Rubrica Oltre il recinto – Nudo
“Chiuso.
Soffocato.
Non sono più capace
di fare smorfie.
Capriccioso.
Lamentoso.
Non ho più contatto
con niente.
Sono malato.
Emozionalmente malato.
Non ci sarà mai tempo
né spazio, né attenzione
per questa malattia.
Eppure è così evidente.
I miei movimenti
sono ridotti, frantumati,
rubati, desiderati.
Io estraneo.
La natura, oggetto.
Io padrone.
La natura a disposizione.
Talvolta in guerra.
Talaltra in convivenza.
Il piacere è vietato,
bandito, spiato,
nascosto, annerito,
deviato, violentato.
In piedi.
Sono ormai
un piccolo uomo.
Volgerò lo sguardo intorno
senza osservare più nulla.
L’olfatto, lontano dalla terra,
sarà un oggetto inutile.
L’udito intenderà solo rumori
e non più musica.
La bocca vomiterà vuoto.
Collo rigido:
devo tenermi a galla.
Quanta ira inesplosa
nel mio piccolo petto.
Vorrei gridare, rovesciare tutto.
Non posso, sono debole.
E poi sono educato.
Devo reprimere, deviare.
Cerco energia.
Non toccare. Vietato.
Perché?
Perché! Perché?
Non avrò mai risposte.
Oppure un pasticcio
di chiacchiere disgustose.
La malattia avanza.
Ed io cresco.
Male.
Per correre dietro
a mille porte, il mio respiro è ansimante,
breve, frettoloso.
Ed anche il mio correre
ovviamente disturba.
Imparerò a muovermi
a comando.
Niente è più spontaneità.
E’ meglio controllare.
Orientare.
Programmare.
Sono questi i comandamenti
della civiltà.
Sarò un buon cittadino.
Forse”.
SALVATORE PORCELLI