Cattura, maltrattamento e uccisione di fauna selvatica

Il Tribunale di Udine, in composizione monocratica all’udienza in rito abbreviato del 21 febbraio scorso, ha pronunciato sentenza (Sent. n. 328. dep. il 2/3/22) a carico di un cacciatore accusato di vari reati ai danni della fauna selvatica, tra cui maltrattamento e uccisione di animali, uccellagione, detenzione di fauna selvatica protetta ecc. I fatti furono accertati il 14 gennaio 2019 quando personale del Corpo Forestale Regionale Friuli Venezia Giulia, unitamente ad una Guardia Venatoria, si portavano in località Sclaunicco, nel comune di Lestizza (UD), nei pressi di una scarpata coperta da vegetazione, dove – in precedenza – era stata individuata una rete (a tramaglio) da uccellagione. Impigliato in quella rete, veniva rinvenuto un tordo sassello e gli operanti si appostavano nei pressi per attendere l’arrivo dell’autore che sopraggiunse poco dopo e che, con una scala occultata precedentemente nella vegetazione, prelevava il tordo incagliato. L’uomo fu fermato e furono fatti i sequestri di rito del materiale e della fauna. Nella rete fu poi trovata anche una cinciallegra morta.

Date le circostanze, gli operanti procedevano alla perquisizione personale e veicolare da cui non emergevano ulteriori elementi di interesse investigativo. La perquisizione venne estesa all’abitazione dove, in un congelatore, furono rinvenuti 53 uccelli morti di cui 2 tordele, 6 tortore dal collare, 22 fringuelli, 6 peppole, un pettirosso e 16 storni, tutti appartenenti a specie protette, mentre in una voliera furono trovati un fringuello e una capinera, specie protette, privi di anello e di documentazione attestante la legittima provenienza. Fu poi trovato anche un frosone senza anello e relativa documentazione. In tutto 33 specie, alcune cacciabili (turdidi), altre no, come i fringillidi, a cui appartengono fringuelli, peppole, verdoni, verzellini, cardellini. Furono trovate anche due cartucce calibro 12 a palla unica non dichiarate.

Il Giudice monocratico ha scritto nella sentenza: «Il dato più evidente riscontrato dagli operanti è la presenza di una rete a tramaglio, nella quale sono stati rinvenuti incagliati i corpi di due esemplari di volatili, uno dei quali (cinciallegra) morto da diversi giorni, l’altro prelevato dall’odierno imputato che lo aveva messo in tasca prima che gli venisse sequestrato. È evidente la pratica della c.d. uccellagione, vietata e penalmente sanzionata senza mezzi termini dall’art. 30, comma 1, lett. E, L. 157/92. Secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, “costituisce uccellagione qualsiasi sistema di cattura degli uccelli con mezzi fissi, di impiego non momentaneo, e comunque diversi da armi da sparo (reti, panie o altri strumenti fissi, ecc.), diretto alla cattura di un numero indiscriminato di volatili” (…) L’imputato va, dunque, dichiarato senz’altro responsabile del reato a lui contestato (…) Tale reato non assorbe in alcun modo i reati di cui agli artt. 544 bis e 544 ter C.p. contestati». Si tratta rispettivamente dei delitti di uccisione di animali e di maltrattamento di animali.

Continua il Giudice: «È escluso qualsiasi rapporto di specialità, sia perché i due delitti suindicati necessitano “dell’evento” (morte o “lesione all’animale”), che non è, invece, richiesto dalla contravvenzione (il reato di uccellagione, ndr), sia perché diversa è l’oggettività giuridica delle rispettive norme incriminatrici (nel caso di cui alla contravvenzione la tutela concerne “la fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato”) i due delitti sono, invece, posti a tutela del “sentimento per gli animali”».

Fatta tale premessa il giudice entra in merito alla sofferenza patita dagli animali: «Va osservato che l’animale incagliato nella rete non è in grado di muoversi (e conseguentemente di procurarsi il nutrimento) né di utilizzare la protezione naturale dal freddo attraverso il piumaggio delle ali che non può più porre a contatto col resto del corpo. Ne deriva che, finché è in vita, viene a patire una fatica improba, decisamente insopportabile per le sue caratteristiche etologiche, tale da integrare a pieno titolo l’estremo del maltrattamento di cui all’ art. 544 ter C.p.. Quando l’animale muore per effetto di tale sforzo, si scivola evidentemente nell’ipotesi di cui all’ art. 544 bis C.p.. La sottoposizione dell’esemplare a tale sforzo superiore alle sue capacità genera quell’ipotesi di crudeltà che accomuna ambo le fattispecie in esame».

In conclusione, l’imputato è stato riconosciuto colpevole di uccisione di animali, maltrattamento di animali, di uccellagione e di possesso di munizioni non dichiarate e condannato complessivamente alla pena di mesi 8 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa. Per le altre fattispecie contestate, è stata pronunciata l’assoluzione per insussistenza del fatto. Alla LAV, parte civile, è stato riconosciuto il risarcimento del danno liquidato in complessivi 2.000 euro oltre interessi.

Ciro Troiano