Questione vaccini. Che ne penserebbe San Tommaso?
Nel web imperversa l’indignazione per la mancata sentenza della Consulta sui vaccini; peraltro con una formula pilatesca. Pure tutti indistintamente asseriscono che era prevedibile (anzi, l’avevano detto già prima) visto che i giudici -dicono- non sono che espressione della politica o, secondo qualcuno, della casta. Cioè, dicono, la Consulta non è luogo di diritto e di garanzia costituzionale ma luogo di sostegno al politicante di turno che occupa le Istituzioni. Ma questo non significa forse che non abbiamo più una vera e propria Corte che ci garantisca dalla cattiva applicazione della Costituzione?
In cuor loro evidentemente serbavano nascostamente una, anche se piccola ed inconfessata, fiducia in quella Istituzione; speravano che almeno per salvare le apparenze qualcosa si sarebbe mossa verso il ristabilimento della normalità giuridica così drasticamente scossa alle fondamenta dalla “urgenza” ed imprevedibilità dell’allarme sanitario. E invece anche quell’ultimo scampolo di fiducia è stato tradito.
Vero è che esiste ancora una vasta platea di gente che pur con qualche crescente dubbio continua a credere che forse il vaccino fosse tale (cioè immunizzante) e che un qualche vantaggio lo abbia dato; e quindi a costoro serviva dare una conferma esplicita possibilmente autorevole che non sono stati presi per il naso. Quindi la Consulta ha detto che non vuole esprimersi per ragioni processuali ma visto che c’era ha dato la sua opinione rassicurante (evidentemente personale e non Istituzionale) diretta proprio a quella maggioranza che potrebbe arrabbiarsi. Rimane la questione della immensa vastità della platea coinvolta, la gravità delle questioni di diritto, la incapacità di trovare una formula che salvi capre e cavoli per uscire da questa situazione di sospetto se non di contrapposizione tra cittadini e Istituzioni che mina alle fondamenta il patto sociale.
La legge fiscale è ingiusta e quindi, per dirla con San Tommaso, non è vera legge ma la corruzione di una legge e un atto di violenza. Quindi lo Stato di diritto deve emanare leggi giuste se no è una dittatura fondata sulla discrezionalità -pur con le sembianze della legge formale- e non sul diritto. La burocrazia è anch’essa evidentemente ingiusta e dannosa per il vivere civile e per lo sviluppo dell’economia e della stessa socialità. Adesso anche la sanità viene vissuta come fatto dittatoriale (quindi ingiusto) e non come servizio verso la gente…ma dove siamo? in più la giurisdizione civile e penale è da decenni fuori da ogni decenza come anche il livello delle garanzie di base come quelle costituzionali.
È ormai tutto ingiusto?
Ma come si è arrivati a questa situazione? Il caso del comunicato del primo di dicembre offre una opportunità di riflessione che partendo dal caso specifico coinvolge l’intera disastrosa situazione delle nostre Istituzioni. In quel caso troviamo coinvolti non solo il comportamento della Consulta ma anche tutta la sequenza delle leggi e decreti che hanno prodotto questa situazione. Quale cultura, mentalità, idealità o cose simili può aver ispirato provvedimenti di questa portata e natura? La cultura cattolica e, più in generale cristiana, mai avrebbe pensato in nessun caso alla negazione di uno stipendio e di un lavoro -peraltro prezioso e necessario per la collettività tutta- per qualunque ragione. mai e poi mai si sarebbe pensato da parte di Moro o Andreotti di indurre se non costringere in quella maniera la gente a inocularsi una cosa ancora non testata se non affrettatamente. A quale scuola hanno studiato queste persone che hanno immaginato, realizzato e adesso sostenuto oltre ogni evidenza una strategia così “strana”. La nostra cultura e il nostro diritto prevede che solo un obbligo di legge può, se violato, far scattare la pena che a sua volta non può e non deve essere altro che educativa e non certo penalizzante; e, in ogni caso, commisurata alla violazione stessa. Non esiste altro. Né si può obbligare ad un trattamento sanitario quale che sia. E tanto meno minacciando la sospensione dello stipendio come forma quasi estorsiva se non la si vuole chiamare pena. E pure senza indennizzi per gli eventi avversi possibili. Non serve cercare l’articolo della Costituzione, dei Trattati internazionali, delle carte dei Diritti umani o di altre solenni dichiarazioni che lo preveda: è fuori dalla nostra civiltà non solo giuridica. Qui siamo in un mondo che non ci appartiene, che nega le radici cristiane, latine, greche, della nostra convivenza; quindi non esiste nessun temperamento al giudizio negativo di quel mondo: va rigettato senza alcun indugio.
Cosa accadrà adesso? Nulla, si continuerà con la carta bollata in Italia e in Europa fino a che la vox populi prevarrà; quando? non si sa! nel frattempo chi ha effettuato la lesione del diritto capitalizzerà il frutto dello scippo effettuato a danno di tutti noi come premio del suo perverso ardimento. E poi lo rifarà nuovamente, sempre con il sostegno della massa silente guidata dai media (come ci hanno insegnato Hitler, Mussolini e tanti altri), ma con altre modalità e in campi apparentemente differenti sempre utilizzando le nuove tecnologie; e noi, più o meno coscientemente, a guardare e subire.
Canio Trione