Il voto liquido

L’elettorato italiano è stato nella seconda repubblica molto più volatile di quanto non lo sia stato nella prima; è passato da Prodi a Berlusconi per evidente insufficienza delle idee della sinistra; ha dovuto poi tenersi -subìti e non scelti- alcuni “governi del Presidente” o tecnici rivelatisi un disastro; poi scontento nuovamente, l’elettorato ha cercato un’ancora di salvezza nel movimento di Grillo, anch’esso rivelatosi, alla prova dei fatti, deludente. Cioè si vota non tanto per condividere il nuovo che avanza quanto per scappare dal vecchio che non vuole morire pur avendo visibilmente fallito.

Oggi, dopo essere stati delusi da tutti e specialmente da tecnici, ex comunisti travestiti e pifferai vari, siamo all’ennesimo tentativo di cambiamento reso obbligatorio dopo un disastro (che peggiore non lo è stato mai) con le varie e ricorrenti epidemie gestite malissimo con decine di migliaia di morti (secondo le stime ufficiali esclusi gli effetti collaterali che non sono stati ancora ufficialmente quantificati), una situazione economica disastrosa, una guerra in cui abbiamo profuso fiumi di soldi senza sapere quale ne sarà il ritorno economico, debito alle stelle, inflazione ed energia fuori controllo.

A urne chiuse gli “esperti” si scateneranno come sempre in improbabili psicoanalisi del voto per capire perché gli italiani hanno votato in quella maniera. Televisioni e giornaloni si riempiono di valutazioni quasi che il corpo elettorale possa essere considerato una persona sola da psicoanalizzare. I sondaggi sempre più sofisticati ci dicono fin d’ora che anche questa volta si cambierà umore; sembra però difficile che possa cambiare qualcosa. Vediamo perché.

La destra che sembra essere sul punto di vincere, modificherà qualcosa nella guerra in corso? O nei rapporti con la UE? O nella politica energetica e tariffaria? O in quella del debito pubblico? Anche solo leggendo i programmi (per quello che valgono) non sembra siano all’orizzonte cambiamenti epocali e neanche modesti: non v’è una idea diversa o originale o quanto meno specifica di uno schieramento ideale. Troviamo la solita questione costituzionale del presidenzialismo (ma Renzi non ne provò uno che fu sonoramente bocciato?) che però non si sa a cosa debba servire visto che nessuno ha una idea di cosa fare che già non si possa dire e fare. Cioè: tutto questo potere in più al Presidente (che già ne ha abbastanza) a cosa deve servire? A toglierci altri soldi dalle tasche? O a fare la voce grossa in Europa o con la Cina e gli Stati Uniti? O riprendendoci le aziende che abbiamo venduto sotto costo alle corporations estere? O forse (più probabilmente) gli serve come voleva fare Renzi a conservare la poltrona per più tempo? Non si sa, e neanche lo si immagina e credo non lo sappiano neanche coloro che lo sostengono visto che ci pare improbabile che si voglia fare politica di potenza mostrando i muscoli; sembra che non avendo altro da dire si tira fuori questo antico argomento ormai fuori dal tempo e privo di senso.

Quindi gli schieramenti non sanno cosa proporre e gli elettori cambiano partito solo per cacciare via il vecchio (come si faceva alla fine di ogni anno buttando dalla finestra le cose vecchie) e tentare la fortuna con un altro.

Risultato sarà la conservazione dell’esistente? Certo, secondo gli uscenti che saranno confermati e che credono che gli italiani accettano tutto; anche se protestano alla fine accettano e… rivotano ai loro stessi macellai che contestano e quindi avremo cinque anni di dominio incontrastato dell’attuale modo di governare.

In realtà -diciamo noi- il voto “di protesta” che non si materializza in una proposta è, appunto, solo una protesta cioè un voto a metà; se la proposta non viene rappresentata e se la protesta non si traduce in alcun cambiamento convintamente rappresentato dai politici eletti, la parola passa alla piazza, non più agorà ma campo di scontro tra gli scontenti e i mercenari dei governanti.

Questo scenario è vieppiù favorito dalla legge elettorale che garantisce i seggi solo a coloro che sono designati dalle segreterie dei partiti e non certo dagli umori popolari che così sono di fatto imbavagliati. Uno scenario cupo che è determinato dalla volontà esplicita di non lasciare alcuno spazio a modifiche ad un percorso evidentemente scelto ed imposto “lì dove si può ciò che si vuole”. Circostanza che non sfugge alla marea crescente dei complottisti che vedono in questa insistenza in una linea politica fallita la conferma della esistenza di una regia occulta ben sopra ogni governo.

C’è abbastanza per una specie di guerra civile.

Quindi mai come questa volta si deve votare stando ben attenti a non premiare coloro che direttamente o indirettamente hanno portato l’Italia a questa situazione; premiare i distruttori della nostra società ed economia con il voto significa passare per fessi; agli italiani che ancora non sono sul libro paga dei partiti uscenti, che hanno a cuore il futuro di tutti noi e che hanno ancora un minimo di amor proprio diciamo di non farsi prendere ulteriormente… per il naso.

Canio Trione