Ed ecco l’inflazione
Sembra proprio che l’inflazione sia partita, dal petrolio al rame al ferro tutto rincara. Però i consumi sono fermi pur nella effervescenza connessa alla liberazione dalle maniacali chiusure pandemiche. Come mai i prezzi salgono se la domanda finale di beni e servizi non sale? La questione non è peregrina e merita le giuste risposte senza le quali non si sa cosa fare.
In realtà la domanda di beni e servizi sta salendo nel suo complesso ma quella salita diviene impetuosa nel settore delle materie prime cioè di quelle merci essenziali all’economia che i gestori di capitali finanziari enormi reputano più interessanti dei bond governativi; questi ultimi rendono poco più di zero (e neanche sempre) e quindi essi ritengono che sia preferibile acquistare le materie prime che, come gli immobili, sono beni reali e non virtualità finanziarie. Siamo al centro di un fenomeno non di inflazione da domanda complessiva (che pure appare tonica), ma da costi delle materie prime. Quindi la modestia dei rendimenti dei titoli obbligazionari e la rischiosità di quelli azionari hanno spinto fette sempre maggiori della comunità finanziaria internazionale a puntare sulle materie prime.
Se questa interpretazione è corretta presto vedremo salire i prezzi di grano e delle altre commodities agricole che distribuiranno queste masse di danaro anche alle categorie usualmente estranee a questi fenomeni. E sarà vera inflazione generale e mondiale; all’inizio timida; e poi?
La generalità del fenomeno non si può ricondurre alla esistenza di un “collo di bottiglia” nelle produzioni di queste materie prime ma di una maggiore credibilità che esse possono vantare sulle attività finanziarie.
Peraltro l’acquisto di monete virtuali (che è fenomeno vecchio ormai di lustri) che altro è se non preferenza per altre monete che pur essendo altamente rischiose e pur non rendendo un interesse, vengono preferite alle monete delle più blasonate banche centrali? Questo segnale è stato fortemente sottovalutato.
Quindi sono le monete ad aver perso credibilità non certo le materie prime a divenire attrattive, in quanto sono rimaste esattamente quello che erano. Peraltro che si poteva attendere se la gestione di queste monete è ispirata al “whatever it takes”? cioè alla spregiudicatezza di una politica che antepone gli interessi di parti politiche e geostrategiche a quelli dell’economia?
Moltissimi economisti hanno sempre denunziato questo rischio ma sono rimasti sostanzialmente inascoltati dai decisori che evidentemente ritengono di essere ampiamente al di sopra delle regole economiche. Invece i mercati hanno voltato le spalle alle Istituzioni più blasonate preferendo credere al frutto del lavoro di minatori ed estrattori, contadini e mercanti di granaglie.
Si è riaperta cioè, identica, quella lotta che nel 2007 ha portato la finanza mondiale ad un passo dal tracollo.
Zitti zitti i potentissimi delle banche centrali stanno facendo aumentare i tassi di interesse preparando il terreno ad una lotta aperta all’inflazione aggravando però così la posizione delle industrie manifatturiere già zavorrate dall’aumento di costo delle materie prime.
Potremmo continuare nel delineare cosa accadrà ma l’esito è molto incerto per non dire che è quasi certamente infausto per la grande impresa e la grande finanza. Possiamo solo augurarci per loro che la fuga dalle monete avvenga il più lentamente possibile ma se questo auspicio non si dovesse realizzare sarà una cosa molto simile ad gran reset ma questa volta sarà all’incontrario, cioè chi ci rimetterà le penne per sempre saranno i potentissimi, non prima di aver gettato sul lastrico la gran parte della popolazione.
Canio Trione