Ritorno tra i banchi carico di incertezze. Serve il coraggio di investire in un nuovo patto educativo

I dati forniti dall’Oms sono chiari. La pandemia da Covid-19, con la chiusura delle scuole per quasi 1,6 miliardi di studenti in più di 190 Paesi, ha provocato la più grande interruzione dei sistemi educativi nella storia. E’ necessario un grande impegno collettivo per contrastare l’emergenza educativa, che non fa che aggravare le diseguaglianze già generate da povertà e disagio sociale. E questo vale sia in Italia, fanalino di coda in UE, per tassi di istruzione e di abbandono scolastico, che nel mondo, dove sono 250 milioni i bambini che non sanno né leggere né scrivere né contare.

A sottolineare la necessità di investire in un nuovo patto educativo, in occasione della Giornata mondiale dell’alfabetizzazione, che ricorre l’8 settembre, è SOS Villaggi dei Bambini.

“La chiusura delle scuole, sia pur necessaria, ha danneggiato tutti i bambini ma, come tutte le crisi, ha avuto ripercussioni maggiori sui bambini che appartengono a famiglie vulnerabili; parliamo di giovani vittime di violenza, di bambini che vivono in case-famiglia, di minorenni stranieri non accompagnati – sottolinea Samantha Tedesco, responsabile Advocacy e programmi di SOS Villaggi dei bambini – la scuola rappresenta non solo il luogo in cui apprendere, per molti bambini è la possibilità di un pasto sano e completo al giorno. E per molti bambini, purtroppo, è l’unico pasto completo dell’intera giornata. La scuola è la possibilità quindi di alimentare il corpo e la mente, è la possibilità per molti bambini non solo di mangiare, ma di essere “visti” da adulti competenti, di fare sport, di essere considerati bambini e ragazzi con bisogni propri. La scuola è un presidio di tutela in particolare per i bambini vulnerabili”.

Alcuni dati nazionali: durante il lockdown 1 bambino su 10 non è riuscito a seguire la didattica a distanza e ha quindi abbandonato in maniera silenziosa la scuola; 1 bambino su 5 non è riuscito a fare i compiti. Le segnalazioni ai centri antiviolenza sono aumentate rispetto allo stesso periodo 2019, segno che, durante questi mesi, sono aumentati i bambini che hanno subito violenza in diverse forme, anche violenza assistita, mentre gli interventi educativi domiciliari sono stati annullati perdendo la possibilità di monitorare le situazioni già critiche.

Il nesso tra povertà educativa e disagio socio-economico è evidente. Le famiglie più povere sono generalmente quelle con minore scolarizzazione e l’incidenza della povertà assoluta risulta doppia nei nuclei familiari dove la persona di riferimento non ha il diploma (elaborazione Openpolis/Con i bambini, su dati ISTAT 2019).

Per uscire da questa empasse, la parola d’ordine è: investire.