La soluzione? Tirare la cinghia

In un primo momento l’inflazione doveva essere “provvisoria”, un fenomeno che sarebbe presto rientrato fino a far credere che le bollette sarebbero tornate ai livelli precedenti; poi si è cominciato a temere una sua ulteriore recrudescenza; poi, ancora, è salita troppo per gli ancestrali timori dei teutonici; infine i finanzieri hanno cominciato a pretendere remunerazioni che limitassero la perdita di valore dei loro averi liquidi.

Così siamo ad oggi con tassi di interesse già saliti e si attende che le autorità monetarie traducano questo fenomeno in statuizione ufficiale con annesso ulteriore rincaro. I reggitori di cose economiche sono abituati ai periodi di tassi in discesa e mal comprendono questi fenomeni tant’è che anche il Pnrr tanto desiderato per sbolognare masse dormienti di liquidità forse è vicino a non farne nulla… nelle secrete stanze dei banchieri che lo hanno inventato e voluto e imposto si pensa a come ritirarlo o cambiarlo a cominciare dal tasso… oppure converrà profittare della proverbiale verbosità autolesionista dei partiti italiani per dire che le regole non sono state rispettate e quindi non se ne fa più nulla.

Ma anche se e quando il Pnrr sarà rimaneggiato rimarrà come una montagna la questione tassi e inflazione. È da dire che questa non è l’inflazione prodotta dalla gara tra acquirenti nell’accaparrarsi un prodotto limitato. Qui siamo di fronte ad aumenti di costi per imprese e famiglie che fatalmente produce riduzione delle quantità finali vendute; cosa che si riverbererà sulle quantità prodotte all’origine e quindi vedremo il prezzo di queste ultime in discesa (e non in salita). Cioè recessione con tanto di maggiore disoccupazione e precarietà lavorativa. Cominciando dalle aree più indietro nello sviluppo e che sono dedite alla produzione delle materie prime e semilavorati..come il nostro sud. Anche l’aumento dei tassi di interesse va nella stessa direzione di aumento di costi e quindi il futuro non si prospetta roseo.

L’aumento dei prezzi energetici a sua volta è dato anche da una domanda tonica ma non tanto e non solo. Vi sono state questioni belliche, speculazioni finanziarie, accaparramenti o embarghi.. cioè una serie di concause che certamente l’aumento dei tassi non riesce a contrastare.

Quindi questa è una inflazione che non è inflazione come ce lo hanno spiegato a scuola e quindi questo è un aumento dei tassi che non sarà curativo della febbre inflazionistica.

L’aumento dei costi energetici e creditizi nel frattempo si sta trasferendo sui prezzi dei prodotti finiti e la conseguente recessione si sta diffondendo. Che si fa? Si seguono i canonici aumenti dei tassi per fermare i prezzi? Laddove ne sono una concausa? e se no, che si fa?

A complicare maledettamente la situazione c’è che non tutte le aree d’Europa hanno lo stesso tasso di inflazione. Quindi portare i tassi di interesse per esempio al cinque è penalizzante per molti, ma non risolutivo per quelli che hanno l’inflazione maggiore cioè i più ricchi. Cioè nel migliore degli scenari i costi saranno a carico di chi è ancora in deflazione mentre chi soffre di inflazione se la terrà anche se debolmente contrastata dall’aumento dei tassi.  E questo è lo scenario migliore e cioè l’ipotesi in cui l’aumento dei tassi riuscirà a rallentare molto debolmente la corsa dei prezzi.

Contemporaneamente non ci si può dimenticare del rincaro del costo del credito per i debitori cominciando da imprese e enti pubblici con relativa pressione all’ aumento di tasse…e prezzi e tariffe. Sembra cioè che la situazione sia sfuggita di mano ai decisionisti supremi e che non si sappia che pesci pigliare.

E se non lo sanno loro che possono pigiare qualunque bottone vogliano, non ci resta che stringere ancora la cinghia, fino a che non si romperà.

Canio Trione