Dalla bestia all’uomo
La natura ha dotato il mondo animale di istinti quali fattori di sopravvivenza, conservazione e riproduzione della specie. Esso, infatti, vive totalmente d’istinto e ci riesce molto bene soddisfacendo tutte le necessità del momento, senza lasciarlo deviare nell’altro istinto: quello insano di ipersopravvivenza eccessivamente orientato al futuro e spesso realizzato a discapito dei propri simili. Deviazione che pare contraddistinguere soltanto la specie umana, l’unica provvista, da circa trentacinquemila anni, di un’intelligenza superiore, di un linguaggio articolato e di un’estesa consapevolezza di se stessa e del mondo che la circonda; doti che insieme, potenzialmente, possono e devono guidarla verso un’esistenza più elevata.
E’ noto, difatti, che solo l’uomo, grazie alle doti prima dette e alle conseguenti capacità immaginative, possiede l’attitudine ad elaborare progetti a lunga scadenza, a strutturare una profonda cultura e una società complessa, riuscendo con notevole preveggenza ad andare al di là delle necessità del mero presente. E, ovviamente, questa si rivela un’attitudine vincente nella lotta per l’esistenza, ma solo se egli non prevarica altri uomini e non danneggia il pianeta in cui abita; altrimenti significa che la sua grande intelligenza e consapevolezza si sono pervertite e hanno preso una direzione totalmente egoistica e distruttiva, che riduce sempre più lo spazio vitale degli altri esseri viventi, compresi i propri simili, e pregiudica la salute del Pianeta in cui egli stesso vive. In tal modo, alla lunga, guastando la divina armonia che regge il mondo, l’intelligenza e la consapevolezza che lo contraddistinguono dal resto del mondo animale gli si ritorceranno contro come un boomerang anziché elevarlo e lo condurranno all’autoestinzione.
Anche gli animali inferiori lottano tra di loro, ma quasi sempre in maniera incruenta all’interno della stessa specie e solo per sfamare ad esempio la fame del momento, senza pianificare guerre fratricide per assicurarsi abbondanti scorte alimentari per il futuro. Oppure combattono per difendere quel pezzo di territorio strettamente necessario alla loro semplice sopravvivenza, o per soddisfare l’istinto sessuale che fa capo alla necessità vitale di tramandare i propri geni e di perpetuare la specie: nient’altro di esagerato.
Gli uomini invece combattono il loro simile, arrivando persino ad ucciderlo, per saziare la loro smisurata e perversa avidità di beni proiettata al futuro, senza essere capaci di concepire un limite minimamente proporzionato alle loro necessità reali. O lottano accanitamente per soddisfare il loro bisogno perverso di iperdominio che travalica il limite territoriale essenziale alla vita. Perversioni che nascono dal tentativo di compensare quell’insano e doloroso sentimento, più o meno inconscio, di grande vuoto interiore e di inadeguatezza del vivere. Sentimento maturato a sua volta in un contesto sociale caratterizzato da degrado e disamore e quindi da eccessivo materialismo che purtroppo va a discapito della peculiare spiritualità dell’essere umano, la quale potenzialmente dovrebbe differenziarlo dal resto del regno animale.
La natura, infatti, grazie alle sue leggi evolutive in alcuni milioni di anni lo ha trasformato dalla scimmia che fu all’Homo Sapiens Sapiens attuale. Spetta poi ad esso sapersi differenziare dalla bestia nel corso di un’esistenza media di un’ottantina d’anni, compiendo il balzo successivo a quello compiuto dalla natura, cioè incamminarsi sul percorso che potenzialmente potrebbe condurlo all’Homo Angelicus, o Homo Divino, o Homo Illuminato, attraverso pratiche interiori di evoluzione della consapevolezza e dell’amore. Purtroppo però solo pochi uomini sono riusciti ad arricchire il loro cuore e ad impreziosire la loro esistenza con l’amore, come Krishna, Buddha, Mahavira, Zarathustra, Gesù, San Francesco, Madre Teresa di Calcutta, Osho e pochi altri capaci di lasciare il pianeta migliore di come l’avevano trovato. Non che tutti gli uomini debbano illuminarsi, ma quantomeno dovrebbero intraprenderne il cammino ed evitare soprattutto di lasciar sprofondare la loro anima nell’oscuro abisso in cui opera l’Homo Diabolicus.
La maggioranza degli uomini invece vi sprofonda, purtroppo. Così, poveri dentro, a causa di un disperato tentativo di riequilibrio interiore essi credono di sentirsi al sicuro solo iperdominando gli altri all’interno di quei vasti spazi che cercano di conquistarsi con qualsiasi mezzo, rimanendo in tal modo confinati nel malinteso e innaturale superomismo nietzschiano, inesistente in tutto il resto del regno animale ove la volontà di potenza si riduce alla mera necessità di sopravvivere, non rendendosi mai necessaria la realizzazione di un superanimale che intende ipervivere a discapito dei propri simili. Quando invece la realizzazione dell’uomo vitale, forte e capace di imporsi, è naturale che avvenga senza alcun limite soltanto nella sua interiorità, per ingigantirla e lasciarvi maturare dentro tutto l’amore e la compassione possibili, e quindi nel totale rispetto della libertà e della dignità altrui. Questo è il superuomo a cui l’umanità dovrebbe ambire: un superuomo mosso nella vita dai suoi sani istinti e guidato da una ragione illuminata. Un superuomo, o semplicemente un uomo sicuro di sé e senza paure, sereno e possente dentro, capace di auto conoscersi e con caratteristiche altamente spirituali. Invece il cosiddetto superuomo nietzschiano è pervaso dal timore dell’altro poiché virtualmente lo ostacola nella sua volontà di potenza e perciò deve combatterlo. Ma la lotta lo rende inquieto, insicuro e incapace di dare e ricevere amore, rimanendo paradossalmente egli stesso dominato dalle sue paure e dall’odio o quantomeno dalla mancanza di compassione per gli altri, regredendo inevitabilmente nell’Homo Diabolicus o nell’Homo Inetto se rimane relegato nell’inazione.
Per non avere paura degli altri invece, per non vedere gli altri come potenziali competitori nella vita, per non incorrere nell’errore della corsa all’ipersopravvivenza e alla perversa volontà di potenza, e dunque per evitare tutte quelle conseguenze che inevitabilmente culminano negli asti, o, peggio, nelle guerre, basta quindi divenire consapevoli e padroni della propria interiorità e delle proprie paure. Serve questo per superare quest’ultime e sviluppare l’amore al posto dell’odio, per giungere all’agognata pace dell’anima in contrapposizione alle esclusivissime perversioni dell’uomo che ha deviato i suoi istinti e la sua ragione. E’ chiaro che tutto ciò in definitiva si rivela come il più sicuro ed efficace antidoto al male.
Angelo Lo Verme