Sapori e profumi: il turismo come esperienza emozionale
Gli ultimi dati forniti dall’UNWTO (United Nations World Tourism Organisation), l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite che si occupa a tutto tondo del comparto turistico, mette in evidenza la diminuzione del 20-30% nel 2020 rispetto al 2019 a livello globale degli arrivi di turisti internazionali. Ciò è destinato a tradursi in una perdita di 300-450 miliardi di dollari (270-407 miliardi di euro) di potere di spesa da parte dei viaggiatori internazionali. A tutto ciò, si aggiunge, l’annuncio dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che prevede come lo shock Covid-19 potrebbe causare una contrazione del 45 -70% nell’economia turistica internazionale per tutto il 2020 con una perdita di 75 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo, di cui 6,4 milioni solo nell’UE.
Un driver su cui puntare e potenziare è dato dal turismo enogastronomico. La capacità attrattiva di determinato territorio dipenderà non soltanto dalla sua bellezza paesaggistica, monumentale o architettonica, ma soprattutto dal valore percepito delle sue tradizioni, usi, esperienze immateriali legate alle produzioni enogastronomiche.
Nella società post-moderna i turisti non chiedono più beni e servizi, ma esperienze emozionali che li coinvolgano in prima persona: per questo motivo le nuove strategie del mercato turistico focalizzano l’attenzione sulla vendita non più di “luoghi dove andare”, ma di vere e proprie nuove “destinazioni da vivere” (MIBACT, 2016) in grado di offrire emozioni a visitatori, definiti “empirici” (Lemmi, 2009, p. 50) o “esperienziali” (Ferrari, 2006; Rossi e Goetz, 2011), che non vogliono essere banali spettatori, ma desiderano entrare in sintonia profonda con il territorio, con la gente che lo abita, lasciandosi coinvolgere emotivamente per sentirsi parte integrante di una comunità.
Giacomo Giancaspro