Afghanistan, una grande cultura nel cuore dell’Asia
L‘Afghanistan, pur rimanendo al centro dei calcoli geopolitici ed energetici mondiali, non è solo la tomba degli imperi, ma anche un luogo in cui sono riuscite a fiorire le arti.
A Herat, nel corso dell’XI secolo, visse, in un ambiente culturalmente vivace, il mistico e santo sufi Ansari, un prolifico compositore di ghazal (distici in rima) in lingua dari, un variante della lingua persiana. Alcuni suoi versi, tradotti in italiano, sono stati musicati dal cantautore Angelo Branduardi in La candela e la falena, brano contenuto nell’album Altro e Altrove, (EMI Italia, 2003), poi riproposto dai Radiodervish. La tomba di Ansari ad Herat è tuttora meta di numerosi visitatori. Nell’epoca contemporanea basti ricordare che negli anni Settanta del ‘900 gli intellettuali occidentali si recavano nel paese asiatico per trovarvi ispirazione. La stagione dei grandi viaggi venne anticipata di poco dalle spedizioni etno-archeologiche dello scrittore britannico Bruce Chatwin, del gesuita Peter Levi e dell’archeologo Maurizio Tosi, poi arrivarono gli Hippie.
Il Viaggio Hippie si svolgeva lungo la direttrice Londra – Katmandu, l’Afghanistan era una tappa obbligata. Tale esperienza si è conclusa alla fine degli anni ’70 in seguito ai cambiamenti politici come la Rivoluzione iraniana, l’occupazione sovietica dell’Afghanistan, la guerra del Kippur, il conflitto civile in Libano e le tensioni nel Kashmir tra India e Pakistan. Tutti eventi che resero meno accessibili agli Hippie le loro zone d’interesse.
Alighiero Boetti (1940 – 1994) artista italiano, che apparteneva alla stessa corrente del polignanese Pino Pascali, l’arte povera, soggiornò nel Paese in più occasioni dal 1971 al ’79 per varie motivazioni convergenti. Una riguarda un antenato: il domenicano Giovanni Battista Boetti (1743 – 1794), che inviato a Mosul, oggi in Iraq, successivamente convertitosi al sufismo, e considerato “rinnegato” dalla Chiesa cattolica, divenne sotto il nome di Profeta Mansur uno degli eroi della resistenza contro l’imperialismo zarista in Caucaso. Alighiero Boetti riferisce altre possibili motivazioni della svolta asiatica: “Il mio interesse per le cose lontane non è stato realmente determinato quando sono diventato artista. Io consideravo il viaggio da un punto di vista strettamente personale, edonista. Mi affascinava il deserto, e non soltanto il deserto naturale, ciò che mi attirava di più era l’azzeramento, la civiltà del deserto. L’Afghanistan è un paese di montagne i cui villaggi sono costruiti sui fianchi montuosi, per non sprecare le terre fertili della vallata. Niente è aggiunto al paesaggio, si spostano le rocce e si utilizzano per costruire le case-cubo, come negli acquarelli di Paul Klee”. A Kabul, l’artista torinese farà ricamare quadri, avviare un laboratorio di arazzi, la cui attività proseguirà in Pakistan dopo l’occupazione sovietica e aprirà un albergo. L’opera più famosa del periodo afgano è Mappe, il mappamondo, colorato secondo le bandiere nazionali, una copia è conservata presso il Castello di Rivoli.
Gabriele Torsello detto Kash, originario di Alessano (Lecce), dal 2001 al 2006 ha lavorato in qualità di fotogiornalista indipendente a una serie di reportage in Afghanistan, documentando la situazione delle donne e degli ospedali nel Badakhshan; i giochi olimpionici per disabili a Kabul per l’organizzazione non governativa Special Olympics for Afghanistan; la situazione sanitaria dell’infanzia e il progetto a favore di Shabana, una bambina bisognosa di intervento chirurgico in Italia; la libertà di stampa a Khost e Kandahar in collaborazione con la International Federation of Journalists e altri reportage sulla complicata situazione politica, sociale ed etnica del Paese degli Aquiloni. Torsello ha vissuto indossando abiti locali e utilizzando i mezzi pubblici; nel 2006, nel tragitto da Lashkargah a Kabul, è stato rapito e la prigionia durerà ventitré giorni. Nel 2011 il reporter salentino ha pubblicato Afghanistan Camera Oscura, progetto fotogiornalistico mirato a sostenere il dialogo e gli scambi culturali tra l’Italia e il Paese asiatico.

Si parlerà di Afghanistan a Bisceglie, Domenica 12 settembre alle ore 20.30, al Politeama Italia in via Montello, durante la serata conclusiva del Salento International Film Festival (SIFF), che quest’anno è in trasferta nella Sesta Provincia Pugliese. Il direttore artistico Gigi Campanile presenta nel cartellone il lungometraggio “Io sono Te” della pluripremiata regista afgana – statunitense Sonia Nassery Cole. Il film, girato in Afghanistan nel 2020, ha come protagonista il giovane Massoud, che dopo aver perso tragicamente il padre, non gli rimane che fuggire insieme ad altri profughi attraverso la rotta balcanica per raggiungere l’Europa. A Massoud si unirà come compagna di viaggio una donna incinta, simbolo di speranza e di vita; si tratta di una dottoressa a cui è impedito in patria di esercitare la propria professione. Sonia Nassery Cole denuncia così il retroscena di quel viaggio impervio e tortuoso, fatto di incontri clandestini, ricco di terribili vicissitudini, dietro il quale si nascondono speranze e sogni di persone innocenti, che toccano la morte, la disperazione e i tanti interessi illegali.
Vincenzo Legrottaglie