Le donne si ribellano al “Catcalling”

Catcalling. Un termine sempre più usato nell’ultimo periodo per descrivere un comportamento retrogrado e che affonda le sue radici nel passato. La traduzione dall’inglese dice già molto su un fenomeno che ha trovato nella società un forte radicamento. Ed è proprio come fosse “chiamare un gatto” che la donna si ritrova al centro di molestie che giungono, purtroppo, da una comunità che non conosce confini. Spesso accade che dei perfetti sconosciuti si arrogano il diritto di rivolgersi ad una donna incontrata per strada tramite fischi, baci, suoni, con i quali si chiamerebbe il proprio gatto, nel migliore dei casi.

Parole oscene o allusioni sessuali: tutte pratiche messe in atto nei confronti di una donna e che fanno del “catcalling” un comportamento ancora troppo attuale. Purtroppo c’è dell’altro. Molestie verbali a tutti gli effetti spesso sono aggravate da comportamenti intimidatori come il pedinamento. Dati statistici alla mano fanno intendere chiaramente che ogni donna ha subito, almeno una volta nella vita, il “cat calling” . Dopo anni di silenzio nei confronti di una tematica che ha proporzioni universali, c’è oggi una generazione di giovani donne che ha trovato un modo di denunciare, portando la discussione su un palcoscenico, quello dei social.  Prima tra tutti Instagram. La preoccupazione deriva dal fatto che, pratiche “innocenti” come qualcuno continua ancora oggi a definirle, possono pericolosamente sfociare in vere e proprie condotte criminose quali lo stalking, l’aggressività e lo stupro. Servono leggi efficienti che non lascino sole le donne e le incoraggino a sporgere denuncia.

«Alla base del fenomeno, come nella violenza, c’è la deumanizzazione e la reificazione della donna – è il commento di Anna Diamante, psicologa e psicoterapeuta – ancor più che nella relazione violenta, il molestatore verbale è spinto ad agire nell’idea non che la preda sia catturata e sedotta  attraverso fischi o suoni di clacson, ma c’è in lui l’arrogarsi improprio del potere di denigrare, “sfottere”, non dando valore alla donna in quanto tale,” il fare qualcosa perché si può e fa sentire socialmente e sessualmente attivi”. Senso di insicurezza e sintomi di ansia possono assalire le vittime di cat calling che non si sentono protette quando escono – prosegue l’esperta – Pertanto è importante ancora una volta non tacere, attivare la rete dei servizi affinchè tutti abbiano il diritto di uscire liberamente senza la paura di essere giudicati o ancor di più depersonalizzati nel momento in cui si subiscono attenzioni indesiderate. Come società abbiamo il diritto di difendere il diritto ad amare chi si vuole in piena libertà, combattendo ogni forma  violenta di terrorismo psicologico agito da chi rifiuta di riconoscere  le varie sfaccettature dell’amore che può esprimersi in modi diversi, essendo l’orientamento sessuale e l’identità di genere due costrutti separati che vanno identificati e rispettati come tali».

Bersaglio di “cat calling” sono, oltre le donne, anche persone con disabilità o coppie omosessuali che sono attaccate con insulti omofobi che si manifestano come un vero danno alla persona e alla personalità. Questo è uno dei motivi per il quale è necessario che la rieducazione parta dalle scuole per estirpare una violenza sistematica ben consolidata negli anni.

Katia Simone