le relazioni tra la fonte letteraria ispiratrice e i film girati. Si va dalla versione calligrafica de Lo straniero a quella libera di Senso; dalla storia seguita fedelmente, ma mutata nell’ambientazione, di Le notti bianche a quella rispettata nell’ambiente e nell’atmosfera ma mutata nella trama di Rocco e i suoi fratelli. Poi ci sono film in cui anche quando la sceneggiatura è originale le fonti letterarie sono evidenti, per esempio nel film La caduta degli dei in cui si parla della decadenza di una famiglia tedesca che richiama apertamente i Buddenbrook di Thomas Mann.

Ma quando si parla di cinema e letteratura due sono le pellicole particolarmente significative come esempio di realizzazione ben riuscita: Il Gattopardo e Morte a Venezia entrambi del regista milanese.

Mai tedioso o pedante, con una costante vena ironica, Il Gattopardo è un romanzo preciso, colto e gentile, come il suo autore, Giuseppe Tomasi Principe di Lampedusa, che ha prestato al protagonista, il Principe di Salina, alcune proprie caratteristiche fisiche e caratteriali tra cui l’amore per i cani e la passione per l’astronomia. Visconti sceglie per questo film la strada della trasposizione fedele scartando solo gli ultimi capitoli (la morte del principe e il fuori tono “Vent’anni dopo”).

La vicenda si svolge nel 1860 in Sicilia, al momento dello sbarco dei garibaldini che, dopo la vittoria sull’esercito borbonico, getteranno le premesse per l’annessione della regione al regno sabaudo. Il protagonista incontrastato del romanzo e anche del film, è il principe don Fabrizio Salina, è perfettamente consapevole del definitivo tramonto di un’intera epoca, l’aristocrazia deve cedere il passo ad una nuova classe politica se si vuole continuare a comandare. Egli favorisce il fidanzamento del nipote prediletto Tancredi (interpretato dal giovanissimo Alain Delon), nobile ma privo di dote, con la bellissima Angelica Sedàra (carismatica e vitale Claudia Cardinale), figlia di un ignorantissimo e cinico “nuovo ricco”, destinato a diventare senatore del Regno d’Italia.

Leggendo il romanzo traspare un particolare ritmo musicale narrativo che con le sue scansioni, i suoi tempi, il suo gusto del suono rafforza e amplia l’immagine. Ne consegue che nella sceneggiatura e nella narrazione filmica Visconti ricrei gli stessi ritmi della scrittura, condensando o dilatando le scene e i tempi narrativi, dispiegando le immagini verso il paesaggio o racchiudendole attorno ad un personaggio, alternando scene d’interni e d’esterni

A questo gioco visivo corrisponde una colonna sonora con una musica che si fa mediatrice tra la vicenda e la storia, tra gli uomini e i fatti narrati, completando ciò che la parola lascia in sospeso.

Alle intenzioni del regista, al suo sguardo e alla musicalità della forma del romanzo corrisponde la musica di Nino Rota, qui alla sua quarta collaborazione con musiche originali.

Un giorno- racconta il Maestro Rota– ci siamo messi in casa di Luchino a cercare tra le mie passate composizioni e tra i miei temi qualcosa che corrispondesse alla sua idea di musica per questo film. Luchino mi suggeriva anche altri temi, così ho suonato brani dal Faust di Gounod, temi di Massenet e di Wagner. Poi distrattamente ho cominciato a suonare – come se fossero d’altri – parti dell’Adagio di una Sinfonia che avevo scritto nel 1946. Luchino ne fu entusiasta e disse che era quella la musica del Gattopardo. Non solo, quando ascoltò il IV Tempo, Allegro molto agitato, vi individuò immediatamente il tema per la lunga sequenza del viaggio a Donnafugata.”

La musica in questione è la Sinfonia sopra una canzone d’amore. La musica esplode con un volume abbastanza alto nei titoli di testa, con un incipit drammatico, confluendo nei temi salienti della sinfonia, temi che ritornano nei momenti pregnanti e diventano leit-motiv dei vari personaggi. Si distinguono in particolare quelli relativi al principe, la musica è sua espansione, voce intima del suo pensiero e infine preannuncio di un futuro imminente, con la fine della società a cui egli appartiene in un mondo che “per far sì che tutto resti com’è, tutto deve cambiare”.        

Le pagine in assoluto più celebri sono i ballabili del famoso ballo a casa Ponteleone ( un’ora di film per una sola sequenza di immensa bellezza e grande significato).

Mazurca, Controdanza, Polka, Galop e Quadriglia in realtà erano stati già composti da Rota per un altro film nel 1954 ambientato alla stessa epoca del Gattopardo che si chiamava Appassionatamente.

A proposito di questi ballabili Rota racconta che fece ascoltare a Visconti un’esecuzione dei Ballabili un di fortuna e superficiale eseguita da una formazione locale trovata a Palermo e raccolta per tentare un provino da sottoporgli. Il regista volle inserire nel film quella versione “quando Visconti ascoltò quelle musiche gli piacque il modo un po’ impreciso dell’esecuzione: egli riteneva che trattandosi di una festa in una casa privata dell’epoca la non perfetta esecuzione conferisse all’orchestrina in campo un sapore più reale”.

E veniamo al famoso Valzer inedito di Giuseppe Verdi sul quale si impernia il simbolico ballo di don Fabrizio e della bella Angelica. Attorno a questo Valzer vi è una simpatica storia poiché si tratta di una partitura autografa di Giuseppe Verdi per pianoforte rinvenuta su una bancarella romana da Romolo Valli, attore e caro amico di Visconti. E’ un valzer brillante, datato 1880 lo stesso periodo in cui Verdi componeva Un ballo in maschera, dedicato alla contessa Maffei. N.Rota lo orchestrò per piccolo ensemble così da inserirlo nelle scene del ballo.

C’è chi vede nelle tre sezioni del valzer la vita e i sentimenti del principe. La prima parte melodica corrisponde alla struggente nostalgia di una bellezza prossima a scomparire; la seconda a note ribattute è la vitalità e la forza di un presente in divenire (individuati in Angelica e Tancredi) la terza ed ultima parte dall’impeto decisamente virile e cavalleresco è il presentimento della fine e un ultimo slancio per raccogliere le forze necessarie per affrontarla con dignità.

E’ una danza in cui si affrontano l’amore e la morte, la memoria e la realtà, la poesia e il dolore come in un duello finale.

Oltre le musiche originali di Rota, Visconti inserisce il coro dal III atto di Traviata Noi siam le zingarelle intonato dalla  banda della residenza estiva di Donnafugata all’arrivo delle carrozze e l’Amami Alfredo suonato all’organo della chiesa del paese all’entrata della famiglia per la messa, entrambi di Giuseppe Verdi. Non mancano mai nei film di Visconti delle incursioni nella musica popolare, un po’ come accade nelle opere pucciniane, infatti quando i giovani sono riuniti per il plebiscito intonano La bella Gigogin trasformata in nenia araba come voleva Lampedusa nei suoi scritti.