Camminare, porsi domande e sudare

I colori che ci propinano in tempo di pandemia (rosso, arancione, giallo) oscurano quelli di cui dovremmo godere camminando nella natura, tra i paesaggi e tra la gente che li abita. La deprivazione di benessere che subiamo, in questo lungo tempo di contagi e di morti da Coronavirus, lascerà segni importanti in ciascuno di noi. E quando potremo tornare a camminare per pseudosteppevalloni, calanchi, falesie non sappiamo se sarà come prima. Forse non lo sarà, forse gli attacchi ai pochi scampoli di naturalità si moltiplicheranno tra Recovery Fund ed altri strumenti finanziari. Però, un libro, quello può servire a lenire le ferite. Zaino e scarponi di Corrado Palumbo ed edito dalla Progedit, fa al caso e ti lascia l’animo meno scuro.

Corrado è un vecchio camminatore, escursionista, trekker si direbbe à la page. Ha girato le montagne italiane, e non solo, in 40 anni di piacere ed ha deciso di raccontare quel che vede ed ha visto. Nel suo libro precedente, “Facce da Murgia”, sempre edito da Progedit, si è soffermato su quella sorta di enclave antropologica, geologica e naturalistica che è l’Alta Murgia a poche decine di chilometri dal capoluogo di regione. In “Zaino e scarponi”, invece, vi è una miscellanea di esperienze e di ricordi, di situazioni e di riflessioni. Camminare superando dislivelli enormi, con zaino pieno di roba e scarponi da montagna, perché? Sentirsi appagati dopo aver concluso un’escursione di otto ore ed abbandonarsi sulle tavole di un bivacco oppure, se va bene, di un rifugio, perché? Ognuno ha le sue risposte ma, probabilmente, tutte tendono a dichiarare che così si può essere capaci di vedere le cose della vita in un modo più idoneo. Ricorderò sempre quando, sulle Dolomiti altoatesine, molti anni fa rimasi letteralmente piantato all’inizio di una piccola parete praticamente verticale ed attrezzata per un percorso in ferrata. Ebbi la chiara dimostrazione che quel che finora avevo fatto in decenni di escursionismo non valeva a nulla. Perché sia accaduto ancora non lo so, visto che avevo superato situazioni simili. Ma un braccio mi si tese dall’alto, quello di un altro escursionista che nel frattempo mi aveva superato e che mi aiutò a superare me stesso ed il timor panico.

Ecco, Corrado Palumbo si addentra in domande che solo camminando sovvengono ed in risposte che ci si dà, se ce le si dà, solo di volta in volta. Corrado se le è date sulla neve, ad esempio, in una delle innumerevoli escursioni sul massiccio del Pollino. E poi si è fatto altre domande sul Monte Raparo, sopra Spinoso in provincia di Potenza, sempre sulla neve. Solo che in questo caso riguardavano la presenza di qualcun altro oltre i compagni di escursione. Chi era davanti a loro, silenzioso e con orme nitide ed allineate sulla neve? La risposta è balenata con un misto di emozione e di timore: lui, il lupo, il principe. Chissà, ci si sarebbe potuti trovare faccia a faccia? Risposte non ce n’è sul Monte Raparo perché l’incontro non è avvenuto e a decidere è stato sicuramente lui. Camminare, pensare, domandarsi, rispondersi. Respirare senza mascherina (si può, non si infrange alcuna regola di prevenzione) con zaino e scarponi.

(www.fabiomodesti.it)