Gli Stati Uniti in bilico
Una dichiarazione si dice ufficiale se emessa dall’Autorità formalmente deputata a farlo. Quindi se un Presidente degli Stati Uniti in carica dichiara che ci sono stati dei brogli quella è dichiarazione ufficiale e quindi particolarmente grave di cui si assume le responsabilità umane e politiche. È evidente che per garbo istituzionale e per dimostrare di non avere nulla da temere lo sfidante non può che accettare la sfida della riconta e delle verifiche. È altresì certo che tra centinaia di milioni di voti non è pensabile che non vi siano errori, ma la possibilità teorica che questi possano essere decine di migliaia avvalora la necessità di una verifica; la posta in gioco non è un Presidente o un altro, ma la credibilità del sistema democratico in uno stato che asserisce da molto tempo di costituire la più grande democrazia del mondo.
Invece si cerca di glissare sulle dichiarazioni del Presidente anche se ormai la rete si sta riempendo di segnalazioni molto allarmanti che confermano la esistenza di morti che sono andati a votare. Sarà vero? Chi può dirlo se non la terzietà e ufficialità delle Autorità preposte?
Ma chiunque vinca negli USA, il voto americano ha evidenziato la spaccatura insanabile tra isolazionisti e mondialisti un po’ come durante la prima e la seconda guerra mondiale quando gli americani erano per la grande maggioranza per l’astensione dalla guerra; saranno poi proprio gli stati del patto di acciaio a trarre fuori d’impaccio le amministrazioni facendo esse il primo passo con la apertura delle ostilità. Oggi per fortuna nessuno dichiarerà guerra agli Stati Uniti né vi sarà una Pearl Arbour e quindi i sovranisti rimarranno tali mentre anche i mondialisti insisteranno con le loro idee..come si fa? Chiunque vinca alle elezioni si realizzerà una forma di democrazia molto simile a quella delle polis greche nelle quali la maggioranza imponeva alla minoranza la propria volontà; certo fu chiamata democrazia perchè non contemplava la dittatura di un re e prevedeva la espressione della popolazione, ma sempre dittatura era!! Tant’è che oggi la si chiama stato di polizia richiamando proprio quella esperienza. Poi saranno i latini ad introdurre la democrazia rappresentativa che è quella che ci vantiamo di avere ancora oggi.
Come si salva la democrazia americana da questo dilemma? Dilemma che ci riguarda molto direttamente perché anche da noi sono accadute cose che hanno minato profondamente la fiducia della gente verso il voto e quindi verso il sistema democratico in se. Sfiducia alimentata dal comportamento della informazione (senza parlare di alcuni magistrati) che si è screditata da sola propendendo per una parte anziché essere equidistante. Sfiducia verso il rito elettorale che si è evidenziata in modo plateale all’indomani delle recenti elezioni regionali con sommosse in tutta Italia in netta antitesi alle persone e alle politiche sostenute proprio dai neoeletti. Il voto serve a qualcosa? Rappresenta l’elettorato? O è manovrato da brogli e manipolazione del consenso? Solo la piazza ci rappresenterà nel futuro? Sono dubbi che portano direttamente al caos.
Siamo ad un bivio in tutti i campi: da quello istituzionale a quello economico a quello politico a quello ideale a quello geopolitico. Bivio ed incertezze che senza una idea si trasforma semplicemente in contrapposizione tra parti dello stesso stato e tra stati.
Cioè l’anticamera di quella che una volta si chiamava, ed era, la guerra.