Lo scudo antispread: l’Italia ad un bivio

La BCE ha costituito una Commissione ad hoc per studiare la questione e da alcune indiscrezioni pare che vogliano comperare i titoli dei paesi a tassi maggiormente in tensione, magari con i soldi dei tedeschi che invece hanno bisogno di ridurre la liquidità al proprio interno; quindi una specie di uovo di Colombo per gli “esperti” di Francoforte ma una bestemmia per tedeschi e olandesi. Naturalmente non se ne farà niente senza ulteriori giravolte inimmaginabili alle menti normali (e quindi sarà l’ennesimo solenne svarione)”.

Questo scrivevamo alcuni giorni fa a commento della notizia di una ipotesi di “scudo antispread” da escogitare da parte della BCE. Oggi, come dicevamo in assoluta anteprima, la Germania per bocca di Joachim Nagel, governatore della loro Banca Centrale, dice che le ipotesi sul tavolo (che certamente conosce molto meglio di noi) devono prevedere delle condizioni precise che grossolanamente possiamo riassumere nell’effettivo commissariamento dell’Italia. Cioè ha detto: no se non a condizioni draconiane e precise. Immaginiamo che sappia che l’alternativa a questa specie di commissariamento è il fallimento del debitore pubblico Italia o la sua uscita dall’euro.

Come si pretende che l’opinione pubblica guardi con simpatia all’Europa se le condizioni e i linguaggi sono questi?

Ma Draghi che di queste cose ci sembra pratico non poteva prevedere che queste ipotesi non sono praticabili come noi lo abbiamo previsto? La BCE, a sua volta, non sapeva del caratterino dei tedeschi? Ma quello che più conta è che la questione spread non è data da influssi astrali ma dal fatto che in uno spazio economico così grande come eurolandia le economie non possono non essere differenti tra di loro e quelle differenze sono ulteriormente dilatate proprio dalla unitarietà della politica e dai tassi della BCE. Dilatazione delle differenze tra economie che è l’inverso dei principi su cui si fonda la UE e la BCE. Quindi la Presidente Lagarde avrebbe dovuto dire alla Germania che se a casa loro esiste la necessità di aumentare i tassi lo si farà con precisione e subito, accontentandoli; ma gli altri cosa c’entrano? Se poi per via di fatti un po’ eccezionali come una guerra e una pandemia, in certi stati l’inflazione non è da domanda (cioè da eccesso di ricchezza e di liquidità) ma da costi la musica cambia totalmente perché l’inflazione da costi è da trattare quasi come una deflazione e non certo aumentando ulteriormente i costi accrescendo i tassi di interesse.

Non mi sembrano concetti molto difficili e non credo che ai funzionari di Francoforte sfugga la circostanza che l’alternativa al nostro suggerimento è la implosione della UE già bersagliata dagli effetti di una guerra economica che forse si poteva fare diversamente. Euro che dalla sua introduzione è sempre stato sul punto di implodere.

La interpretazione più “buona” che vogliamo attribuire a questa ennesima questione monetaria relativa all’euro è che veramente gli “esperti” si sono incartati in ipotesi tecniciste e quindi errate in partenza, sia per i tedeschi che per gli altri. Il Nagel a sua volta non riesce a resistere alla tentazione di controllare l’Italia: qualcuno dovrà dirgli, simpaticamente, che è dai tempi di Giulio Cesare che insistono con questa idea balzana; conviene convincersi: non è cosa vostra, rassegnatevi.

Canio Trione