Giacinto Sallustio: l’attività di compositore e didatta

L’articolo pubblicato il 18 novembre u.s. dal titolo “Il musicista molfettese Giacinto Sallustio: dalla gloria all’oblio” per questo periodico ha suscitato un notevole interesse sia tra i musicisti che tra i lettori facendo nascere curiosità sul compositore. Dalle informazioni raccolte attraverso qualche parente di grado successivo si è appreso che il maestro, deceduto nel 1938, sposato forse ad una cantante, non sembra abbia avuto figli per cui non ci sono discendenti diretti. Risulta così più complicata la ricerca di notizie e materiale, a cui si aggiunge purtroppo la chiusura delle Biblioteche e dei musei causa pandemia. I contatti intrapresi non hanno permesso di recepire informazioni riguardanti le origini delle composizioni o copie delle stesse per cui al momento le fonti attingono dagli Archivi Ricordi e ai motori di ricerca delle Biblioteche in rete.

Le prime composizioni

Angelo Sallustio

Come citato in Operisti di Puglia dall’ottocento ai giorni nostri a cura di Lorenzo Mattei, le prime composizioni di Giacinto Sallustio sono opere corali tra cui l‘Inno a Gesù Redentore ed al suo augusto vicario Leone XIII su testo di Maria Rosa Lisson (a cui si aggiunge che, da ricerche attuali, l’Inno viene citato nei fascicoli della Civiltà Cattolica nel 1901 e quindi attribuibile a quegli anni); Sorgi o Roma, Inno alla patria su testo di Adalgiso Raffo (sostenitore del socialismo e del movimento operaio), e il mottetto O quam suavis est. Come detto nel precedente articolo Giacinto Sallustio affianca a queste prime composizioni la carriera di pianista e soprattutto didatta, ampliando notevolmente il numero dei suoi allievi e intessendo importanti relazioni interpersonali che probabilmente lo porteranno poi nelle alte vette del potere. Con molta probabilità tali conoscenze fecero sì che anche il fratello più giovane, il celebre violinista Angelo Sallustio, entrasse in contatto con importanti personalità. Infatti in un reperto d’archivio familiare vi è un riferimento ad un mecenate americano che sosteneva Angelo negli studi a Roma, tragicamente interrotti a causa della sua morte improvvisa a 16 anni, avvenuta nel 1905 a Molfetta. In un breve trafiletto conservato da un parente si narra che “a Molfetta trovava il fiero morbo che l’ha condotto alla tomba“. Al suo funerale, celebrato in Cattedrale giunsero eminenti musicisti per rendere omaggio alla sua figura e al fratello Giacinto. Si legge che la messa fu seguita da molti fedeli e accompagnata da cantanti giunti da Roma e da una grande orchestra diretta dal M°Peruzzi, non specificando se Francesco o Giuseppe.

Il Sallustio lirico

Sempre di ispirazione religiosa è l’Oratorio Gesù nell’orto del Getsemani composto nel 1899 di cui però non si ha traccia nè di una rappresentazione nè di conservazione dell’opera. Nel 1907 Sallustio compone la sua prima opera lirica L’ultima rosa su libretto di Ugo Fleres, letterato, pittore e uomo delle arti e dei cenacoli romani e si dedica intorno agli anni ’20 all’operetta Il Pipistrello su libretto di Giuseppe Procacci (chissà se con la stessa trama di quello celeberrimo di J.Strauss). Al genere sacro Sallustio ritorna intorno al 1930 in cui scrive una Messa da Requiem per sole voci di cui non si conservano riferimenti a dedicatari o a pubblicazioni  e negli ultimi anni compone l’Oratorio Il Redentore in Galilea e il poema sinfonico Trasfigurazione. Il manoscritto del Trittico Sinfonico Trasfigurazione- Stati d’animo è conservato nell’Archivio Storico di Casa Ricordi e porta la datazione 27 luglio 1936. La composizione fu eseguita nel febbraio 1937 sotto la direzione di Ferruccio Calusio ottenendo un discreto successo. Nell’anno successivo, il direttore d’orchestra Molinari riprese l’opera e la portò in scena all’Adriano per il concerto inaugurale di stagione, occasione commovente e commemorativa poiché Sallustio era deceduto pochi giorni prima.

Come si evince dai pochissimi scritti che parlano di Sallustio, il carattere timido, buono e molto riservato, forse anche un senso di autocritica molto forte lo avranno frenato sia nella composizione di altre opere che nella loro diffusione ed esecuzione in pubblico. Eppure non gli mancavano le amicizie importanti e i legami utili per il suo lavoro ma evidentemente era restio ad imporsi; la sua figura si staglia “accanto” ad altri, maestro di Scelsi e Rossellini, grande amico di Respighi e di tanti interpreti, stimato dai direttori Tebaldini e Molinari ed altri di cui non siamo ancora a conoscenza.

Le relazioni politiche

Come enunciato più volte Giacinto Sallustio era ben introdotto negli ambienti romani, apparteneva a quella intellighenzia musicale e culturale in cui fervevano anche le idee politiche di rinnovamento e cambiamento. Prova ne sono gli autori dei suoi libretti, tutti artisti pensatori attivi nella politica delle idee.

Nei primi anni ’30 Sallustio compone l’Inno a Benito Mussolini per canto e pianoforte, su versi del librettista Emidio Mucci. L’Inno fu pubblicato da Ricordi nel 1935 ed eseguito al Teatro Augusteo di Roma l’8 maggio 1936 sotto la direzione di Bernardino Molinari, suo grande amico. Di questa opera vi è una copia manoscritta con frontespizio a stampa conservata nella Biblioteca Centrale di Firenze e nella Biblioteca Comunale “G.Panunzio” di Molfetta. Quella di Molfetta riporta delle annotazioni successive che incuriosiscono molto.

L’Inno incontra il favore del Duce e anche del mondo politico tanto da essere eseguito spesso, in diverse forme di trascrizione, corali, orchestrali, a piccolo organico e ovviamente bandistiche per essere eseguite durante le parate e le viste del Duce nelle varie città e occasioni. In alcuni articoli dell’epoca vi sono citazioni al riguardo.

Il Sallustio trascittore e intimista

La musica dei primi Novecento è molto controversa. Si assiste al filone futurista e avanguardista (tra cui i compositori Luigi Russolo e Alfredo Casella), in contrasto la “generazione degli ’80” (Respighi, Malipiero, Pizzetti, per citarne alcuni) che in contrapposizione al melodramma ottocentesco ormai saturo innescarono un movimento di esplorazione musicologica del passato nazionale. Si vive quindi un periodo di renaissance e riscoperta della musica rinascimentale e barocca e in questa corrente si inseriscono anche diversi lavori del Sallustio tra cui la trascrizione e strumentazione del madrigale Inganni dell’umanità (1912) di Antonio Lotti, compositore veneziano del sei-settecento. La prima esecuzione di questa nuovo lavoro per coro e orchestra diretta da Giovanni Tebaldini ebbe un notevole successo e rientrava nei Concerti storici di S.Cecilia; a tal riguardo vi sono diversi articoli pubblicati su “Il Giornale d’Italia” e altri periodici dell’epoca. Purtroppo di questi lavori non vi è traccia negli archivi consultati.

Dal 1931 in poi Sallustio si dedica a composizioni di romanze per pianoforte o voce e pianoforte. Tra queste risultano pubblicate La solitude (1931) su testo di Franz Toussaint, Spleen (1933) sul celebre testo di Paul Verlaine, Il divino infante (1931) su testo di Jacopone da Todi e Fiorella su testo dello stesso Sallustio. I manoscritti delle romaze sono conservati presso l’Archivio di Casa Ricordi mentre de Il divino infante vi è una copia conservata nella Biblioteca del Conservatorio “N.Piccinni” di Bari. Probabilmente le opere furono composte per serate salottiere o su richiesta di qualche cantante a lui vicino e meriterebbero un’analisi musicale attenta.

Vista la figura sconosciuta e dimenticata, nessuna esecuzione moderna è stata mai affrontata ai giorni nostri fatto salvo per la romanza Il divino infante. Essa infatti è stata eseguita durante un Concerto presso il Teatro Traetta di Bitonto il 26 agosto 2018 in una serata dal titolo Salotto Musicale Pugliese del Traetta Opera Festival. Il divino infante fu eseguita dal soprano Rika Yanagisawa e Vito Clemente al pianoforte. Da questa occasione è nato il Cd CHORAI edito da Digressione music di Molfetta in cui la romanza del Sallustio è stata inserita accanto ad altri autori come Rota, Fiume, Abbate e contemporanei.

L’ultimo lavoro del Sallustio è Il canto della sposa rapita per violoncello e piccola orchestra. Esso fu eseguito un mese dopo la sua morte negli studi dell’EIAR con il violoncellista Benedetto Mazzacurati e la direzione di Riccardo Zandonai.

Nel prossimo articolo prenderemo in esame il legame del compositore con Molfetta e la sua attività giornalistica. Giacinto Sallustio si sta rivelando una figura ricca di interesse e merita un’attenzione musicale mirata.