La tutela dell’Ambiente entra nella Costituzione

Con l’approvazione in Senato con la maggioranza dei due terzi dello scorso 3 novembre e il sì definitivo della Camera dell’8 febbraio con 468 voti a favore, solo uno contrario e sei astenuti, la tutela dell’Ambiente entra nella nostra Carta Costituzionale. La modifica riguarda gli articoli 9 e 41, laddove il 9 recita: “[…] la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico…”, è stato ora aggiunto: “[…] e tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.” Inoltre nel 41 si specifica che “[…] l’iniziativa economica è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente.” Le due  modifiche entrano subito in vigore e non saranno sottoponibili a referendum proprio grazie all’approvazione al Senato dei due terzi. Se non altro adesso l’Italia si è allineata ai precedenti 21 Paesi europei che avevano inserito nelle loro Costituzioni degli accenni a tutela dell’ambiente. Come si dice: “meglio tardi che mai”, in un’Italia che subisce dall’Ue parecchie procedure d’infrazioni, e non solo in campo climatico, per questo suo innato saper tergiversare, indugiare, attendere chissà che cosa e chi;  in parecchie questioni fra l’altro.

  Certo, è sicuramente un fatto molto positivo che finalmente l’ambiente viene contemplato costituzionalmente. Davvero però soltanto delle brevi aggiunte possono tutelarlo efficacemente? Sono molti i diritti e le tutele previsti costituzionalmente ma poi disattesi nei fatti. Ad esempio i diritti al lavoro, alla salute e all’istruzione, sono davvero oggi così dentro ai pensieri dei legislatori? Ovviamente per dare concretezza ai nobili ideali quali sono queste nuove aggiunte sulla Carta, occorre creare un quadro normativo organico che riesca realmente a tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi nell’ottica dell’interesse delle future generazioni. Occorre pensare ad un piano normativo molto ambizioso, che deve richiedere una visione sinceramente ecologica. Non serve esprimere facili entusiasmi se le azioni politiche quotidiane non vanno nel verso di un reale progresso ecologico. Non serve l’esultanza per queste aggiunte se poi nei pensieri del potere legislativo (quando viene liberamente espresso) ed esecutivo (oggi più forte che mai) c’è spazio per le trivelle, per il mini nucleare (SMR), per il gas, per la plastica, ecc. Tutto questo a mio avviso non è reale transizione ecologica ma continuità ideologica d’un sistema energetico tradizionale internazionale, che ha portato il nostro Pianeta sull’orlo della catastrofe ecologica, della quale si ha più che qualche avvisaglia ormai.

  Tornando alla modifica dell’art. 41, come può l’iniziativa privata non arrecare danno all’ambiente, se per produrre qualsiasi cosa si continuano ad utilizzare le fonti fossili? Se alle fonti rinnovabili vengono aggiunti nuovi balzelli nel momento in cui le fossili stanno vivendo enormi rincari? Ovviamente così non si fa un buon servizio all’ambiente. Si dovrebbero semmai agevolare e sburocratizzare le costruzioni di impianti che utilizzano le energie rinnovabili, invece che favorire quelle fossili, molto inquinanti e sempre più costose. Si dovrebbe cominciare a parlare di auto ad idrogeno e non di auto ibride o elettriche che utilizzano l’elettricità prodotta in prevalenza da energie fossili. In tal modo si delocalizza soltanto l’inquinamento, dalla città agli impianti di produzione elettrica, che comunque, quantomeno, salvaguarda le città; anche se il computo finale di produzione di CO2 rimane inalterato. Per non parlare dello smaltimento delle batterie a fine ciclo. Insomma, si dovrebbe ragionare e parlare bene, e razzolare altrettanto bene per tutelare realmente l’ambiente.

Angelo Lo Verme