Caponnetto, un sorriso lungo cento anni. A Firenze le celebrazioni del Centenario della nascita del magistrato
«Ricordarlo significa combattere contro la mafia. La mafia oggi, in periodo Covid, è sempre più forte purtroppo. La mafia oggi agisce con il computer, la cravatta e la lupara. Sembra che dal punto di vista pratico si sia tornati indietro di 30 anni. Abbiamo molti boss mafiosi fuori. Si sta mettendo in discussione il 41bis e la cosiddetta normativa del doppio binario contro la mafia. Chi combatte contro la corruzione e la criminalità è visto con fastidio da buona parte della classe dirigente. Il tutto mentre il prestigio della magistratura è ai minimi termini e si assiste alla delegittimazione di chi tra loro combatte la mafia. Ricordare Caponnetto, quindi, significa ribellarsi a tutto ciò e resistere a tutto ciò in modo puntuale, continuo, senza fare sconti ma al contempo in modo istituzionale come nel suo stile. In modo martellante. Lo dobbiamo a lui».
Così Salvatore Calleri, presidente Fondazione Antonino Caponnetto, in occasione del Centenario della nascita di Antonino Caponnetto, “Nonno Nino”, come lo chiamiamo affettuosamente.

È stato emozionante e gratificante partecipare all’evento organizzato dalla Fondazione che porta il suo nome a Firenze, lo scorso 5 settembre, proprio nei giardini a lui dedicati al Lungarno del Tempio, e condividere tali emozioni con tantissime persone. Sono intervenuti, tra gli altri, Giuseppe Antoci, già presidente del Parco dei Nebrodi e presidente onorario della fondazione Caponnetto, e il Presidente Aggiunto della Corte di Cassazione Margherita Cassano.
Antonino Caponnetto nacque a Caltanissetta il 5 settembre 1920. Magistrato, ha guidato dal 1984 al 1990 il Pool antimafia istituito da Rocco Chinnici nel 1980. Accanto a sé chiamò Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Gioacchino Natoli, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta. La loro attività portò all’arresto di più di 400 criminali legati a Cosa Nostra, culminando nel maxiprocesso di Palermo, celebrato a partire dal 10 febbraio 1986. Una persona che non ha mai ceduto di un passo. Anche in pensione ha girato le scuole e le università dell’intero Paese per diffondere la cultura della legalità. Ricorda Salvatore Calleri che «quando un interlocutore gli chiedeva come chiamarlo, lui lo osservava con uno sguardo sornione e rispondeva: Mi chiami giudice, semplicemente giudice. Se l’interlocutore era un giovane, cambiava risposta: Chiamami semplicemente “Nonno Nino”».
«Il ricordo del Giudice Caponnetto ci impone responsabilità nel proseguire il suo lavoro sul fronte della lotta alla mafia al fine che possa diventare strumento quotidiano di esercizio del dovere di cittadinanza», ha dichiarato Antoci; mentre la dottoressa Cassano, che di Caponnetto oltre ad essere collega era amica, ha ricordato la sua generosità, il suo essere mite, semplice, sempre disponibile, ma determinato, forte e deciso: un esempio umano e istituzionale.
In occasione del centenario della nascita di Caponnetto sono stati consegnati i seguenti premi:
OMCOM “Giornalismo” a Claudio Gherardini per il suo impegno storico.
OMCOM “Sbirro” al Col. GDF Giuseppe Licari per il suo impegno investigativo.
OMCOM “Sbirro” al Mar. GDF Gaetano Geraci per il suo impegno investigativo.
Sì, davvero una bella giornata. Non un semplice ricordo, ma un momento per rinvigorire le forze, per accrescere la determinazione, per mantenere alto l’impegno nella lotta alla mafia, ma senza dimenticare quel sorriso.