Poste italiane nel mirino della Cina
Con accenti trionfalistici, Matteo Del Fante, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Poste Italiane, annuncia la “prima acquisizione estera” da parte delle Poste Italiane.
Questo si legge oggi, 21 gennaio 2021, su “Corrirecomunicazioni.it”, su “Money.it” e su altri giornali online che celebrano le performances del titolo. Commenta Del Fante: “Poste sbarca in Cina, obiettivo e-commerce!”.
E ancora: “Questa operazione rafforza la strategia del Gruppo improntata al miglioramento della customer experience ed ha l’obiettivo di sviluppare e fidelizzare il flusso di spedizioni e-commerce. Si tratta di un traguardo storico nel processo di apertura di Poste Italiane ai mercati internazionali, grazie all’ingresso di una società estera nel Gruppo. Con questo accordo diversifichiamo ulteriormente, anche a livello geografico, i nostri ricavi e proseguiamo nella nostra strategia di crescita tramite alleanze nelle aree di business più promettenti.”
Frasi bellissime. Ma sulle frasi bellissime (che distraggono) e sulle correlate immagini di successo (che affascinano) abbiamo imparato a prestare grande attenzione. E, infatti, la verità è annegata nell’inciso: “grazie all’ingresso di una società estera nel Gruppo”.
Di cosa, in effetti, si tratta?
Leggiamo tutto l’articolo e ci accorgiamo che è stato stipulato un accordo quadro vincolante (non si torna indietro) con Cloud Seven Holding, società cinese con sede a Hong Kong, per l’acquisizione del 51% del capitale della sua Sengi Express.
Che fa la Sengi Express? Offre soluzioni logistiche cross-border per chi vende i propri prodotti tramite le piattaforme cinesi di commercio elettronico. Tolta la nebbia delle parole roboanti, la Sengi è una società di consegne a domicilio. In parole ancora più chiare, è una società di autisti e furgoni.
Nulla c’entra l’e-commerce in quanto tale.
Gli italiani sono acquirenti di prodotti da piattaforme e-commerce cinesi per un fatturato totale di circa € 80 mln. È banale quindi concludere che a Sengi Express, per consegnare pacchi e pacchetti in Italia, non disponendo di strutture nel paese, conviene utilizzare “servizi locali” come quelli forniti da Poste Italiane.
Ma era davvero necessario che Poste Italiane acquisisse il 51% della Sengi?
Forse perché Sengi ha anche un mercato in Cina, dove sarà non facile per Poste gestire quel 51%? Basta questo per considerarla tanto strategica da diventare la prima avventura delle Poste Italiane all’estero?
Ma l’acquisizione del 51% non è sufficiente: Poste Italiane compra il 51% di una società cinese di autisti e furgoni; e in cambio cede proprie quote.
A prima vista non appare uno scambio alla pari.
Gran parte del risparmio nazionale è collocato presso le Poste Italiane. Basti pensare che la raccolta del risparmio nazionale effettuata dalle Poste nel mese di novembre 2020 è di ben 2.360 milioni di euro.
Il risparmio depositato in Poste Italiane viene gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti; la CDP è coinvolta negli interventi più critici e delicati del nostro Paese.
Non ci vuol molto a rendersi conto che questo accordo “vincolante” non è altro che un pericolosissimo grimaldello in mano alla Cina.
E poiché Poste Italiane non muove foglia senza che il governo non voglia, la domanda è lecita: ma quale è il disegno del nostro governo?
Non c’è dubbio che, per Poste Italiane, l’operazione sia parte dello sviluppo del business e quindi del proprio fatturato: ma non bastava sottoscrivere un forte accordo commerciale corredato dall’acquisto di quote della Sengi Express senza concedere quote dello scrigno gestito da Poste Italiane?
Nelly Han, Amministratore Unico di Cloud Seven, dice: “Siamo molto felici di entrare a far parte di un importante Gruppo, quotato in Borsa, e siamo sicuri che faremo fronte con successo a questa stimolante sfida”.
La felicità di Nelly Han è più che comprensibile.
Antonio Vox – Presidente “Alleanza Liberale”