Il liberalesimo
Il liberalesimo che si impone nel XIX secolo nasce in contrapposizione agli assolutismi dell’epoca: quello religioso racchiuso nei “dogmi” e quello politico implicito all’assolutismo del potere monarchico. Naturalmente ciò comportava che il pensiero razionale diveniva preponderante rispetto alle fedi acritiche.
Sono passati centocinquanta anni e quel pensiero pur apparentemente egemonico è in crisi; come mai? Pure non possiamo dire che stanno riemergendo gli assolutismi e la signoria della ragione non è in discussione.
La prevalenza della ratio rispetto alle fedi riportava la persona al centro del creato e della politica ma nel tempo (anche se le prime avvisaglie erano evidenti da subito) ha legittimato un enorme sviluppo tecnologico; oggi è di assoluta evidenza che la dittatura della tecnologia ha stravolto le vite e non viene accettata più di buon grado; anzi appare sempre più come un nuovo dogma.
La asserita uguaglianza delle persone tra loro non solo non è concretamente esistente ma le differenze economiche, sociali e culturali si ampliano proprio grazie all’uso delle tecnologie. Le stesse capacità di comprendere e decidere non sono uguali e non sono rese uguali in tutti i soggetti e quindi anche il suffragio universale è svuotato di ogni senso e le democrazie divengono più un alibi per i nuovi potenti che un sistema effettivo.
I liberali si sentono in diritto di educare gli altri alla democrazia per sottrarli alle fedi e alle credenze ma sono portatori di nuovi assolutismi ormai invincibili perché sostenuti da tecnologie ampiamente in grado di stravolgere la vita di chiunque.
Un disastro culturale come pochi altri! Che fare?
È evidente -come detto in apertura- che il liberalesimo del XIX secolo non era la stessa cosa di quello garantito nella classicità latina e greca ma era solo una reazione a degli estremismi che fungevano da tappo per lo sviluppo umano, economico e sociale e quindi nasceva come una potenziale fede esso stesso; come anche il libero arbitrio e il raziocinio che ne costituivano l’anima. L’applicazione alla vita economica dei canoni del diritto romano è stata la vera ragione del successo planetario del liberalesimo nei secoli trascorsi che però come signoria dei “lumi” è fragorosamente fallito. Oggi, mano mano che ci si allontana dal diritto romano e naturale l’intera impalcatura liberale scricchiola pesantemente; serve assolutamente superare l’efficientismo estremo e disumanizzante che ha condotto alla schiavitù dell’uomo rispetto alla macchina e adesso all’”intelligenza” artificiale.
Tutto ciò significa riscoprire le forza del singolo e delle identità collettive delle varie comunità e quindi serve pensare ad una forma di convivenza pacifica -e quindi costruttiva- che non può non essere che liberale in un senso più compiuto e certamente non all’interno del pensiero unico liberale attuale che abbiamo conosciuto che poi non è liberale ma efficientista e quindi mondialista. Cioè il libralesimo del XXI secolo non potrà più essere una reazione agli assolutismi ma una proposta che permetta a tutti di affrancarsi dalle agende dettate dalle macchine; ovviamente a costo di perdere sul piano della efficienza. Si tratta di una rivoluzione culturale profonda che dovrà passare attraverso il ridimensionamento drastico della signoria del Nord (e quindi della finanza e della tecnica) sul resto del pianeta e quindi si dovrà passare attraverso un periodo tragico di ridimensionamenti drastici. Le guerre che insanguinano il pianeta sono la maniera più sbagliata per pervenirvi ma non sembra ve ne siano altre.
Canio Trione