Nemici invisibili: la storia di un uomo più forte dell’uranio impoverito

Una mattina una volpe si è introdotta nel giardino attorno alla mia abitazione, per niente timorosa, si è avvicinata accoccolandosi al sole ed alternando riposi sul prato a salti e giochi con i gatti randagi qui intorno. Noto che è incinta, viene quando vuole, accetta il cibo che le lascio da parte, ci facciamo compagnia a vicenda, in un silenzio rispettoso l’uno dell’altra. Aspetterò se vorrà che nascano i suoi piccoli, lei attenderà con me che si allenti l’isolamento a cui sono costretto. 

La volpe e la bici, amiche e compagne di questa quarantena. 

La mia bicicletta non mi ha mai abbandonato, come io non ho tenuto distante lei, mai, anche e soprattutto nelle prove più difficili della mia vita. Anche oggi è con me, eppure anche stavolta devo inventarmi un modo per sentirla vicino. L’ho fatto quando sono stato costretto ad aggiungerle una ruota, per correre senza farmi male su un triciclo che mi piace chiamare “volante”; la trasformerò ancora, la “adatterò” per consentirle di starmi accanto. 

Tenere distante il nemico numero 2 mi impedisce di uscire per strada, di raggiungere il mare come amo fare per alleggerire i pensieri. Ma il “mai arrendersi”, che ormai mi identifica come un documento di riconoscimento, da anni mi impone di rincorrere un’alternativa. 

E allora in poche ore, non senza fatica, inizio a montare i pezzi di un nuovo triciclo, robusto e resistente, capace di volare nel terreno che circonda la mia abitazione: ecco pronto il mio “triciclo ross”.

Lo metto alla prova: iniziamo insieme, le mie gambe, la mia testa e l’amico a tre ruote, a sostenere il ritmo cui sono abituato, ad andare veloce, su e giù nella terra fertile del mio Salento, di questa villa che è divenuta: il mio rifugio, una pista e una sfida. Ed è così ogni giorno, lunedì uguali alla domenica, senza feste, senza Pasqua: ogni pomeriggio terminata la quotidiana terapia infusionale indosso la divisa, casco, concentratore di ossigeno e salgo in sella. E’ sempre così che, contro ogni aspettativa medica, contro ogni attesa, il cuore inizia a prendere il giusto ritmo, il battito si fa più regolare e silenzioso, i polmoni si aprono per respirare la vita. 

Ed io corro… 

Corro e pedalo con tutto il fiato che ho, lontano dal COVID-19, dallo Zinco, dal Rame, dal Cesio, dall’Uranio, dal Tungsteno, dall’Arsenico, lontano dai veleni e dai pensieri di morte, quelli che infestano le mie notti solitarie sullo sfondo del rumore di un ventilatore meccanico. 

Corro per prendere respiro, per dare un senso all’essere sopravvissuto ai tanti miei compagni, soldati Vittime dell’uranio e del Dovere, amici che ho dovuto salutare prima del tempo; per molti di loro non c’è ancora giustizia!

Corro per allontanare i fantasmi di un tempo, un Paese devastato dalla guerra, il sangue sui sedili dell’elicottero, le polveri fatte di piccoli nemici invisibili; pedalo da solo, oggi più di allora, lontano da questo avversario sconosciuto e insidioso, per non farli incontrare e lasciar loro spazio in un corpo già così vulnerabile. 

Inseguo…

con ogni respiro…

tra le zolle di terra ed i tramonti…

la Vita!