Roma imperiale a Pechino
In un tempo non molto lontano la Cina comunista decise di andare sul terreno degli odiati capitalisti per divenire ricca. Per effettuare l’operazione si dovevano acquisire le basi giuridiche minime per innescare il decollo dell’economia. Per fare questo pensarono di assoldare, tra gli altri, un docente (certo Oliviero Diliberto già ministro della Repubblica italiana e comunista) della Sapienza di Roma di diritto romano (offrendogli vari incarichi anche a Wuhan) per introdurre la proprietà privata in Cina.
Un caso non raro in cui noi offriamo gli strumenti ai nostri potenziali competitor per danneggiarci o ucciderci (sembra che anche Marx sostenesse che -per cupidigia- i capitalisti trattano la vendita al boia della corda con cui saranno impiccati).
La introduzione della proprietà privata in Cina (anche se molto mal fatta e volutamente male intesa) ha ottenuto il risultato voluto dell’arricchimento, anche se certamente non ancora perfetto, di milioni di persone.
Quindi è da tempo che i cinesi cercano di carpire le basi della civiltà greco romana ed è da tempo che quei valori si diffondono senza aver bisogno delle legioni romane per arrivare in ogni dove. Essi hanno un valore assoluto in sé.
Quindi possiamo dire che la civiltà romana come era diffusa in tutto il mondo conosciuto allora, lo è anche adesso anche se quello attuale è molto più grande; confermando che quella civiltà non è una delle varie civiltà possibili, ma l’unica civiltà degna di questo nome.
Ma come sono arrivate a noi quelle meraviglie incredibili che hanno costituito la base della civiltà? Attraverso il cristianesimo. Questo punto è molto sottovalutato sia dalla Chiesa (che se ne è dimenticata completamente), sia dai suoi detrattori. Infatti le gerarchie ecclesiastiche sottolineano e ripetono le giagulatorie insite alla componente rituale della nostra religione quasi che il resto (cioè le altre componenti non strettamente teologiche della cultura cattolica e cristiana) sia un accidente trascurabile.
Il messaggio cristiano ha, alle sue origini, fondamenti comuni (e non solo teologici) alla religione ebraica ma con declinazioni originali che con il passare del tempo si sono rese fortemente eretiche rispetto alla loro provenienza. E questa progressiva deriva è stata determinata anche dalla influenza della civiltà romana che ha stravolto la componente giudaica iniziale.
Certamente la componente fideistica della cristianità ha una sua caratteristica illiberale e la Storia ce ne ha mostrati gli aspetti molto spesso deteriori, ma la componente latina è, come detto, tenuta nel silenzio più assoluto. Perché?
Recentemente la Chiesa sta seguendo un percorso di uniformizzazione con le altre religioni monoteistiche; all’interno del cristianesimo e anche fuori. Sembra che non solo la componente latina -come detto- viene dimenticata e sottaciuta (forse volutamente), ma anche la componente più squisitamente confessionale viene ristretta quasi a voler assomigliare sempre più alle origini. Cosa che si sposa in modo inquietante con la mondialità delle organizzazioni finanziarie ed economiche; quasi a realizzare assieme al governo planetario dell’economia anche una religione unica.
Tutto questo significa almeno due cose: la prima è che la nostra religione andrebbe studiata un po’ meglio specie dai tanti che frequentano indegnamente i Palazzi; la seconda è che il pericolo maggiore oggi è la mondializzazione del pensiero come corollario necessario alla mondializzazione degli interessi.
Tutte cose rese sinistramente possibili dalla tecnologia e quindi, di fatto ormai, imposte. Inoltre la diffusione delle nuove tecnologie fortemente spersonalizzanti creano un innaturale potere transnazionale e non trovano nessun argine o dibattito.
In questo scenario il pensiero liberale (che viene contrabbandato indegnamente come proprio dai mondialisti) non solo ne esce stritolato ma anche completamente stravolto. E non dalla Chiesa ma dal mondialismo degli interessi transnazionali cui la Chiesa sta -nel senso detto- aderendo. Così il pensiero liberale diviene per molti, direi i più, un disvalore.
Le individualità, in questo scenario travisato dal mondialismo, scompaiono completamente e quindi scompare anche il pensiero libero. Senza parlare delle identità culturali, valoriali, economiche e umane fermamente avversate da quell’idea e da quella prassi.
In economia questo si traduce nel livellamento delle persone (in perfetta antitesi al meraviglioso antico latino), nell’accentramento delle decisioni in economia (in perfetta antitesi al meraviglioso antico), nella capillarità del controllo su ogni individuo (in perfetta antitesi al meraviglioso antico), nella compressione fino all’annullamento dei cardini del diritto romano come la proprietà, il contratto, (in perfetta antitesi con il meraviglioso antico)…ecc. ecc.
Peraltro il pensiero liberale come declinato dagli eredi del liberalesimo classico (quindi quello romantico e non ancora mondialista e monetarista), corre il rischio di divenire anch’esso ripetitivo come una giagulatoria se non si aggiorna in maniera coraggiosa per affrontare il nuovo millennio. Moltissime cose che ci sono state consegnate dal meraviglioso antico latino-greco abbiamo permesso che venissero abolite o stravolte senza che nessuno di noi abbia detto nulla e senza che ancora oggi nessuno alzi un dito. Quasi che il liberalesimo mondialista sia una interpretazione corretta del liberalesimo classico; cosa che non è essendo quello mondialista una degenerazione terribile di quello classico! Degenerazione resa possibile dalla espansione innaturale delle tecniche di ogni tipo e dalla evoluzione della scienza della finanza ormai consegnata a logiche autogenerantesi.
Cioè, in fatto di liberalesimo, siamo nel pieno di un disastro biblico.
Solo il pensiero libero –quello vero- può fondare il prossimo mondo e la futura economia fondandola su qualcosa di diverso dal dispotismo i cui prodromi stiamo vivendo da decenni.
Canio Trione