Filumena Marturano vs Lolita Lobosco
Edoardo nelle sue sublimi opere ci rappresenta tra l’altro e pur dietro forti tinte teatrali, lo spaccato sociale ed economico della sua epoca: la coesistenza e l’eterno incontro-scontro tra ricchezza e povertà, miseria e nobiltà, donna e uomo.
Filumena Marturano è stata recentemente riportata sullo schermo televisivo da un regista torinese apparentemente napoletanizzato e quindi con piacere l’abbiamo rivista; ed è come la prima volta. Ri-scopriamo che in essa e quindi all’epoca di Edoardo la donna è centrale, non solo nelle famiglie ma anche nelle aziende, per non dire dominante ma è sottoposta all’uomo dalle costumanze e dalla legge. La Napoli dell’epoca è popolata da operai, camerieri, portinai, artigiani, commercianti, scrittori, nessuno che percepisce soldi dallo Stato, ognuno costruisce il proprio presente e futuro da solo: lo Stato è presente solo attraverso il senatore-avvocato che mantiene con la forza della legge lo status quo anche se ingiusto. Per quell’epoca il matrimonio è un sogno per la donna perché solo con esso ci si affranca da una condizione insoddisfacente; con esso ci si sistema cioè si affida all’uomo prescelto, voluto o subito, il proprio destino. È quello un mondo ritenuto ingiusto da Edoardo che lo ha portato a stare dalla parte delle vittime e delle sofferenze che rappresenta; vittime che divengono le eroine della sua opera e quindi anche noi tutti siamo portati a stare dalla loro parte. Edoardo così si sente di sinistra e per tale viene inteso anche da un Presidente partigiano che lo fa senatore a vita.
Oggi però guardando le sue opere non possiamo non cambiare tutto e lo vediamo identitario: cioè al di la della sofferenza e delle ingiustizie socioeconomiche che non possono non essere una costante di ogni epoca e luogo, egli ci parla della Napoli vera, quella del cuore e delle passioni. Cioè l’inverso della ideologia egualitaria, tecnicista, efficientista e quindi mondialista che è la sinistra. Ed è la vera ragione della immensità dell’opera di Edoardo. Ed è la vera ragione della immensità di Napoli.
In rapida successione è utile vedere come viene rappresentata nella saga di Lolita Lobosco, la Bari di oggi, solo un mezzo secolo dopo la Napoli di Edoardo: nessuno è sposato o vuole farlo; non vi sono bambini; la donna, ugualmente centrale come decenni prima, è molto diversa: si vuole realizzare lavorativamente e quindi non vuole una famiglia vera che di fatto non esiste e non si vuole; una donna sempre più simile all’uomo; l’uomo a sua volta è ridotto a una macchietta succube il cui futuro lavorativo è solo nello Stato o in una multinazionale estera e nordica (spesso il lavoro all’estero è “l’occasione della vita” che passa una sola volta alla quale sacrificare affetti e famiglia); non v’è una impresa privata se non verdumai e bed and breakfast; tutti prendono il proprio reddito dallo Stato nel cui ambito fanno carriera e “si realizzano”: e si sentono ”realizzati” per aver scelto comodamente di essere dei rilassati dipendenti pubblici o pensionati e quindi percettori di tasse a vita pagate non si sa da chi; nella Bari della Lolita l’identità barese non esiste più se non nella sceneggiatura di contorno: nell’inimitabile accento arabeggiante, nei cibi, nelle piazze e nei monumenti che risalgono a quando esistevano uomini e donne con mestieri e culture antiche; non v’è pathos se non per insoddisfazioni lavorative e sbandate psichiche; e, ripetiamo, non vi sono bambini se non uno o due, niente più che fastidi da prendere da scuola dall’uomo.
La sceneggiata barese non sembra neanche italiana; potrebbe essere di qualunque parte del mondo se non per i luoghi che parlano di una superba civiltà apparentemente non più esistente, passata anche se affascinante; una società quella odierna ormai non solo mondializzata all’italiana ma priva di futuro e quindi in attesa di morire. Fiction che potrebbe essere stata commissionata da una giunta di sinistra ad una qualunque troupe televisiva amica.
Il grande Edoardo credeva di essere di sinistra ma oggi lo vediamo cultore e rappresentante della sua e nostra Napoli dove l’arte insuperata che leggiamo nei suoi monumenti ritroviamo nella vita di tutti giorni: vita che a Napoli viene quotidianamente creata e letteralmente strappata al destino crudele ed avaro. Destino che sembra architettato da una mente disumana che alberga molto lontano dal sud Italia.
Quella insuperabile umanità ed identità che ritroviamo anche nel più umile degli aiutanti portinai napoletani sarà superata e consegnata alla futura memoria? La società e l’economia della futura Napoli assomiglierà alla Bari omologata della Lolita? La Napoli di Edoardo sarà sotterrata definitivamente dall’esodo dei suoi figli migliori e dalla fine delle sue infinite piccolissime imprese?
Riteniamo di no. Né Edoardo né, tanto meno Napoli potranno finire mai.
Canio Trione