Lavoro e tecnologie

Uno degli effetti visibili dello sviluppo delle tecnologie sta nella inutilità, almeno apparente, del lavoro. Le macchine sostituiscono legioni infinite di lavoratori che così non servono più. Intere generazioni ormai demotivate attendono su un sofà, dialogando con il computer, che qualcuno offra un senso alla loro attività e alla loro vita. Molti vorrebbero essere asserviti ad un padrone benefico (o impresa) che però non c’è; altri, propensi all’autoimpiego, sono intimoriti dalla diseguale concorrenza con altre imprese più grandi e con lo stato che si dichiara sempre pronto a colpire le piccole imprese e le nascenti.

Si attende; cosa? Oppure è possibile un altro mondo? E quale?

I mondialisti efficientisti dicono che alla tecnologia e al suo sviluppo non si può opporre nulla e quindi il futuro sarà uguale al passato che è stato fatto di crescita sfrenata delle tecnologie. Lo sviluppo delle tecnologie è per loro fenomeno eterno ed intangibile: un totem e una religione vera e propria. Sta di fatto che quelle tecnologie producono in ogni parte del mondo conflitti armati che altro non sono che guerre tra tecnologie che portano distruzioni immani. Non solo, anche nella ordinaria vita quotidiana la uccisione di piccole imprese e di abitudini sedimentate nei secoli (per mano della tecnologia) produce un peggioramento della qualità della vita che è di tutta evidenza e dal quale si cerca di fuggire in ogni modo e in ogni momento libero.

Comunque la tecnologia sta generando povertà e non ricchezza come promette.

Così come la plastica non ha prodotto i progressi attesi e ci ha riempiti di rifiuti che non si sa dove mettere; così come l’avvento del petrolio e delle benzine ha deformato il clima con danni incalcolabili; così come la energia atomica, lungi dal risolvere tutti i problemi come ci dicevano, ha reso incerta la sopravvivenza del pianeta intero; così come la chimica ci ha propinato una agricoltura e una alimentazione falsa; così tutti gli altri frutti della tecnologia, dal cemento all’eternit, dalla chimica alla farmaceutica, hanno, al più, compensato i vantaggi con svantaggi spesso epocali.

Alla filosofia politica si chiede uno sforzo che superi la religione del modernismo tecnologico; modernismo nato con il futurismo dell’inizio del ventesimo secolo ma che ha mostrato la propria totale vacuità se non dannosità. Dopo un secolo e dopo i disastri del XX secolo serve tornare alla normalità.