Il Piano di ripresa e resilienza e il macigno di Sisifo
Le Commissioni Ambiente e Affari Costituzionali della Camera stanno ascoltando in audizione i vari portatori di interesse in merito alla conversione in legge del decreto- legge “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”.
Sono tanti i punti su cui mi piacerebbe intervenire, ma per ovvi motivi mi limito a due.
Siamo convinti che la ripresa e la resilienza, per essere tali per davvero, debbano passare dal superamento di quella normalità che ci ha condotto fin qui. Sappiamo tutti quello che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo da 15 mesi a questa parte. Proporre tentativi di ripresa con gli stessi atteggiamenti, le stesse condotte, figlie di una visione finalizzata allo sfruttamento del Pianeta, al dominio sulle altre specie, al consumo della natura, significa tentare di risalire per precipitare nuovamente giù, rovinare miseramente come quel macigno di Sisifiana memoria. Si dirà che questi sono ragionamenti che non possono trovare puntuale applicazione in un articolato normativo e che una catastrofe globale non può essere arginata da una singola legge. Può darsi, ma intanto da qualche parte occorre iniziare. Non torniamo come prima è il monito che dovrebbe accompagnare ogni nuovo provvedimento normativo, ogni fare, ogni agire quotidiano.
Perché le semplificazioni e lo snellimento devono riguardare solo le procedure e l’attività amministrativa relative agli investimenti, le opere, gli appalti, l’industria l’energia e non anche quelle per la difesa dell’ambiente, la salvaguardia delle biodiversità, la protezione della natura e della fauna? Non sono forse anche questi interessi nazionali da tutelare? La costituzione di un’area protetta, ad esempio, non si trasforma anche in una virtuosa economia green e in impulso alle attività economiche dei territori? Quando si capirà che le vere infrastrutture strategiche nel nostro Paese, quelle da incentivare e favorire, sono rappresentate dall’ambiente e dalla cultura?
Si sa che l’emergenza genera illegalità e abbiamo fin troppi esempi nella storia del nostro Paese. Non vorrei che la parola emergenza fosse sostituita da ripresa e resilienza, ma che l’illegalità continuasse a generarsi. Occorre state attentissimi poiché, cosa ripetuta come mantra, ma come tale non compresa, la criminalità organizzata è efficientissima a penetrare in quei varchi lasciati aperti per occupare spazi economici e segmenti produttivi. Perché non snellire anche le procedure dei controlli, soprattutto in campo ambientale, e favorire le attività di vigilanza? Perché non mettere ordine in quegli aspetti procedurali, in quei provvedimenti normativi contraddittori che, con interpretazioni forvianti, bloccano di fatto l’operato degli organi a ciò preposti? Fermare un’attività illegale non è forse fare gli interessi collettivi e, in definitiva, nazionali?
Poteva essere un’occasione per coniugare in modo armonioso, in un piano presentato come strategico, gli interessi economici, la salvaguardia dell’ambiente, la valorizzazione delle risorse culturali, il sostegno alle attività territoriali, la protezione della fauna. Sì, davvero lo poteva essere.
Ciro Troiano