Lo scippo. Dopo la libertà e la dignità; ora tocca alla identità
L’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, come di consueto, hanno parlato le alte cariche dello Stato. Dal Presidente del Consiglio, impegnato, da un lato, nel costruire un credibile Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR -; dall’altro, nel mettere un po’ di ordine nel caos che regna sovrano in Italia (sarcasticamente, il caos è l’unico briciolo di sovranità rimasto nel Paese), ci si attendeva una sommaria descrizione delle sue intenzioni programmatiche.
E infatti: efficacia, efficienza e tempestività per un ritorno alla normalità in tempi brevi; un consistente piano di vaccinazioni, la tutela della salute, il sostegno a chi è in difficoltà, l’impulso alla ripresa economica, l’accelerazione sulle riforme.
Questi i temi dominanti della conferenza di Draghi che si è ripromesso di restituire ai cittadini la fiducia nel futuro con, tuttavia, la solita tiritera di uno Stato che farà la sua parte e di una abusata e noiosa esortazione ad essere tutti uniti.
Due argomenti, quest’ultimi, che il Presidente del Consiglio dovrebbe rivolgere alla attenzione non del popolo ma di tutti quelli che (sedicenti politici del tutto privi di competenza oltre che di Etica e Morale, gruppi mediatici partigiani, intellighentia servile e interessata, magistratura corrotta, burocrazia prepotente e avida, vip famosi assisi alla cattedra come “maestri di vita”, talk show, …, una pletora di tronfi Masaniello sulla carrozza del Re) costituiscono una sorta di “crosta autoreferenziale” che soffoca ogni respiro del Paese.
In verità, non c’è il minimo dubbio che il popolo si aspetti che lo Stato e la classe dirigente del Paese facciano la propria parte, come è ben doveroso che sia, semplicemente perché quelli sono pagati per questo.
Come non c’è alcun dubbio che lo stesso popolo, raccolto in comunità civile e identitaria, aspetti nient’altro che soluzioni di efficacia ed efficienza, oltre che onestà intellettuale.
Cos’altro dovrebbe aspettarsi il popolo?
Poi, quando si tratta di “essere uniti”, non c’è dubbio che il popolo sarebbe unito se non fosse fomentato con continui “lavaggi di cervello e messaggi subliminali”, che si sostanziano nel “io sono bello e buono; quello è brutto e cattivo”, il cui effetto è solo il coltivare odio e un permanente conflitto sociale.
Sa tanto di “divide et impera”.
Basta soffermarsi un attimo per acquisire la consapevolezza che lo stallo degenerativo dell’Italia affonda le radici nelle vanitose ambizioni di tanti “scalatori politico/sociali”, il cui humus è proprio la procurata dicotomia conflittuale del Paese. Di fronte a questo entusiasmante scenario, si rimane attoniti ascoltando la frase di Draghi: “questo non è il momento di dividerci o di riaffermare le nostre identità”.
“Dividerci”? Ma non ne abbiamo alcuna intenzione! Il popolo vuole soluzioni e certezze; lo abbiamo sostenuto poc’anzi. Non dovremmo “riaffermare le nostre identità”? Che vuol dire? Ma un popolo non è forse Popolo proprio perché ha una identità che lo unisce?
Forse Draghi voleva dire “i nostri individualismi” piuttosto che “le nostre identità”, perché avrebbe dovuto rivolgersi alla citata “crosta autoreferenziale”.
Tuttavia, è difficile credere che egli non conosca la differenza fra individualismo e identità. Allora, quale è il suo mandato?
L’identità è la Persona con la sua storia, il suo presente, il suo futuro; mentre l’individualismo declina un obiettivo colpevolmente soggettivo.
Annichilire l’identità significa uccidere la Persona. Così come annichilire l’identità di un popolo significherebbe uccidere un popolo.
Quasi un genocidio; non fisico, ma spirituale.
Una cosa, però, è certa: il sostantivo “identità” è stato usato, in conferenza, in senso del tutto negativo, perché indicato come fattore di fallimento, da rimuovere. Appare, questo, un ulteriore tentativo, al solito “subliminale” perché possa colpire tutti senza essere avvertito consapevolmente, di trasformare una parola “costruttiva ed esaltante” in un grave peccato esistenziale.
Tante sono le parole che hanno subito questa sorte e che non possiamo più usare nel corretto senso letterario perché l’abuso, in senso negativo, le fa apparire addirittura offensive.
Purtroppo “a pensar male si fa peccato, ma… “.
L’identità non è altro che consapevolezza di sé e non significa certamente “nazionalismo” o roba simile.
Ebbene, visto che il senso comune dell’identità si sta risvegliando in questo nostro Paese, esso potrebbe dare molto fastidio alla “crosta autoreferenziale” sopracitata costituendo un oggettivo pericolo per progetti inconfessabili: allora è meglio togliere al lemma il senso positivo ed esaltante capovolgendone il significato e rendendolo negativo e diffamatorio.
Lo si fa con ben sperimentate e sofisticate tecniche subliminali di comunicazione. Così tutti temono di usare il lemma e, semplicemente eliminandolo, si elimina anche l’idea e il suo slogan rappresentativo. Il pericolo cessa!
C’è la forte sensazione che, dopo lo scippo della Libertà e della Dignità, si stia attuando anche lo scippo della Identità: tutti uguali senza il timbro identitario; tutte pecore amorfe unite in gregge, da tosare quando necessario; tutti allineati obbedienti inquadrati; tutti assimilabili ad un anonimo uniforme like; tutti scelti con uno statistico anonimo uniforme click; con il motto “uno uguale uno” che giustifica come chiunque, indifferentemente, può andare al governo del Paese, distruggendolo.
Attoniti, ricordiamo ora il famoso grido lanciato dagli Italiani nella risolutiva Battaglia del Piave (22 dicembre 1917 – Prima guerra mondiale) a difesa della identità del Paese e abusivamente strumentalizzata alla inaugurazione di un anno giudiziario.
Resistere, Resistere, Resistere.
Antonio Vox – Presidente “Sistema Paese” – Economia Reale & Società Civile