Stabat mater. Romanzo di Tiziano Scarpa

Sono passati più di dieci anni dalla vittoria del Premio Strega ma il romanzo di Tiziano Scarpa, edito per Einaudi, rimane sempre un capolavoro. Da musicista e soprattutto da violinista ritengo che dopo aver letto queste pagine non si ascolterà o suonerà più Vivaldi come prima. Il celebre autore veneziano nacque a Venezia nel 1678 e morì a Vienna nel 1741, violinista e compositore ha segnato una svolta per la musica barocca. Egli  compose diverse opere sacre e teatrali e più di 450 concerti per tutti gli strumenti, in particolare ne scrisse 250 per violino solista (o due/tre/quattro violini) e orchestra. E’ considerato un esponente validissimo del periodo barocco poichè riuscì ad elevare lo stile e sviluppare la tecnica strumentale.

Il suo periodo più florido si deve agli anni tra il 1702 e il 1740 in cui fu ricoprì diversi incarichi musicali presso l’Ospedale della Pietà di Venezia, una istituzione di carità destinata all’istruzione musicale di ragazze orfane. Primo incarico fu quello di insegnante di violino e successivamente, per le putte dell’Ospedale, Antonio Vivaldi compose la maggior parte dei suoi concerti, delle cantate e delle musiche sacre. Egli  rimase sempre in contatto con questo Istituto nonostante i suoi numerosi viaggi in Italia e all’estero.

Il romanzo Stabat Mater narra la storia di un’orfana cresciuta nell’Ospedale della Pietà, negli anni in cui arriva come maestro Antonio Vivaldi. Cecilia è una bambina che è stata abbandonata alla nascita in un orfanotrofio e in dote le è stata lasciata una rosa dei venti divisa a metà, la seconda parte la conserva sua madre e servirà come segno di riconoscimento in caso di ripensamento o ricongiungimento.  

La lettura è sorprendente e affascinate, per i musicisti e per gli ascoltatori appassionati. La giovane Cecilia, (nome celebre che rimanda alla Santa patrona dei musicisti) riesce a trovare nella musica il conforto alla solitudine, alla profonda tristezza interiore e alle angosce dell’abbandono. La giovane soffre di insonnia e la notte si alza, cammina lungo i corridoi, si siede sulle scale e quando sente freddo si appoggia ad una parete da cui passano i tubi della caldaia e scrive. Scrive incessantemente lunghe lettere di profonda inquietudine, tutte destinate alla madre in cui alterna i racconti della giornata a presagi di morte.  

“La musica di don Antonio entra dentro i nostri occhi, impregna le nostre teste, ci fa muovere le braccia“.

Antonio Vivaldi

Cecilia rimarca la sua solitudine con orgoglio: non si mescola alle compagne, lei è la solitaria, l’invincibile, vive ai margini di quella comunità; pur vestendo la divisa grigia delle altre e passando inosservata, si sente diversa; ne condivide il tempo e gli spazi, ma senza animo. I giorni sono scanditi dalle regole rigide dell’orfanotrofio; la vita scorre monotona e il tempo lì dentro non le appartiene; neppure lei sente di appartenersi.
Talvolta nelle lettere manifesta rancore alla madre, pentendosi subito dopo,  recupera con accorate richieste d’amore:” Ogni parola che scrivo è soltanto un altro modo per dire il vostro nome, il nome che non conosco. Anche se scrivo cielo, terra, musica, dolore, io sto scrivendo sempre e soltanto mamma“.

Il titolo Stabat Mater è immediatamente riconducibile alla liturgia cattolica e alla musica: si tratta di una sequenza, ovvero di un inno liturgico in latino risalente al XIII secolo, generalmente attribuito a Jacopone da Todi. Numerosi sono i compositori che in tempi e modi diversi hanno scritto celebri Stabat Mater, tra i più famosi, si citano Scarlatti, Pergolesi, Rossini, Verdi, Donizetti, Salieri e Antonio Vivaldi.
La Mater del titolo rinvia quindi alla Madre di Dio, la quale riveste un ruolo importante nell’opera di Scarpa, ma anche alla madre della protagonista, è un personaggio che non compare mai fisicamente nella vicenda, eppure è presenza viva, costante se non ossessiva del racconto.
Il romanzo entra anche negli aspetti tecnici musicali e stilistici di Vivaldi. Egli introduce novità come le Sinfonie in tre movimenti, impone alle allieve di suonare il violoncello nella posizione attuale, ritenuta molto sconveniente, inventa la musica descrittiva delle Quattro Stagioni e tutto il Cimento dell’Armonia.

 “Sono stata attraversata dal tempo e dallo spazio, e da tutto quello che essi portano dentro. Alla fine ero stravolta, in un’ora io sono stata musicalmente grandine, musicalmente afa, musicalmente gelo, musicalmente tepore, musicalmente piedi intirizziti, musicalmente pioggia leggera…

 Si narra che il compositore Igor Stavinsky abbia affermato che “Vivaldi ha scritto 600 volte lo stesso concerto”, Tiziano Scarpa affida la risposta al prete rosso:
Sembra uguale. La linea melodica è la stessa, anche il ritmo, ma ho voluto vedere cosa succedeva se invece di affidare questa melodia al violino la facevo fare ad un oboe […] Non bisogna lasciare che le cose accadano soltanto dentro di noi. Dobbiamo aiutarle a venire al mondo meglio che possiamo, ripensarle, riscriverle, suonarle diversamente.
Le uniche cose che la musica è in grado di imitare sono le nostre idee. Dobbiamo avere l’umiltà di farci capire. Dobbiamo usare la nostra complicazione per tirarne ingegnosamente fuori la semplicità”.