Un popolo allo sbando

La pandemia, che è poi l’argomento principe da un anno a questa parte e che assorbe la morbosa attenzione di tutti, a cominciare dai media a finire ai social e ai talk show, ha scoperto un popolo allo sbando e in cerca della propria identità.

Un martellante slogan, quello del siamo tutti “uguali”, quello del “uno uguale uno”, declinato in tutte le salse e comunicato in maniera perfidamente professionale, ci sta traghettando verso una società di pecore.

Su questo argomento, dalla italica “intellighentia” e dagli opinionisti, nemmeno una parola, a dimostrazione da un lato, di complicità, dall’altro, di un progressivo livellamento, verso il basso, della cultura.

Come c’è un grave e conseguente livellamento, verso il basso, delle competenze. “Ma non temete, il popolo italiano ce la farà: lo ha dimostrato nei momenti critici della sua storia”: così dicono.

Questa volta, tuttavia, è diverso. Perché? Perché l’Italia è incastrata in un reticolo di “amicizie” fasulle e opportunistiche, di relazioni calcolate, di “buonismo” interessato, di individualismi esasperati, di cinismo delittuoso, di gruppi di potere, di scalatori sociali: una “Crosta”, inattaccabile, immondo intreccio di compiacenze e compromessi, che innesta discutibili “modus vivendi” e che, di riffa o di raffa, è sul ruolino paga della Fiscalità Generale che è intenta a succhiare il sangue della Economia Reale.

Il popolo italico sa vincere solo quando è libero, quando è una comunità di persone e non un gregge, quando ha non la libertà di pensare ma possiede il pensiero libero: questo insegna la storia.

Oggi, l’indignazione di un popolo, e con essa la sua energia vitale, si spegne in denunce e sarcasmi via social, in piazzate senza costrutto né avvenire, in lamentosi grida di allarme senza avere nemmeno l’idea di come procedere.

È un monotono refrain. La gente è subissata da inutili e devianti informazioni, sparse a guisa di mangime alle galline, senza poter accedere a quelle veramente significative. Ma rimaniamo sul tema dominante: la pandemia.

Facciamo un esempio.

Oramai, da più parte, si fa sarcasmo sull’ultimo decreto che vieta, incomprensibilmente, spostamenti interni ma consente viaggi turistici all’estero. Ma, dopo la denuncia di questa evidente incongruenza, cosa succede? Nulla.

Si dovrebbe invece fare il passo successivo: chiedere, a gran forza e con interpellanze parlamentari, il perché di una tale decisione; chi l’ha partorita; e, nel caso di illogicità, espellere il burocrate perché inadatto. Costui, forse, è motivato a sostenere il settore turistico dei paesi di destinazione a scapito, però, di quello italiano. Questa banale passo non si riesce a fare!

Altro esempio. Sappiamo che la GdF ha sequestrato oltre 60.000 mascherine, di produzione cinese, acquistate a peso d’oro dall’ineffabile commissario Arcuri. Tutte con capacità di filtraggio al 10% invece che al 90%, come atteso e normale.

Come mai nessuno, né il commissario, né il suo ufficio, né il Ministro competente, né il suo staff, né il governo abbia pensato a “collaudare” il prodotto acquistato, come d’altronde si fa di solito perché previsto per legge? Non è forse plausibile che le tante morti fra i medici siano state causate perché si è mandato italiani al fronte senza armi e difese?

La narrazione mediatica esalta questi italiani come eroi. Solo perché morti. Sono invece stati sacrificati (loro, gente semplice e volenterosa, rispettosa eticamente del giuramento d’Ippocrate) alla crassa incompetenza, alla superficialità, presumibilmente ad inconfessabili interessi.

Per Arcuri e il suo staff, e per chi avrebbe dovuto tenere sotto controllo le procedure ed i processi, ci vorrebbe la immediata corte marziale, senza peraltro scomodare il giustizialismo. Se c’è guerra, che guerra sia.

Altro esempio. Ma il lock down generalizzato paga?

A consuntivo potremmo dire di no; tanto è vero che le statistiche dicono che i paesi che hanno adottato le misure più restrittive e generalizzate, tra lockdown e mascherine all’aperto (come ad esempio in Italia, Argentina, UK e Francia), sono quelli dove si riscontra la maggiore mortalità per il Covid in rapporto alla popolazione.

Ma come può un lockdown generalizzato causare più morti rispetto a misure meno restrittive? C’è una spiegazione fisica ed epidemiologica: se un virus risulta letale su di una parte della popolazione (quella più debole e indifesa) allora bisogna creare immunità di gruppo nella popolazione meno a rischio, per proteggere le persone più a rischio!

Si vede forse una applicazione di questa legge sia prima che dopo l’arrivo del vaccino? Non sarebbe meglio, ad esempio, vaccinare chi si muove di più, chi ha più contatti, chi ha più probabilità d’essere contagiato e contagiare? Per l’anziano e il debole, il rischio viene dal figlio che lo va a trovare.
Sarebbe interessante conoscere come ragiona, e su quali basi ragioni, il CTS!

Altra domanda. Il professor Andrea Bassetti, al San Martino di Genova, ha dichiarato che sta trattando i contagiati con gli anticorpi monoclonali registrando, ufficialmente, un tasso di guarigione elevatissimo: 85% con l’uso del Regeneron e del 70% con l’uso del Eli Lily. Praticamente il 75% dei malati tre malati torna a casa.

Se le monoclonali riducono morti e ricoveri del 85%, che si sta facendo in questo senso? Perché questi malati non possono essere curati a casa mettendo in atto una medicina territoriali efficiente ed efficace? Mistero!

Invece scegliamo la solita via del lock down che reprime la economia in maniera irreversibile, schiavizzati dal Rt. Già, ma a cosa serve questo Rt al quale si collega il colore? A cosa servono tutti questi tamponi? Quale criterio viene adottato? Quale criterio è usato per selezionare il campione di popolazione da indagare? Questo criterio inquina o no il processo decisionale? Che succede, poi, degli asintomatici che risultano essere la stragrande maggioranza?

Il fattore Rt dovrebbe servire a misurare il tasso di diffusione del virus ed essere calcolato come si fa per un sondaggio elettorale, dopo aver selezionato scientificamente il campione degli intervistati. Sembra invece che sia diventato l’alibi per il colore e un mezzo per sottomettere una società civile.

Ci fermiamo qui, ma le domande senza risposte sono tante. Il popolo italiano non è incline alle rivoluzioni né ad ogni sorta di razzismo. Tuttavia, l’elettorato deve ricordare tutto questo caotico scenario quando manda al governo gente senza arte né parte.

Antonio Vox. Presidente SISTEMA PAESE, Economia Reale&Società Civile