Yuki e Frida, storia d’amore “speciale” e di famiglia

Yuki in giapponese significa neve, e così si chiama la nostra simpaticissima cagnolina. Il bianco candido che evoca il suo nome però è totalmente in contrasto con l’aspetto del suo manto, corto e, appunto, nerissimo. Solo leggere screziature bianche sulle zampette posteriori e un’altra a forma di V capovolta sul petto, interrompono appena quella nerissima e corta peluria. Frida è la nostra candida e bellissima gatta che con Yuki, tutto sommato, ha un buon rapporto. A volte Yuki, vivacissima, la tormenta e la insegue di stanza in stanza, oppure mentre è sdraiata e vuole giocarci e Frida non ci sta, le si mette ad abbaiare come per dirle: “E dai sciocca, perché non vuoi giocare con me? Che ti ho fatto”. A Yuki non le abbiamo dato noi il nome ma mia cognata, moglie di mio fratello. Ci siamo molto affezionati a qusto nome, giacché corrisponde nei nostri cuori inesorabilmente al profilo estetico e comportamentale della nostra dolcissima cagnetta. Nata il dieci di febbraio del 2019, Yuki è un meticcio nato dall’incrocio di un Pinscher nano e una Volpina. Pareva un batuffolo di lana nerissimo, con occhi intelligenti, dolci e vispi quando la vedemmo la prima volta con mia moglie insieme a mio fratello, mia cognata e le mie nipoti a casa loro. Mio fratello l’ha ricevuta in dono quando era appena svezzata da un vicino di terreno, per farla cerscere in campagna insieme agli altri cani. Ma così non è stato, per fortuna nostra e di Yuki. Non era adatta per vivere all’aperto e da sola la notte in una cuccia. Troppo piccola, troppo indifesa! Così l’abbiamo adottata noi in casa nostra. Ricordo che per contenerla bastava il palmo di una mano. Ricordo anche i mille istinti e gli innumerevoli sentimenti comuni provati, che andavano da quello di protezione a quello di empatico amore che sprizzava luminoso dai nostri sguardi emozionati e dai visi sorridenti. Insomma, fu un amore a prima vista che colpì tutta la famiglia! Com’è naturale per tutti, fu impossibile rimanere insensibili a tanta mite, indifesa dolcezza e palmare innocenza. 

  E’ quell’istinto primordiale che si impossessa degli umani di fronte a un cucciolo; che sia poi della propria o altrui specie poco importa: esso scatta inevitabilmente! La natura è stata saggia nel donarci questo meraviglioso istinto di protezione dei cuccioli, questa empatia, proprio a salvaguardia della vita. Ovviamente quando l’istinto non è corrotto e non fa commettere come a taluni uomini azioni disumane; ma andiamo oltre queste evenienze, poiché questo vuole essere solo un racconto di amore tra una dolcissima e affettuosa cagnolina e un’intera famiglia e cerchia di amici e conoscenti. Sì, non esagero! Yuki fa simpatia proprio a chiunque si imbatta in lei. Simpatia che lei ricambia con tutti e specialmente con i bambini per i quali ha un’autentica predilezione.

  Dunque alla fine del mese di marzo, Yuki che poteva avere un mesetto e mezzo, l’abbiamo adottata e accolta in casa nostra, che poi è il piano sottostante a quello di mio fratello. Il nostro spazioso appartamento è il suo regno; quello di sopra invece è la sua seconda casa dove in effetti ha abitato nei primi giorni della sua esistenza e dove ora viene accolta in nostra assenza con lo stesso amore e attenzione con cui l’accogliamo noi, o semplicemente quando lei ci fa capire, grattando insistentemente la porta, che vuol salire sopra dagli “zii”. Noi invece siamo i suoi “genitori”. Yukina e più raramente Yuketta sono i diminutivi e i vezzeggiativi con cui la chiamiamo un po’ tutti e con cui tutti ci rivolgiamo a lei per amarla, coccolarla e anche rimproverarla, quando serve. Devo dire che Lella, mia moglie, è più severa di me su taluni aspetti educativi, specie su quelli relativi ai bisognini che ogni tanto fa in casa invece che in veranda; su quelli relativi all’alimentazione sono io quello più severo. Ad esempio, io evito di darle il nostro cibo mentre siamo seduti a tavola; semmai mi alzo e gliene porto un po’ nella sua ciotola, un pezzetto di carne, o di formaggio o di prosciutto, ecc. Mia moglie invece si fa impietosire e la imbocca spesso e quindi Yukina, sapendo che il suo atteggiamento di supplica paga bene, se ne sta implorante in attesa di ricevere il suo boccone, bussando anche con la zampetta sulle nostre gambe quando non è accontentata. Questo aspetto a me non piace, ma a volte ci casco pure io e mi impietosisco. Come resisterle quando seduta ti guarda mangiare ingolosita o ti bussa con la zampetta? Mi faccio corrompere con qualche piccolo spicchio di arancia di cui va molto ghiotta. Veramente è ghiotta di tutto e, se dipendesse da lei, mangerebbe di tutto e in continuazione, anche ciò che le farebbe male. Cosicché noi le compriamo i croccantini e il patè di marca e non esageriamo mai con le dosi altrimenti lei si ingozzerebbe senza ritegno.

  Sono trascorsi esattamente tre anni da quando Yukina è entrata nella nostra vita che ha cambiato in meglio. Quando la osservo o è lei ad osservarmi, gli “amoruccio mio” e gli “amoruccio bello” mi escono così spontanei che io stesso mi meraviglio, non essendo abituato ad esprimere in maniera tanto estroversa i miei sentimenti. Spesso con Lella ci diciamo che Yukina è la nostra migliore amica, affettuosa, fedele, letteralmente innamorata di noi! Lei vive per noi, in funzione di noi, e ricambiamo con estrema spontaneità tanto amore e dipendenza. Le piace tantissimo essere accarezzata, sulla testolina, sul dorso e soprattutto sulla pancia, cosicché si capovolge distesa sul divano o a terra sul tappeto con agile mossa mostrandocela come per dirci, sono tutta vostra, accarezzatemi tutta qui sotto. Fin da quando ha avuto la capacità di balzare sul letto lei pretende ormai di dormire con noi. Si sdraia tra noi due sulla coperta e anche se la spostiamo verso i piedi per stare più comodi, lei quatta quatta se ne risale in mezzo a noi; così la copriamo con il suo plaid piegato in due perché è molto freddolosa, e le auguriamo la buona notte. I suoi cinque chili e mezzo si sentono, ma ormai ci siamo abituati e non ci facciamo più caso. La mattina lei si sveglia con noi, si stiracchia con le zampette che improvvisamente sbucano dal plaid, le diciamo buongiorno, la accarezziamo e lei comincia a leccarci le mani con grande riconoscenza. Lella dice che sono tutti bacetti che ci dà, e credo che sia davvero così. Poi si alza, corricchia un po’ per il corridoio per sgranchirsi; le chiedo “lo vuoi il patè?”, lei gira su stessa come una trottola per la gioia, fa colazione e poi ritorna a letto dove la ricopriamo col suo plaid blu. Quando usciamo per andare al lavoro, specie d’inverno, lei rimane coricata e noi la accarezziamo per salutarla, ci guarda amorevole con i suoi occhioni marrone scuro e poi si rimette a dormire. Quando torniamo dal lavoro lei tutta pimpante ci manifesta la sua gioia di vederci correndo, saltando sul divano della cucina e scendendone subito dopo, in una gara per farsi acchiappare e accarezzare tutta e noi: “Ciao Yukina! Ciao Yukina, sei contenta di vederci?”, e lei che scodinzola tutta e si accarezza il viso con la zampetta come per schernirsi. Quando fa così, al contempo risulta buffa e talmente simpatica che vorresti coprirla di baci. Quando poi non è considerata ché magari stiamo conversando, allora lei sdraiata sulla poltrona di fianco comincia a scattare e ad abbaiare buffamente a intermittenza per farsi notare, come per dire: “Aho! Ci sono pure io qui!”.

  Quando la sera ci vediamo la televisione, lei vuole stare sdraiata sulle mie gambe o su quelle di Lella, per par condicio. La stessa cosa vuole quando sono a casa e mi metto a leggere sulla poltrona reclinabile; allora lei salta con agilità felina sulle mie gambe e vi si accomoda distesa per lungo. Sfrutta qualsiasi occasione di contatto con noi, che le concediamo con molto piacere: è molto gradevole sentire il suo calore sulle gambe. Così io leggo e lei dorme con il mento appoggiato sulla mia tibia come se fosse un cuscino. Quando invece sono al computer dalla cucina lei si trasferisce qui nello studio, come in questo momento che è accucciata qui sull’altro divano e dorme sotto il suo plaid, non potendosi accucciare sulle mie gambe perché ci starebbe scomoda. Quando era una cuccioletta quanto il palmo di una mano si faceva lunghe dormite sulle mie cosce mentre comodamente scrivevo al computer. Ogni tanto, dato che il divano è proprio qui accanto al tavolo, l’accarezzo sulla testolina, l’unica parte del corpo scoperta (a volte scompare totalmente sotto), lei mi guarda con occhi innamorati e poi si rimette a dormire. Lei percepisce quando rimane sola nella stanza, così, se smetto di scrivere e vado in cucina, dopo un po’ la sento arrivare giacché scrollandosi la testolina si sente il leggero scampanellio della medaglietta di metallo a forma di cuore sul collo, con incisi il suo nome e il mio numero di cellulare nel caso si smarrisse, cosa che ovviamente speriamo non accada mai. La stessa cosa avviene la sera quando dalla cucina ci spostiamo in camera da letto. Per non svegliarla, ci stacchiamo con cautela dalla poltrona o dal divano, a seconda con chi è sdraiata, e la lasciamo continuare a dormire. Anche perché abbiamo visto più di una volta che se tentiamo di svegliarla, lei ringhia e tenta pure di mordere. Devo dire che è l’unico atto ostile che attua nei nostri confronti, solo per ricordarci di non disturbare il cane che dorme. Cosicché, dopo un po’ si percepisce sola nella stanza e si alza, e quando dal corridoio sentiamo il rumore della medaglietta diciamo: “Cca è, cca è!”, “Qua è, qua è!”. Scosta la porta socchiusa, entra e balza felinamente sul letto.

  Inoltre Yukina è una gran giocherellona. Con me vuole giocare tutti i giorni a calcio, o con una pallina e con il suo giocattolo preferito: un polletto di gomma che strepita al ritmo del suo fiatone mentre lo stringe fra i denti correndo. Mi viene a cercare con il giocattolo in bocca e mi “bussa” sui piedi con la zampetta e si gira come per dirmi: “Vieni a giocare con me nel corridoio”. La seguo e tento di strapparle di bocca la pallina o il polletto. Sono scene divertenti e anche comiche. Quando ci riesco, o è lei stessa a mollarlo, me ne impossesso con i piedi e la dribblo e corro in ciabatte. Lei mi insegue abbaiando e mi mordicchia i piedi, io la evito, la scarto, indietreggio velocemente dribblandola ancora e con un rapido calcio scaglio la pallina o il pollo in fondo al corridoio. Lei corre per andare a prenderla, ritorna col trofeo in bocca e ricomincia tutta la serie spassosa del gioco. A volte ho da fare in quel momento che lei vuole giocare e così cerco di ignorarla; allora mi si para davanti e si mette ad abbaiarmi per farmi intendere che lei vuole giocare. Se posso rimandare il da farsi mi ci metto a giocare, altrimenti le faccio intendere che potremo giocare solo più tardi, non adesso, e lei dopo un po’ di “insistenza abbaiata” mi lascia in pace. A volte sul letto giochiamo che io con le braccia tento di capovolgerla con astuzia e rapidità, cosa molto difficile, e lei che si difende e mi attacca ringhiando, fin quando ci riesco a metterla con la schiena sul letto e lei con le zampette per aria tenta di mordicchiarmi oscillando la testolina a destra e a sinistra per inseguire le mie mani che tentano di schivare i suoi “attacchi”, ma senza mai farmi realmente male quando non riesco a evitarla: mordicchia senza affondare i dentini appuntiti. Accade anche che mentre sta dormendo tranquillamente, d’un tratto si sveglia e scatta balzando e abbaiando all’improvviso dalla poltrona, o dal letto e a volte anche di notte mentre dormiamo, perché sente un qualche rumore: un cane che abbaia in lontananza o altro. Lo scatto e l’abbaio sono talmente repentini che ci balzare il cuore in gola, specie se è di notte e stiamo dormendo! In quel momento vorremmo strozzarla! “Mortacci tua!” è la nostra impulsiva reazione.

  Quando viene a trovarci mio padre, lei già sente il motore della macchina che si ferma davanti il cancelletto. Drizza le orecchie e gioisce. Le dico: “Il nonno, il nonno!”, e lei scodinzola girando su se stessa. Appena lo vede entrare gli va incontro e lo annusa e gli lecca i pantaloni perché sente l’odore degli altri cani che sono in campagna. E così fa con tutti gli ospiti. Quando ci vado io da mio padre, mi faccio la breve strada a piedi portandomela al guinzaglio. Lei sale di corsa le scale trascinandomi e appena entriamo nell’appartamento la libero e lei comincia a girare per la casa fiutando ogni angolo. Poi mio padre le “offre” qualche fetta di salame che lei accetta senza fare alcun complimento, ovviamente, la gran mangiona! Quando mia moglie organizza le prove di teatro qui a casa nostra perché si è in pochi, per Yukina è letteralmente una festa. Gioca con tutti, corre, salta sui divani…  Insomma, ormai Yuketta è entrata “irrimediabilmente” nella nostra vita. Non riusciamo a immaginarne un’altra senza di lei.

  Come già detto all’inizio, abbiamo pure una gatta totalmente bianca, candida come la neve, dal pelo medio lungo e soffice come la panna; ma l’abbiamo chiamata Frida, per desiderio di mia moglie. Lei è arrivata un anno prima di Yuki. Ce l’hanno regalata i miei cognati di Caltanissetta, che abitavano in campagna e avevano in un certo momento quasi trenta gatti. Frida era la più stravagante e solitaria e aveva sette mesi quando l’abbiamo adottata. Lei ha un carattere molto diverso di Yuki, ovviamente, trattandosi di una gatta; è capricciosa e talmente lamentosa da fare spazientire. Non è mai soddisfatta di quello che ha e piange quando torna da fuori. Sì, perché lei, essendo abituata a vivere libera in campagna, ha ormai acquisito questa esigenza di uscire. Per fortuna il nostro appartamento ha due ingressi, di cui uno è a piano terra e dà su una veranda chiusa da un cancelletto, e attraverso le sbarre lei entra ed esce molte volte al giorno, e ce lo fa capire miagolando insistentemente e nervosamente, sia quando deve uscire che quando vuole rientrare. Entra, mangia e spesso vuole subito uscire nuovamente, inquieta. A volte la notte se torna tardi e non la sentiamo miagolare perché dormiamo, rimane fuori poverina. Ma che possiamo farci, se lei vuole stare più fuori che dentro casa? A volte scherzando Lella la chiama “a mezza pensione”, come se alloggiasse appunto in un albergo dove viene a mangiare e a dormire solo a suo esclusivo piacimento, e noi dobbiamo assecondarla facendole da portinai. Scherzando dico che dobbiamo darle le chiavi di casa ormai che è maggiorenne. Ci siamo comunque molto affezionati a Frida e le vogliamo molto bene. Quando lei ha voglia di coccole diventa dolcissima, con le sue fusa mentre la accarezziamo. A volte dorme pure con noi sul nostro letto, altre volte rimane in cucina, secondo la sua volubilità.

  Con Yuki hanno un bellissimo e interessante rapporto di amore e odio, ma più di amore che di odio. In un momento giocano insieme, si leccano a vicenda e si baciano; nell’altro Yuki diventa troppo invadente e d’un tratto sentiamo il suo “cai cai” poiché Frida ha reagito con una graffiata alle sue insistenti “avance”. Frida piange per tutto: quando vuole uscire e quando vuole rientrare; quando ha fame, quando ha sete e vuole bere in un recipiente diverso da quello che è in cucina, così le abbiamo messo in veranda una ciotola a parte; quando ha il cibo pronto ma vuole essere capricciosamente sollevata da terra sull’angolo del piano della cucina dov’è sistemata la sua ciotola per non farle arrivare a Yuki che si divorerebbe sicuramente tutto il suo cibo, anche se a volte avviene il contrario. Tutto sommato convivono bene cagnetta e gatta: giocano e si fanno compagnia quando rimangono sole in casa. Quando facciamo uscire a Yuki al guinzaglio, Frida viene dietro tutta contenta; poi per una qualche sconosciuta ragione rimane indietro e si mette a piangere, tanto per non smentire la sua fama di gatta lamentosa, fin quando frettolosamente non ci raggiunge. Insomma, Frida e Yuki sono i nostri simpatici animaletti domestici che mi sono divertito a descrivere in questo breve racconto. Spero di avere saputo rendere la loro innegabile simpatia attraverso queste parole, anche se queste non sempre riescono ad esprimere in pieno i sentimenti e i moti dell’animo. Sarei già contento se fossi riuscito ad esprimerne almeno la decima parte. A voi lettori l’ardua sentenza.

Angelo Lo Verme