Uno sguardo al passato: Per scommettere sul futuro

Nell’irrazionalistica confusione dell’Occidente vi sono riscoperte del passato che lasciano bene sperare e altre che procurano, invece, un certo sconcerto.

Appartiene al primo gruppo l’affermazione di papa Francesco secondo cui l’omosessualità non sia un crimine e che i vescovi debbano accogliere nelle diocesi i gay.

Era ora che questa aberrazione dei monoteismi mediorientali rispetto alla libertà del mondo greco-romano, sempre misuratamente rispettosa della naturale bisessualità di ogni essere vivente, umano, animale o vegetale, fosse rimossa dal novero delle idiozie del doppio millennio e bene ha fatto il Pontefice a dirlo con estrema chiarezza.

Più sconcertati lascia, invece, la riscoperta dei fascisti dell’utilità di sedere, in caso di guerre, al tavolo della pace per guadagnarci qualcosa. 

Mussolini puntò sulla vittoria dei tedeschi e l’Italia uscì distrutta da quella sua errata previsione.

La Meloni sembra scommettere sulla vittoria a danno della Russia di Putin della “plutocratrica massoneria ebraica statunitense” odiata dal suo amato predecessore  (insieme alla perfida Albione)  “Per qualche dollaro in più”, come recita il titolo di un noto film di Sergio Leone.

Non sembra preoccupare quella creatura femminile, apparentemente inerme,  che è difficile immaginare con un coltello stretto tra i denti e “in bocca un fior” che il prezzo da pagare questa volta possa essere l’inizio di una terza guerra mondiale con l’Itaia distrutta dai missili russi.

Intanto, la neo Presidente del Consiglio, oltre al recupero delle posizioni del passato mussoliniano sui “tavoli della pace”, sembra intenta anche a innestare una serie di retromarce clamorose: da quella utile a favorire la pirateria delle ONG, dirottando le loro navi su porti italiani del Centro e del Settentrione a quella di convincere Nordio di lasciar perdere le sue convinzioni e sposare l’idea che non si deve toccare il pilastro della “Costituzione più bella del mondo”, l’indipendenza della magistratura.

E  qui Nordio dovrebbe cominciare a fare i conti anche con il Vocabolario della lingua italiana.          

L’indipendenza, infatti, è definita dal Devoto Oli come la capacità di sussistere e di operare in base a principi di “assoluta autonomia”.

Ora il termine “autonomia” etimologicamente significa niente altro che capacità di governarsi con leggi proprie.

Siamo certi che questo concetto così complesso di indipendenza possa attribuirsi alla magistratura o la definizione del  vocabolario andrebbe privata del concetto di autonomia per non ingenerare confusione sulle pregorogative dei giudici? A  Meloni, l’ardua sentenza.

Stando alla definizione del Dizionario, “indipendente” sarebbe stato in epoca Romana  il solo Imperatore che, secondo la Lex de imperio Vespasiani era al di sopra delle leggi dal momento che egli stesso ne era l’artefice.

Ai tempi nostri il concetto di indipendenza, (che si ritiene comprensivo di quello dell’autonomia) dovrebbe ritenersi prerogativa del solo Parlamento che ha il compito della formazione delle leggi.

Non credo che, a dispetto della definizione del più autorevole dei nostri Dizionari, quando in Italia si parla dell’indipendenza della Magistratura come pilastro della nostra Costituzione ci si voglia riferire a una Magistratura legibus soluta.

E’ più corretto ritenere che anche la magistratura italiana, come quella di altre democrazie, sia sottoposta all’imperio della legge.

E allora: anche se la legge è solo quella che i giudici interpretano, la sua formazione dovrebbe essere garantita come rigorosamente libera, indipendente ed essa… sì  del tutto “autonoma”.

Ciò avveniva secondo il dettato dell’abrogato articolo 68 della nostra Costituzione, simile peraltro a norme ugualmente esistenti nelle cosiddette democrazie occidentali.

Domanda: in questa moda di guardarci indietro, non sarebbe più saggio, dopo le modifiche apportate nel 1993 (sotto l’effetto di Tangentopoli  con il conseguente aumento della corruzione e il degrado della classe politica privata, per il timore di avvisi di garanzia a gogò, delle migliori professionalità esistenti) di pensare anche a un altro pilastro della nostra Repubblica parlamentare?

Il Parlamento rispetto al testo originario della Costituzione più bella del mondo ha subito lesioni e compromissioni che hanno  alterato le linee della separazione tra i tre poteri dello Stato; con buona pace di Montesquieu.

Non sarebbe il caso di dare uno sguardo al passato? Esso sarebbe utile come quello di Papa Francesco e non dannoso come quello di Giorgia Meloni.

Luigi Mazzella