Nuovo accordo tra banche, imprese e consumatori

Il passato 18 dicembre l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) ha comunicato le nuove moratorie di mutui e finanziamenti per imprese e famiglie. L’intendimento pare essere quello di far fare alle banche la loro parte nella attuale contingenza pandemica. Si dispone che per altri tre mesi fino alla fine di marzo si può chiedere una moratoria per la sorte capitale o per l’intera rata; sospensione che in ogni caso non deve andare oltre i nove mesi di proroga totale. Non si sa se a tali richieste di moratoria seguirà una accettazione.
La risibilità di queste misure fa sorgere una ridda di domande: ma le Associazioni delle imprese e dei consumatori sapevano e hanno accettato una cosa del genere? È mai possibile dire che per tre mesi puoi fare una domanda mentre dopo no? E se la banca dice no che succede? E comunque la moratoria deve durare nove mesi come se fra meno di un anno la liquidità (che non esisteva prima del covid) torni abbondante come non mai? In ogni caso: cosa si vuole ottenere con questo “accordo”?
Le questioni sul tappeto sono di tre ordini: v’è la questione della sostenibilità delle banche che già sono sommerse di crediti inesigibili e quindi stanno sul punto di chiedere ulteriori danari al mercato che nessuno gli vuole dare. Detta in soldoni le Banche hanno bisogno di soldi, molti soldi e non in prestito. Poi v’è la questione delle imprese e famiglie che, costrette a non lavorare (per legge) devono necessariamente attendere molto tempo per poter ricominciare la vita normale: servono nuovi investimenti per riavviare le attività e tempo per il loro rientro; serve coprire le spese ordinarie, infine v’è la questione dell’intero sistema che impone che vi sia nell’economia la liquidità necessaria a riavviare la domanda complessiva e lo stesso umore ottimistico dell’imprenditore. Cioè per tutte queste esigenze servono soldi. La BCE lo sa e fa la sua parte; in maniera molto perfettibile, ma la fa. Lo stato pagando stipendi ai dipendenti pubblici -che dovrebbe ridurre per equità con gli autonomi costretti all’inazione e per la sostenibilità del bilancio pubblico- la fa anch’esso, molto male, ma la fa. Ma le banche non hanno capito che devono immettere liquidità -cioè devono prestare soldi che sarebbe il loro mestiere- per evitare che la gran parte dei loro crediti divengano carta straccia. E invece procedono letteralmente a tentoni. Probabilmente hanno paura e poca fiducia nella futura ripresa! Ma se loro non sono ottimiste La ripresa non vi sarà mai.
Per la prima questione le banche devono concedere la sospensione della corresponsione della sorte capitale per non meno di tre anni e deve essere automatica per tutte le imprese e famiglie. In questa maniera gli incagli si azzerano -o quasi- e le banche percepiscono gli interessi che non percepirebbero se fanno fallire il debitore; interessi che gli servono per pagare gli stipendi ai propri dipendenti. Per la seconda, cioè per nuovo credito ad imprese e famiglie, vi sono già dei provvedimenti pubblici anche fiscali che vanno perfezionati e rilanciati. Entrambe queste misure producono un effetto generale molto positivo perché non riducono la liquidità in circolazione senza che nessuno la immetta ma semplicemente spostando il termine del rientro in avanti nel tempo. Quindi sono anche misure di sistema che rispondono alla terza e maggiore questione che appunto riguarda tutti cioè la ripresa in se; le grandi imprese e lo stato emettono obbligazioni e la BCE le acquista anche se sa che non saranno mai onorate. Ma le piccole imprese e le famiglie che devono pagare i debiti? Chi rappresenta costoro? E come pensano che possa esistere una economia senza le PMI? Chi pagherà le tasse e chi acquisterà i beni e servizi delle grandi imprese? È possibile che nessuno abbia neanche lontanamente un minimo di conoscenza di questo mondo? Neanche le associazioni delle piccole imprese e dei consumatori?
Non è questo il luogo per rappresentare il dettaglio di quello che serve ma questo è il momento per metterci mano. Il covid è un disastro immane anche perchè non solo ha trovato le nostre Istituzioni impreparate ma anche perché è avvenuto in un momento avverso per la nostra economia; ma può essere l’occasione per varare un piano finanziario e creditizio per le imprese minori (e quindi per il sud) che accompagni la nostra economia fuori dalle secche come fu per l’IRI istituita nel ’33 per fronteggiare la crisi del ’29 e poi fu colonna portante del miracolo economico postbellico.  
E questa cosa dovrà essere fatta con le banche, le Pmi e i consumatori ma va fatta dallo Stato animato da persone illuminate non certo dai burocrati.

Canio Trione – responsabile Ufficio Studi Confimi Industria Puglia