L’astronave di Pristina
Alcuni edifici con la loro presenza rendono identificabile una città come la Torre dell’Orologio o Elizabeth Tower per la capitale britannica o, finché ci sono state, le Torri Gemelle per New York, altri manufatti invece dividono a tal punto che c’è chi vorrebbe vederli abbattuti. E’ quello che accade alla biblioteca di Pristina progettata dall’architetto croato Andrija Mutnjakovič. Con le sue cupole bianche e la gabbia metallica che l’avvolge, l’edifico, ultimato nel 1982, somiglia ad una nave spaziale appena atterrata o ad una stazione orbitante di una pellicola di fantascienza. Secondo alcuni l’immobile sarebbe in cima alla lista dei mostri architettonici da abbattere, secondo altri ha un indubbio fascino dovuto proprio alla sua unicità. Abbiamo chiesto a chi ha avuto modo di visitare il più giovane paese europeo cosa pensi della controversa realizzazione di Mutnjakovič.
“Io sono stata lì qualche giorno negli anni ‘80” – dice Aldina H. Beganović, pittrice italiana di origini jugoslave oggi residente in un comune dell’Area Metropolitana di Bari, che ha così continuato: “La costruzione differisce da tutto ciò che la circonda, sembra un tentativo di modernizzazione dell’ambiente, una specie di cubismo architettonico con tanti elementi a forma di cupole, le quali nello stesso momento richiamano il mondo antico. L’architetto ha creato un connubio tra il passato e il presente che non è facile da accettare per un occhio abituato agli stili puri già conosciuti. Quando vedi la biblioteca di Pristina ti chiedi: cos’è questo? Quando vedi le cupole della Moschea Blu, delle chiese bizantine e ortodosse di Istanbul ti sembrano normali. Ma quando vedi le calotte bianche inserite sui cubi di cemento inferriati riconosci qualcosa che dovrebbe essere su qualcos’altro. Lo stile è di per sé un po’ bizzarro, infatti l’edificio è associabile alla corrente brutalista. Il movimento brutalista non si è distinto per storicizzare, ma per adoperare il materiale in quantità massiccia”. Aldina, la pluripremiata artista a livello internazionale, ha così concluso: “In ogni caso la biblioteca di Pristina è unica nonostante la poca estetica; quel movimento ha lasciato un’impronta che ha caratterizzato l’architettura balcanica, una mescolanza delle culture nel tempo”.
Emilia Conforti, ricercatrice presso l’Università della Calabria, visitò Pristina per la prima volta nell’agosto del 2003 per un viaggio d’istruzione in compagnia del suo caro amico Gianni Belluscio. Le sue impressioni, annotate con acume, costituiscono una testimonianza unica sui luoghi visitati essendo quello un territorio in cui pochi anni prima si era combattuta una guerra, lei, figlia di albanese d’oltremare (arbëreshë in Italia) visita il Kosovo con la curiosità di scoprire il popolo di cui conosce la lingua antica. Sa che non troverà lo stesso idioma ma incontrerà un luogo e un popolo insieme ai resti di uno stato stremato, le chiese cattoliche, i monasteri serbi, le moschee e la Biblioteca Nazionale, quel monumento che lei conosce molto bene per aver consultato una serie di volumi utili agli approfondimenti delle sue ricerche. L’opera architettonica è ubicata vicino al dipartimento di filologia dell’Università statale di Pristina dove per anni ha insegnato italiano e latino. La docente ha dichiarato: “Quel luogo mi appartiene e mi è familiare, tutto mi emoziona della città di Pristina, persino i corvi di cui la capitale kosovara ne è stata dichiarata la città”.
“Il quotidiano britannico Telegraph l’ha inserita al diciottesimo posto nella lista degli edifici più brutti al mondo” – sostiene Luca Maria Pernice, giornalista che ai Balcani ha dedicato il libro “Angeli in mimetica”, (Edizioni del Rosone, Foggia, 2012). “Ma forse proprio questo era l’intento dell’architetto che l’ha progettata: un edificio bizzarro. Intanto, indipendentemente dalle sue cupole di vetro differenti l’una dall’altra la biblioteca universitaria e nazionale è indubbiamente un must per gli appassionati di architettura socialista. Al suo interno c’è un’accogliente sala lettura e una sala assemblea dalla quale alzando gli occhi al cielo si possono osservare e ammirare le cupole da un’altra prospettiva. Alcuni architetti hanno abbandonato la vena prettamente tecnica, preferendo quella artistica, anche se poi il risultato non à gradito a molti. Ma anche questa è arte” – argomenta il giornalista foggiano.
Fabia Martina, dottoressa in conservazione e valorizzazione dei beni culturali, originaria di Felline in Alliste (Lecce), ha visitato il paese balcanico in occasione di una spedizione etno-antropologica sull’altopiano di Shar Planina per incontrare i Gorani, uno dei popoli più antichi e misteriosi d’Europa, distribuito in villaggi tra Kosovo, Albania e Macedonia del Nord. Con occasione ha attraversato Pristina riportando le seguenti impressioni: “Salendo lungo la scalinata che costeggia il palazzo del Rettorato dell’Università statale, all’improvviso, adagiata su un prato, mi è apparsa la biblioteca quasi fosse un’astronave appena atterrata e destinata a riguadagnare il cielo infinito in pochi attimi”. L’immagine riportata da Martina non è casuale visto che nei Balcani sono state girate alcune scene di film di fantascienza com’è accaduto in Croazia, a Dubrovnik, con Games of Thrones e Star Wars – L’ultimo Jedi. “L’edificio costituisce un polo importante per il Kosovo – continua la dottoressa salentina – poiché ospita la Biblioteca nazionale, un archivio, l’università americana e altre istituzioni culturali. Inoltre, è posizionata all’interno di un parco nei pressi di alcune facoltà, dell’accademia di belle arti, della galleria nazionale e di una grande chiesa serbo-ortodossa incompiuta e questo ci ricorda quanto l’architettura possa essere divisiva in quella parte dell’Europa”. Fabia Martina aggiunge “incuriosita dalla planimetria della Biblioteca, l’ho ricercata su immagini satellitari, apprezzandola anche da una diversa angolatura che la rende ancora più affascinante. Dall’alto si possono contare, infatti, novantanove cupole in acrilico traslucido, una reminiscenza degli antichi edifici tra Bisanzio e l’Impero Ottomano. Tuttavia, nonostante il richiamo alle antiche forme, la struttura è senza alcun dubbio moderna”.
E a voi piace?
Vincenzo Legrottaglie
Bibliografia
Luca Maria Pernice, Angeli in mimetica, Edizioni del Rosone, Foggia, 2012.