Rebus politico tra fantasiliardi e vecchi vizi
Era prevedibile e previsto che i miliardi europei avrebbero scatenato l’italico assalto alla diligenza, e così è. Non serve entrare nel merito degli innumerevoli fantasiosi progetti ideati dai nostri politici tutti ben vestiti di retorica ambientalista o sociale ma sostanzialmente tutti intesi ad allargare il perimetro della sfera pubblica già di molto più grande di ogni compatibilità con il comune concetto di democrazia. Tutti i commensali potranno dire ai propri amici di aver avuto, per loro, un pezzettino del bottino. Però nessun politico si preoccupa di chi pagherà alla fine tanta munificenza che, c’è da scommettere, andrà a carico di chi non ha Santi in paradiso: piccole imprese e consumatori… cioè i soliti.
Il partito di Renzi dice che senza accordo su questa questione i suoi ministri si dimetteranno. Sembra una ovvietà asserire che se all’interno de governo non v’è accordo ci si dimetta! e non solo loro -diciamo noi- ma tutti! Ma detta da lui ed in questo momento questa frase può significare altro e suona come sfida o ricatto. Peraltro così ci viene presentato dai media. Ma un governo sfidato che fa? Tratta o si dimette? Un governo ed un premier ispirato alla lealtà nel bene del paese prima di ogni altra cosa e con assoluta immediatezza invita il partito che lancia la sfida ad uscire dal governo e poi tratta. Se non lo dovesse fare, il Capo dello Stato dovrebbe intervenire perché non è concepibile che il governo sia ricattato da una forza politica (peraltro numericamente minore) il cui leader diviene così il vero capo del governo a dispetto delle pattuizioni concordate in sede di varo del governo stesso con il capo dello Stato. È una questione di metodo ma essenziale. Se un governo è ricattato deve ristabilire il proprio primato e accettare la sfida. La gente deve sapere che il governo non è ricattabile e lo devono sapere anche i capi delle potenze straniere. Se il nostro premier avesse fatto così, già in questo momento, leggeremmo delle imbarazzate ritrattazioni di chi si è lanciato in tali sfide.
Ma non andrà così; iniziano trattative sotterranee su argomenti indicibili, proseguendo nell’indebolimento permanente dell’esecutivo. Come è sempre stato. Nel contempo dal primo gennaio c’è gente che sarà espulsa dal mondo delle banche per la stretta creditizia europea senza che nessun politico alzi un dito a suo favore; oppure c’è gente che chiuderà il proprio negozio o pizzeria sapendo che se negli anni passati avesse pagato tasse o inps più equi -e quindi commisurati ai servizi ricevuti- adesso non avrebbe dovuto chiudere; oppure ancora, esistono persone che in mancanza di un posto letto in ospedale hanno perso un proprio caro. E potremmo continuare a lungo con strade inagibili, ponti che cadono e aziende italiane preda del capitale internazionale o fuggite all’estero.
E se veramente il governo accettasse la sfida e cadesse? Quale l’alternativa che avrebbe il Presidente? Confermare un esecutivo con maggioranze risicatissime o le elezioni? Meglio quella che probabilmente è già pronta e che si chiama Draghi; nome che sostituisce efficacemente quello di “Troika” e vuoi vedere che anche con questo nome c’entra Renzi? Magari con una maggioranza più ampia? Alternativa che prima di tutto costituirà un premio proprio per chi sarebbe dovuto stare fuori. Sempre per “cambiare tutto al fine di non cambiare nulla”.