La libertà tarpata
Tarpare le ali, con questa efficace locuzione si indica la condotta di chi impedisce a qualcuno di manifestare o sviluppare le proprie capacità e attitudini. Ma tarpare le ali indica soprattutto il tagliare la punta delle remiganti a un uccello, per impedirgli di volare, per impedirgli in pratica di esercitare il suo modulo comportamentale più naturale: volare, appunto. È una silente quanto crudele tortura, che tarpa la libertà.

Alcuni giorni fa, i militari del Nucleo Carabinieri C.I.T.E.S. di Salerno, a conclusione di mirata attività investigativa rivolta all’accertamento delle condizioni detentive di specie appartenenti alla fauna sia autoctona che alloctona (selvatica e no), eseguita nel Comune di Bellizzi, hanno sequestrato 8 fenicotteri rosa (Phoenicopterus ruber roseus), 3 fenicotteri rossi (Phoenicopterus ruber ruber), uccelli protetti dalla Convenzione di Washington (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione), e 3 pellicani bianchi maggiore (Pelecanus onocrotalus). A tutti gli individui sequestrati, al fine di evitarne la fuga dalle aree recitante loro destinate, erano state tarpate per l’intera lunghezza entrambe le ali, mediante recisione delle penne remiganti primarie e secondarie. Sul posto sono intervenuti anche i dirigenti medici veterinari dell’Asl di Salerno, che hanno preso parte a tutti gli accessi eseguiti presso le aree e le strutture del compendio destinate al ricovero degli animali. La condotta di tarpare le ali causa sevizie e lesioni senza necessità e configura il reato di maltrattamento di animali, condotta prevista e punita dall’art. 544 ter del Codice Penale. Per questo motivo il responsabile è stato deferito all’Autorità Giudiziaria.
“Queste vere e proprie mutilazioni comportano da un lato uno sbilanciamento nella deambulazione, la predisposizione all’insorgenza di patologie dell’apparato muscoloscheletrico e dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio e, dall’altro, stress e frustrazione nell’animale, mortificando l’istinto naturale delle specie alla migrazione ed alla fuga in caso di pericolo o tentativi di predazione,” si legge nel comunicato diffuso dai Carabinieri.
L’art. 544 ter del Codice Penale sanziona colui che, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche. Nel reato di maltrattamento di animali, la nozione di lesione, sebbene non risulti perfettamente sovrapponibile a quella prevista dall’art. 582 c.p. (lesioni personali), implica comunque la sussistenza di un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell’animale che, pur non risolvendosi in un vero e proprio processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, sia comunque diretta conseguenza di una condotta volontaria commissiva od omissiva. Nel maltrattamento di animali, quindi, la lesione non deve essere necessariamente cronica: sussiste il reato anche se le lesioni provocate non sono croniche. Proprio per un caso relativo a lesioni alle penne di alcuni volatili, la Corte di Cassazione ha escluso quale elemento scriminante la possibilità che tali penne potessero ricrescere.
Ciro Troiano