Piazze di nuovo piene

A Berlino si arriva ad assaltare i luoghi simbolo della democrazia, a Londra come a Zurigo si scende in piazza contro le restrizioni correlate alla pandemia, negli Usa si manifesta convintamente per le più varie ragioni, in Cina da mesi ci raccontano di manifestazioni ancora più insistenti, tutto il mondo sembra non credere ormai più ai propri rappresentanti e cioè alla democrazia indiretta e cioè rappresentativa.

Il web ospita teorie e proteste tra le più imprevedibili, una specie di fuoco sotto la cenere che cresce e si autoalimenta di uno diffuso scontento della rappresentanza politica quale siamo abituati a conoscere. Non è cosa della destra o della sinistra né di pericolosi radicali ma è cosa trasversale radicata nella sfiducia ormai conclamata nella informazione e nelle cose che dai media si vuole far credere come vere non si crede neanche più nello stesso principio della alternanza al potere: non si vuole attendere di vincere al prossimo voto semplicemente perché è un sistema nel quale non si crede più; si vuole tutto e subito e sono pronti allo scontro. Come anche gli stessi migranti, non solo quelli che vengono dall’Africa ma anche all’interno dello stesso Occidente che scappano a qualunque costo dalle realtà di provenienza pur di cercare un posto migliore, nessuno crede più nella possibilità di crescita delle economie in cui si è nati. Una disistima mondiale verso la efficacia delle Istituzioni ufficiali.

A cosa porta tutto questo? Se andiamo a chiedere ai nostri conterranei che lavorano con fatica e restrizioni o ai nostri giovani esclusi dal mondo del lavoro o che vi sono entrati con condizioni precarie ci accorgiamo che essi costituiscono un intero mondo che non è allineato alle tesi dominanti, né lo vuole essere. Sono scontenti anche i dipendenti pubblici pressati da un rapporto di lavoro sempre più stressante e spersonalizzato. È la pandemia ad aver creato questa disaffezione oppure ha solo dato la stura ad una situazione già difficile? Sembra essere vera questa seconda tesi; decenni di crescita del controllo delle popolazioni e dei loro pensieri con la nuova tecnologia ha formato silentemente una situazione di contrapposizione chiara tra cittadino e suoi rappresentanti.. nessuno ha ben chiaro questo processo ma la vecchia democrazia degli ultimi decenni del secolo scorso riusciva a ricucire il rapporto tra Istituzioni e base con un’interazione diretta ed informale che permetteva di porre le questioni e, il più delle volte, risolverle. La inflazione (e la svalutazione monetaria che spesso ne conseguiva) poi ridimensionava lo strapotere delle classi dominanti e dell’intero settore pubblico a favore di chi produceva fisicamente cose e servizi utili a tutti. Oggi tutto questo non esiste più: le leggi assomigliano a diktat senza se e senza ma da subire e basta. E i provvedimenti anti pandemia lo hanno sottolineato in modo inequivocabile. Le politiche economiche servono solo ai ricchi per esserlo di più. L’unica valvola di sfogo viene vista nella piazza. È una evidente involuzione istituzionale che nessuno sembra aver compreso né, tanto meno, nessuno ha idea di come incanalare e risolvere.

L’insistere con ulteriore tecnologia come il 5g o lo smart working o, ancora le vendite on line che sembrano essere una semplice e quasi automatica maniera di andare incontro alle esigenze di tutti, in realtà porta a proseguire in questo precorso spersonalizzante ed efficentista nel quale la persona umana non solo non viene neanche presa in considerazione ma viene utilizzata come mercato da spremere. Dietro una apparente crescente efficiente funzionalità dell’intero sistema pronto alla soddisfazione delle esigenze di ognuno e di tutti, in realtà è vero esattamente il contrario: sono le persone che vengono utilizzate dall’apparato con la scusa di offrire un servizio sempre più a buon prezzo e migliore. Servizio che non trova sufficienti sbocchi e quindi se ne richiede sempre maggiore economicità e quantità. Un suicidio di massa che trova nella tecnologia lo strumento e l’arma nella diffusa ed incontrastata ma falsa convinzione che essa sia benefica per definizione.

Ne vedremo delle belle.