Il governo contro il cuneo fiscale
Dopo l’ipotesi di una fiscalità di vantaggio per il Sud si dichiara di voler ridurre il cuneo fiscale – per i nuovi assunti a tempo indeterminato nel Mezzogiorno – del 30% utilizzando i danari del recovery fund.
Quando i politici/economisti nostrani si adoperano per spendere i soldi che si avranno da altri, sembrano come le proverbiali pulci immerse nella farina che pensano di essere divenute mugnaie.
Infatti dopo un giorno dal primo annuncio sopra decritto il Ministro Provenzano precisa che si parla del 10% per tutti i lavoratori.. idea che però si deve sottoporre all’Europa, poi al Parlamento, cioè forse l’anno che verrà sarà quello decisivo. Ma sarà cosa buona?
In primis se la riduzione riguarda i nuovi assunti non servono danari per finanziare nulla in quanto il gettito salirà del “nuovo” cuneo fiscale riveniente dai nuovi assunti e non scenderà. Secondariamente questa sarebbe una idea interessante se si riducessero tutti i cunei fiscali (anche di quelli oggi al lavoro) e quindi in questo caso andrebbe coperta la quota di gettito mancante; in questa ipotesi i danari europei che saranno presi a prestito sarebbero utili. Ma è una utilità che evaporerà presto, in quanto il fabbisogno sarebbe solo spostato nel tempo e traslato sulla grande massa dei contribuenti. Cioè ancora una volta: politichese e burocratese e per la nostra economia niente altro.
Quindi serve un cambio radicale di paradigma: non più aiuti a qualcuno ma un sistema diverso. Sappiamo che i finanziamenti europei destinati al sud spesso non trovano utilizzazione proprio perché i “programmatori” europei e italiani non conoscono la situazione in cui versa il mondo delle imprese meridionali e quindi insistono con programmi di molto fuori dalla realtà economica meridionale e mondiale. Basterebbe invece, per risolvere i problemi di disoccupazione, utilizzare quelle somme inutilizzate (eventualmente integrate con parte di quelle nuove a fondo perduto provenienti dal recovery fund) per azzerare il cuneo fiscale di tutte le imprese di un’area da sviluppare. Si badi bene: delle piccole imprese perché quando si parla di imprese non si escludono ad esempio le “finte” imprese come le municipalizzate, l’Acquedotto Pugliese e tante altre che sono imprese solo formalmente; sarebbe una beffa se quei settori che beneficiano già delle varie garanzie pubbliche si vedessero ulteriormente privilegiare sfruttando lo stato di malessere delle imprese vere, quelle che impegnano i propri danari e quelli della propria famiglia per andare avanti. In questa maniera da noi proposta non crescerebbe il debito, si azzererebbe la disoccupazione, crescerebbe la competitività dei prodotti meridionali, si collocherebbero in modo “giusto” i danari destinati al sud riducendo i costi interni alle imprese incidendo sul costo stato che è la quota più rilevante.
Lo faranno? Si dovrà attendere che quelle pulci diventino veri mugnai.