Mafia e pandemia, la riflessione della Direzione Investigativa Antimafia

L’ultima Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia si sofferma, e non poteva essere altrimenti, sugli effetti della pandemia sull’andamento della criminalità organizzata. Negli ultimi mesi del 2020 il perdurare dell’emergenza pandemica ha marcato le conseguenze negative sul sistema sociale ed economico italiano originate dalle misure rese necessarie per contenere la diffusione del contagio. Misure che hanno continuato ad imporre limitazioni agli spostamenti e allo svolgimento delle attività di importanti comparti produttivi come quello commerciale, turistico-ricreativo e della ristorazione. Ed è qui, insieme ad altri varchi, che si insinua la criminalità organizzata. Si legge nella Relazione: «Della difficoltà finanziarie delle imprese potrebbero approfittare le organizzazioni malavitose, per altro sempre più orientate verso una sorta di metamorfosi evolutiva volta a ridurre le strategie cruente per concentrarsi progressivamente sulla silente infiltrazione del sistema imprenditoriale. I sodalizi mafiosi, infatti, potrebbero utilizzare le ingenti risorse liquide illecitamente acquisite per “aiutare” privati e aziende in difficoltà al fine di rilevare o asservire le imprese in crisi finanziaria».

La criminalità organizzata, si sa, è pronta a cogliere e a tradurre in proprio vantaggio le occasioni malsane scaturite dai mutamenti sociali e dai momenti di crisi.

L’analisi di tale strategia mafiosa, riferita al periodo del lockdown, ha mostrato che le organizzazioni mafiose si sono mosse con una tattica tesa a consolidare il controllo del territorio anche attraverso il cavalcare la crisi economica, la perdita di lavoro, le difficoltà per le attività commerciali dovute alla chiusura, tutti fattori che, come sottolineato da più parti, sono un viatico per le imprese criminali; imprese che, tra l’altro, sono anche protese a penetrare nella cosiddetta Covid economy, ovvero nelle nuove aree connesse alle filiere produttive o ai servizi legati alla pandemia.

Il Procuratore Nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, come riporta la Relazione riprendendo una dichiarazione rilasciata all’Adnkronos, ha sottolineato che: «La modernizzazione delle mafie si completa nel reinvestire capitali in soggetti economici deboli; in quei soggetti che non trovano più un accesso al credito bancario per la crisi. Le mafie non hanno bisogno di firmare atti, non hanno bisogno di documenti; al contrario occultano comportamenti illeciti con lo schermo di soggetti solo apparentemente sani, entrano così nel mercato dell’economia legale. Questo è veramente preoccupante. A tutto questo si risponde con le segnalazioni dal territorio, dalle stesse associazioni di categoria, con la segnalazione delle transazioni sospette».

Nel corso dell’emergenza sanitaria, la tendenza della criminalità organizzata a penetrare in modo sistematico il tessuto economico e sociale si sarebbe, dunque, ulteriormente evidenziata. «Si tratta infatti – continua la Relazione – di una strategia criminale che in un periodo di grave crisi offrirebbe alle organizzazioni l’occasione sia di poter rilevare a buon mercato imprese in difficoltà, sia di accaparrarsi le risorse pubbliche stanziate per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Con questa capacità imprenditoriale le mafie potrebbero rivolgere le proprie attenzioni operative verso i fondi comunitari che giungeranno a breve grazie alle iniziative del Governo per assicurare un tempestivo sostegno economico in favore delle categorie più colpite dalle restrizioni rese necessarie dalla nota emergenza sanitaria».

Rischi potenziali che ancorché non si siano ancora tradotti in evidenze giudiziarie significative, devono indirizzare l’analisi investigativa verso quelle attività protese ad

intercettare sul nascere le nuove minacce, anche per la sicurezza nazionale, e ad approntare un’efficace azione di prevenzione.

Ciro Troiano