Dalle bacche di goji cinesi alle olive egiziane: ecco la black list dei cibi più contaminati

Con un campione su cinque (20%) risultato irregolare per la presenza di residui chimici i peperoncini piccanti provenienti da Repubblica Dominicana e India sono il prodotto alimentare meno sicuro presente sulle tavole degli italiani ma a preoccupare per gli elevati livelli di contaminazione sono nell’ordine le bacche di Goji provenienti dalla Cina ed il riso dal Pakistan che salgono sul podio. E’ quanto emerge dalla “Black list dei cibi più contaminati” presentata da Coldiretti sulla base degli ultimi rapporti elaborati dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sui Residui dei Fitosanitari in Europa e dal Ministero della Salute sul “Controllo ufficiale sui residui dei prodotti fitosanitari degli alimenti”.

Nella classifica dei dieci prodotti più contaminati elaborata alla Coldiretti ci sono però anche i melograni dalla Turchia con un quasi un campione irregolare su dieci (9,1%), il tè dalla Cina, l’okra (o gombo) dalle sembianze di una piccola zucchina importata dall’India, il dragon fruit proveniente dall’Indonesia dall’aspetto particolarmente decorativo, i fagioli secchi provenienti dal Brasile ed i peperoni dolci e le olive da tavola provenientida ll’Egitto che godono peraltro di un regime agevolato a dazio zero da parte dell’Unione Europea.

Un aiuto ai consumatori viene dall’obbligo di indicare il Paese di origine in etichetta in vigore per la maggioranza degli alimenti in vendita, dalla frutta alla verdura fresca, dalla pasta al riso, dalle conserve di pomodoro ai prodotti lattiero caseari, dal miele alle uova, dalla carne bovina a quella di pollo fino ai salumi per i quali è stato da poco pubblicato il decreto. “E’ necessario però che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della sicurezza dei consumatori” ha concluso il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “che dietro gli alimenti, italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci deve essere la garanzia di un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore”.