L’inesistente ruolo dell’Unione Europea nella politica internazionale e altro ancora (Parte prima)

E’ diffusa la convinzione che, nelle vicende recenti dell’Afghanistan, il ruolo internazionale degli Europei (che non sono stati neppure informati circa le decisioni strategiche degli Stati Uniti) sia stato del tutto inesistente.

Qualche osservatore imputa tale sconcertante debolezza dell’Unione alla mancanza di una guida politica e di una difesa comune.

Queste due circostanze, secondo tale corrente di pensiero, impedirebbero all’Unione Europea di darsi una linea di politica estera.

Da qui una duplicità di soluzioni: a) darsi un esercito composito con il rischio che i ventisette Stati finiscano per mettere in piedi una sorta di armata Brancaleone; b) favorire la nascita di un nocciolo duro di 4 o 5 Stati che, abdicando alla propria sovranità, creino un polo di attrazione attivo nel tempo per altre, pur sempre ristrette, aggregazioni.

La seconda proposta rispolvera, in pratica, una vecchia idea di Sir Winston Churchill che suggeriva agli Europei del Continente (escludendo, però, con lungimirante prudenza, la parte insulare, idest: la Gran Bretagna, troppo diversa “culturalmente”) di costituire gli Stati Uniti d’Europa sul modello nord-americano.

Prima Domanda: si può ritenere, oggi, valida una delle soluzioni proposte?

Allo stato delle nostre cognizioni e intuizioni non si può ignorare il potere del Deep Statee la sostanziale impotenza persino di un Presidente come quello degli Stati Uniti d’America.

Donald Trump, dopo averlo dichiarato pubblicamente, non ha potuto ritirare, previo accordo con i Talebani, le truppe dall’Afghanistan perché il Pentagono si è opposto. Lo ha consentito a Biden per favorire l’escalation di bombardamenti con i droni, di cui ogni giorno apprendiamo gli effetti.

La verità è che l’Unione Europea come gli Stati Uniti d’America non sono in grado di svolgere una loro politica internazionale, perché a dettare le regole del gioco sono i poteri finanziari che hanno sede a New York e a Londra. E questi, per i loro interessi di “elargitori di aiuti a Paesi distrutti”, vogliono guerre… non pace.

Dopo che il sistema mass-mediatico e i necessari mezzi di sostegno per le campagne elettorali dei candidati sono finiti, quasi esclusivamente, nelle mani dei banchieri di Wall Street e della City le liberal democrazie sono rimaste una contraddizione in termini: non sono più né liberali né democratiche.

Sono controllate e condizionate, in altre parole, da forze estranee alla competizione politica. Il sistema di governo dei Paesi dell’Occidente in Europa e nel Nord America non è più nelle mani di leadere di uomini politici che rispondano al popolo che li elegge ma di chi detiene i cordoni della borsa per favorire candidati “ubbidienti”.

Negli Stati Uniti d’America il Deep State(CIA, FBI, Pentagono) è praticamente al servizio degli interessi delle Banche e nessun Presidente che intenda essere eletto o rieletto può “toccare” l’assetto di quei vertici (sotterraneamente concordato con poteri occulti) che risponde solo alle esigenze “superiori” dei mercanti di armi e di denaro, veri “domini” delle sorti del Pianeta.

Se negli U.S.A, funziona un tale meccanismo che toglie al Presidente della Repubblica, in apparenza dotato di enormi poteri, la possibilità di muoversi in modo difforme dalle direttive dei personaggi collocati ai vertici della CIA, dell’FBI e del Pentagono, in Europa, l’assenza di una vera guida politica dell’Unione rende superfluo persino un tale accorgimento: comanda l’Alta Finanza, attraverso i burocrati ben retribuiti che sceglie di mandare a Bruxelles. Una schiera di tecnocrati bancari che seguono, in buona sostanza, le direttive dei tycoon della Finanza di Wall Street e della City fa il bello e il cattivo tempo. Punto e basta.

Un esempio dell’assoluta discrezionalità di tale cricca al comando dell’Unione sta nel fatto che agli Stati membri s’impone di continuare a perseguire linee di politica economica “neo liberiste”, mentre si consente agli USA di Joe Biden di sperimentare linee “neo-keynesiane” per sorreggere l’occupazione.

In tale condizioni, pensare a una politica internazionale che non tenga soprattutto conto degli interessi prioritari dei fabbricanti d’armi e dei banchieri elargitori interessati di prestiti è pura ingenuità. Il Medio-Oriente con i suoi focolai di “guerre sante” di varia origine e denominazione costituisce una vera miniera d’oro.

D’altronde, si tratta di una storia che va avanti da più di duemila anni e solo chi non ha “antenne” sensibili non se ne accorge.

Furono gli Ebrei per primi a considerare la guerra come l’unico mezzo per invocare il diritto divino a occupare il territorio promesso da Dio ad Abramo, a esaltare la loro supremazia come “popolo eletto”, a lottare per le sconfitta dell’ateismo e delle altre religioni. Poi l’escalationverso la violenza aumentò con i Cristiani (soppressione di templi, sacerdoti e fedeli pagani, nonché di ebrei, eretici, scismatici e cosiddette “streghe”, crociate, massacri di popolazioni indigene nel Nuovo Mondo, campi di sterminio dei cattolici ustascia accanto ai lager nazisti).

La violenza, proseguendo nella sua marcia, sta ulteriormente avanzando con gli islamici.

Luigi Mazzella