Heritage: lo spettacolo che porta in scena la Puglia migliore

Se nella maggior parte dei casi siamo soliti associare la musica alle scene di un film, Il M° Giuseppe Bini – pianista, compositore diplomato presso la prestigiosa Accademia di Santa Cecilia di Roma e direttore d’orchestra – ha voluto associare una colonna sonora ad un romanzo, lasciandosi ispirare da “Le tre del mattino”, titolo dello scrittore pugliese Gianrico Carofiglio per la sua musica “di scena”.
Il risultato è «Visions Symphoniques», un poema sinfonico composto da Bini su commissione ed esecuzione dell’Orchestra della Città Metropolitana, costituito da quattro distinti quadri tra l’onirico e il reale, tra il sonno e la veglia, adattati agli episodi del romanzo più emblematici, scelti dallo stesso compositore.
La storia narrata nel romanzo infatti, è proprio quella di un padre e un figlio che, trovatisi in una circostanza particolare, trascorrono due notti e due giorni senza dormire in una Marsiglia ‘doppia’, quasi irreale, dove la percezione del tempo risulta spesso alterata e allucinata.
Il connubio simbiotico tra recitazione e musica, diventa lo spettacolo dell’intera seconda parte di “Heritage” una delle più importanti e significative produzioni dell’Orchestra della Città Metropolitana di Bari, andato in scena in prima assoluta all’Auditorium Nino Rota di Bari e in replica al teatro comunale Luciani di Acquaviva delle Fonti recentemente ristrutturato.
Heritage, letteralmente ‘eredità’ fa seguito all’esecuzione dei brani di Piccinni (lo spettacolo prevede anche l’esecuzione della Sinfonia da Catone in Utica) e Rota (in programma la sua Sinfonia n.3 in Do) che costituiscono tutta la prima parte del concerto e, insieme ad essi, compone quell’eredità, appunto, che si vuole lasciare agli spettatori.
Lo spettacolo si configura dunque come un percorso, un racconto che parte da lontano, con i due compositori di un passato ora remoto, ora più recente, e si arricchisce nel suo cammino delle parole, grazie al prezioso incrocio tra musica e letteratura affidato due autori contemporanei – Bini e Carofiglio – che rappresentano l’approdo del viaggio nell’epoca attuale.

Heritage è una performance che porta sul palco la sua carrellata di eccellenze Pugliesi: iniziando dai due compositori a cui è affidata la prima parte dello spettacolo. E’ barese Niccolò Piccini, maestro dell’Opera buffa napoletana e figura centrale dell’opera italiana della seconda metà del XVIII secolo. A Nino Rota, compositore tra i più influenti e prolifici della storia del cinema, pur non pugliese, questa regione deve molto: è stato infatti docente presso i conservatori di Taranto e Bari e, di quest’ultimo – dove oggi viene ricordato con un Auditorium che porta il suo nome – anche direttore. Non un caso che la scelta della sua composizione da eseguire in Heritage sia caduta su una sinfonia composta proprio nelle aule della scuola di musica del capoluogo. Rappresenta tutta la Città Metropolitana, ovviamente, l’Orchestra che ne porta il nome, col suo direttore artistico M° Vito Clemente, a cui è affidata l’esecuzione dei brani in programma e il delicato compito di ‘inserirsi’ fra il passato e il presente, fra le parole del testo senza sovrastarle. Del capoluogo pugliese sono anche i due autori contemporanei, lo scrittore Carofiglio e il compositore Bini, i cui talenti nei rispettivi ambiti compositivi sono apprezzati e riconosciuti in tutta Italia. Non in ultimo, ha origini barlettane il M° Alessandro Crudele alla direzione dell’orchestra per questa produzione, una delle bacchette italiane della nuova generazione più apprezzate al mondo, definito dalla stampa tedesca “un giovane e saggio stratega del podio”.

Bini col suo poema sinfonico riesce a tradurre in musica le parole, a tratteggiare i diversi stati d’animo dei personaggi del romanzo e a dipingere gli scenari in cui è ambientato.
Il primo quadro dal titolo “Le soire au Vieux-Port”prende le mosse dalla descrizione di una Marsiglia malfamata. Con la sua musica dai dai toni oscuri, carica di forti contrasti sin dalle primissime battute, ora piena di pathos, ora languida, le cui note sembrano rimanere sospese nell’aria, quasi in attesa degli eventi, il brano introduce l’ascoltatore al racconto che descrive il dramma degli adulti di rimanere intrappolati in qualcosa di cui non gli interessa niente: “Succede un giorno dopo l’altro, ti carichi di cose superflue e te ne accorgi solo dopo anni”, suggerisce la voce che l’autore del romanzo presta al suo personaggio. Un sentimento di ineluttabilità espresso bene dal poeta greco Costantino Kavafis di cui Carofiglio consegna una citazione: “E se non puoi la vita che desideri cerca almeno di non sciuparla fino a farne una stucchevole estranea”.
Fa seguito il secondo quadro “Harmonies de la nuit”, dalle sonorità vagamente jazz, omaggio celato al brano “So what” di Miles Davis, a fotografare i nostri personaggi all’interno di un locale alle prese con i loro timori, le loro soggezioni, le loro parole non dette. Esattamente come le pagine del libro parlano di imbarazzi tra un padre e un figlio che scoprono, non senza una punta di amarezza, di non conoscersi affatto, così fa la musica con gli strumenti che entrano in punta di piedi sul languido ed ipnotico tema affidato alle trombe, educatamente, quasi a non voler disturbare il momento così intimo che le parole stanno raccontando.
Il terzo quadro è “Jeu de lumiere dans la mer”, dai colori scintillanti e luminosi dove la musica, nella elegante e raffinata orchestrazione condotta dal Bini, riesce ad evocare con amabile leggerezza giochi di luce nell’acqua cristallina del mare, ora sulla sua superficie, ora nelle sue profondità, è ispirato dal meraviglioso paesaggio delle calanques marsigliesi che si descrive nel romanzo.
Infine il quarto quadro sinfonico “Balikwas”, prende il titolo da una parola tagalog, la principale lingua delle Filippine, riportata proprio nel romanzo e pressoché intraducibile nella nostra lingua: ‘saltare improvvisamente da una situazione a un’altra e rimanerne sorpresi’. Qui il magico e simbiotico intreccio tra ‘suono’ e ‘parola’ raggiunge il suo apice poetico più sublime e sensuale, nel descrivere con estrema gentilezza e garbo l’amplesso amoroso tra il giovane Antonio e Marianne, fino a condurlo ad un climax carico di erotismo dove l’ascoltatore, insieme ai protagonisti dell’atto amoroso, si ritrova “su un pendio ripido dove tutto il mondo rotola, precipita, si capovolge ed esplode in una girandola di colori sgargianti”. Difficile cancellare dalla propria memoria il tema musicale lunghissimo di quest’ultima sezione, avvolgente, sospeso quasi come in una dimensione senza tempo, di rara bellezza, con cui Bini riesce a captare ed amplificare ogni respiro, sospiro e gemito della scena amorosa dei due protagonisti descritta con mirabile maestria e ricchezza di dettagli dalle parole di Carofiglio.
“I singoli eventi, tutto quello che ci capita può essere fonte di ispirazione. Io mi sono fatto guidare dal romanzo che in apparenza narra la storia di un padre e un figlio, ma che, in realtà, è anche la storia di un ricordo, visto che quasi tutta la narrazione non è altro che un flashback. Ed emozioni, ricordi, rapporti non facili, cosa non sono se non ‘Vita’ che, spesso, ci mette dinanzi a eventi totalmente inaspettati?”, le parole di Bini che ha ricordato, commosso, anche l’incredibile coincidenza per la quale la morte del suo insegnante il M° Azio Corghi, sia avvenuta quasi in concomitanza con la prima assoluta della sua opera, a lui poi idealmente dedicata dal compositore.
Non è un caso che lo spettacolo si chiuda proprio con un’altra citazione, stavolta del brillante matematico dello scorso secolo John von Neumann, sulla complessità della vita: “Se la gente non crede che la matematica sia semplice, è soltanto perché non si rende conto di quanto complicata sia la vita”, a volerci dire che, in effetti, a essere impressa in musica e in parole altro non è che la Vita stessa, con il suo inanellarsi di situazioni inaspettate.
La magia della musica di Bini non è inseguire le parole, ma accompagnarle, abbracciarle, riuscire a raccontare tramite i suoni prima ancora che arrivino i fonemi.
Sono talvolta foschi i quadri che il compositore dipinge, talaltra parlano di illusioni che presto svaniscono, ma nella sua musica si intravede sempre la speranza. Non è una storia di occasioni perdute, quella che lo ispira, semmai è il racconto di quelle sensazioni che vengono colte, esattamente prima di essere perse per sempre.
Andate a suonare quel pianoforte quando il musicista vi offre la scena, prendete il coraggio di dare quel bacio, recuperate il rapporto con vostro figlio: sembrano dirci le musiche e le parole in questa seconda affascinante parte di Heritage. “Dilapidate la gioia quando vi sorprende”. È questo il significato dell’opera. “E’ l’unico modo per non sprecarla. Tanto poi sparisce lo stesso”.
Ecco che ‘Visions Symphoniques’ è sì un incontro tra musica e parole ma anche e soprattutto fra emozioni e ricordi: è un viaggio parallelo a quello compiuto dai protagonisti del libro. Se, però, il bagaglio dei due personaggi fatti di carta è leggero per un viaggio breve, quello emotivo che viene consegnato agli spettatori è un fardello ‘pesante’, una ‘lezione’ da portarsi dentro lungo tutto il viaggio della vita.
In Heritage, dopo l’ascolto-visione della composizione di Bini, insieme alle parole del romanzo “Le tre del mattino” di Carofiglio, si torna a casa con un’inquietudine strana, nuova, con la voglia di trovare il coraggio di fare le cose mai fatte, prima che sia troppo tardi.

Vincenzo De Marino