Questione meridionale. Sempre in attesa
Se la legislazione fiscale, il prezzo dell’energia, la previdenza, il credito, sono uguali a Milano, Roma e Campobasso o Grottole per quale bislacca ragione un investitore –che sia di Roma, Milano, tedesco o di Grottole- deciderà di investire a Grottole?
Cioè la unitarietà delle legislazioni favorisce le aree più avanzate e svuota quelle in ritardo nello sviluppo. Il disastro crescente che la legislazione unitaria produce impone così di intervenire episodicamente con “trasferimenti” per compensare molto parzialmente le emorragie e tamponare le crisi sociali più esplosive.
È un fenomeno presente in tutto il mondo in maniera differente ma nel Mezzogiorno d’Italia, per svariate ragioni, ha assunto i contorni della proverbialità.
Questa che abbiamo schematicamente descritto viene chiamata sommariamente la Questione meridionale.
Se a questa Questione si risponde con la costruzione di acciaierie o petrolchimici, mega impianti fotovoltaici e eolici, strade e ferrovie a spese di soggetti esterni al Sud e per il profitto di soggetti appaltati esterni al Sud, non si fa altro che creare monumenti alle teorie economiche di economisti che non conoscono la realtà meridionale anche se discettano come fossero veri economisti. E tutto rimane immutato; laddove, come detto, è la unitarietà della legislazione economica che va rimossa: a titolo di mero esempio la energia verde realizzata al Sud è molto maggiore di quella che il mercato locale assorbe e quindi viene esportata senza che al Sud rimanga nulla; inoltre il consumatore meridionale sia famiglia, sia impresa è chiamato a pagare l’energia con oneri e sistemi di calcolo che sono pensati e calcolati per l’Italia intera. Se invece il prezzo di vendita al sud tenesse conto dei costi effettivi e quindi fosse molto più basso l’intera economia meridionale sarebbe più competitiva. Con vantaggio di tutta l’Italia.
Se poi si pone mente al fatto emblematico che pur essendo noi del Sud il secondo produttore di petrolio d’Europa, paghiamo i carburanti il trenta e passa per cento in più della Slovenia che non produce petrolio, si capisce che dimensione ha il sistematico esproprio che sta subendo il Sud da decenni (di materie prime come appunto il petrolio ma anche risparmio, menti, capacità imprenditoriali, braccia, energia) a favore delle burocrazie politiche romane e delle imprese/finanze del Nord.
In sintesi è questa la ragione dei fallimenti della politica economica unitaria. Non è la spesa pubblica o quella delle grandi imprese private a cambiare il destino della economia meridionale ma si deve puntare alla crescita delle imprese meridionali -o che si installeranno al Sud-. Solo così si ottiene uno sviluppo effettivo e cioè autopropulsivo e lo si raggiunge restituendo al sud un “clima” economico e burocratico amico e non ostile allo sviluppo.
Se poi non esiste come effettivamente non esiste una scuola economica meridionale che si faccia portatrice di queste istanze -peraltro visibili ad occhio nudo- non c’è neanche futuro: rimarremo preda degli abbagli e degli interessi delle mega organizzazioni economiche esterne al Sud. In questa situazione solo le organizzazioni malavitose beneficeranno dello stato di desertificazione economica che le politiche economiche unitariste hanno prodotto e continueranno a produrre.
Il deficit infrastrutturale sofferto dal sud altro non è che una cambiale che lo stato unitario ha verso il Sud e che non è stata ancora onorata. Anche se lo dovesse essere da subito, sarà comunque onorata tardi e male per la obsolescenza economica e tecnica che incontestabilmente è intervenuta nel frattempo. Quindi la regola sacrosanta del 34% arriva tardi e forse è parziale vista la differenza di Pil ormai stabilmente registrata.
In una situazione così gravemente compromessa non solo per il Sud e non solo al Sud Italia (ma dappertutto nel mondo dove esistono dei “Sud” che vengono economicamente, socialmente ed umanamente svuotati dalla coesistenza con realtà che invece attraggono investimenti) la evoluzione della tecnologia aggrava le differenze accentrando poteri nuovi nelle mani di sempre meno persone. Si entra però in un altro capitolo ancora più grave di cui ci occuperemo un’altra volta.
E la Questione Meridionale rimane sempre lì in attesa.
Canio Trione