Paese, Stato, Parlamento… in subbuglio permanente

Il caso Cospito è l’emblema, se ce ne fosse ancora bisogno, di come si muove la politica italiana. In verità, si dovrebbe parlare non di politica ma di “sistema partitico”. Purtroppo, esso è dimentico di un popolo in affanno, è insensibile ad una area di povertà sempre più ampia, è dedito ad una lotta intestina, senza quartiere, con il solo obiettivo di conquistare e conservare poltrone di potere, nella totale indifferenza delle figuracce collezionate sul palcoscenico internazionale.

Infatti, chi vede questo spettacolo dall’esterno, pur parteggiando per l’una o per l’altra fazione secondo la propria convenienza, si fa l’idea, purtroppo ormai consolidata, di un grande Paese che si comporta in maniera ridicola e indecorosa, da immaturo e infantile: una “repubblica delle banane”.

E coglie, in tutta evidenza, ogni occasione per approfittarsene; per di più facendo un sol fascio dei contendenti, senza distinzione.

Se volessimo tracciare una mappa delle avverse fazioni (media, talk show e giornali, intellighenzia, note personalità, opinion leader, influencer, Università La Sapienza che rifiutò la visita del Papa, …), i cui comportamenti sono ascrivibili non ad un sereno e costruttivo dibattito ma ad un insanabile e reciproco odio seriale, non ha che da osservare e prendere nota. Il caso Cospito, personaggio fino a ieri sconosciuto alla gran massa della opinione pubblica, ha mobilitato tutta quella “crosta” di gente che, generalmente e in qualche modo, pesa sulle casse dello Stato senza, tuttavia, la capacità di proporre un fattibile disegno sociopolitico di crescita economica e di sviluppo sociale.

In sostanza, possiamo dire che si assiste ad una telenovela che, senza aver mai fine, pone l’attenzione e la morbosa curiosità solo sulla sequenza degli eventi, facendone gossip.

Sullo sfondo del caso Cospito, si registrano attentati alle sedi diplomatiche italiane a Barcellona e Berlino, incendi alle automobili della polizia, minacce senza remore a tutti (diplomatici, istituzioni, magistratura, politici, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio …), danni a infrastrutture, imbrattature di monumenti, manifestazioni pericolose nelle città, telefonate anonime di annuncio attentati (Bologna, Sanremo), lettere minatorie e proiettili, occupazione d’Università, cortei minacciosi, manifesti con la foto dei futuri obiettivi da punire (per ora, 8 personalità) etc.

Chi fa questo, non c’è dubbio, non lascia nulla al caso; agisce con arroganza e sicumera per la certezza che lo Stato dovrà “trattare”: lo abbiamo visto tante e troppe volte.

Uno Stato di diritto alla mercè dei ricatti dovrebbe essere una opzione inconcepibile.

Tutto è cominciato qualche giorno fa, in Parlamento. Il deputato toscano Giovanni Donzelli, di FdI, vicepresidente del Copasir, non ce l’ha fatta a tacere. Dopo aver rivelato la visita del PD a Cospito Alfredo, anarchico e detenuto in regime di 41 bis, avvenuta nello stesso giorno in cui il detenuto incontrava persone collegate alla ‘ndrangheta e alla Mafia, ha chiesto, in tono aggressivo, nonostante i richiami del Presidente di turno della Camera, se la Sinistra stesse con lo Stato o con mafiosi e terroristi, dando a intendere come molto probabile la seconda opzione. Apriti cielo! Ma non era questa l’epoca del “politically correct”? Infelice la esternazione del Donzelli; immediata e violenta la reazione del PD condotta dalla Serracchiani, capo delegazione della visita rivelata.

È nata, in un attimo, la tempesta perfetta di fronte ad un popolo attonito e incuriosito che cerca informazioni, non manipolate, per capirne qualcosa.  Intanto gli anarchici, ora tocca a loro dopo tanti altri, giocano con lo Stato democratico usando platealmente gli strumenti ai quali, ormai, siamo abituati: la intimidazione, il ricatto, gli attentati, la paura.

Ora, però, dovremmo stare tranquilli, si fa per dire celiando, sia perché, finalmente, abbiamo un “Giurì d’onore”, costituito dal Ministro della Giustizia, per valutare i fatti parlamentari: servirà a nulla; sia perché sappiamo dalla senatrice Cucchi, politico per caso, che il Cospito, con atteggiamento sdegnato, non vuole vedere più i politici dopo, però, averli usati e dopo averli pregati di visitare anche gli altri detenuti perché non sembrasse, lui, l’anarchico, un raccomandato. In che Paese siamo!

Il Cospito avrà forse cambiato idea perché il gioco gli si è rivoltato contro.

Il fatto: la Magistratura ha condannato l’anarchico Cospito per reato di “attentato per finalità terroristiche di eversione dell’ordine democratico” commutato, nel luglio 2022, nel più grave reato di “devastazione, saccheggio e strage ai danni dello Stato”; analogamente la pena, da ergastolo ostativo (quello che inibisce ogni forma di beneficio) è stata commutata in 41-bis (articolo vigente sin dagli anni ’90 che inibisce ogni comunicazione con l’esterno). Era provato, infatti, che il detenuto comunicava con l’esterno incitando i suoi compagni alla violenza verso cose e persone.

Che vogliono, dunque, gli anarchici? Pretendono che al loro complice venga risparmiata la pena del 41-bis e che egli sia liberato a causa delle sue precarie condizioni di salute per uno irriducibile sciopero della fame di più di 100 giorni. Bisogna dire che il Cospito non è nuovo a comportamenti del genere. Nel 1991, in carcere, decise di fare lo sciopero della fame; fu graziato e uscì. Ma, subito, gambizzò Roberto Adinolfi, a.d. di Ansaldo Nucleare, ed eseguì l’attentato alla scuola di Carabinieri di Fossano (2006).

Inoltre, gli anarchici pretendono l’abolizione dell’articolo incriminato, il 41-bis, per tutti.

Il ricorso sarà esaminato il 7 marzo dal Tribunale del Riesame di Roma.

Ma chi è Cospito?

Lui si definisce “Anarchico, anti organizzatore e nichilista” con “ideologia di natura terroristica: la ribellione contro l’autorità, la costrizione, la tecnologia, le centrali nucleari e tutto ciò che rappresenta il potere”. Egli scriveva: “La rivoluzione la può fare solo chi ha il diavolo in corpo e non ha paura della parola terrorismo perché desidera con tutte le sue forze che i potenti vivano nel terrore”. Bellissima ideologia!

Facciamo il punto, tralasciando tutto il polverone intorno e attenendoci ai fatti.

L’intervento dell’onorevole Donzelli si può dividere in due parti. La prima riguarda la rivelazione della citata visita del PD; la seconda riguarda la domanda/provocazione al PD. Sulla prima c’è da dire che rivelare contenuti di documenti interni di proprietà di qualunque organizzazione, a maggior ragione di una Istituzione governativa come il Ministero della Giustizia, è inopportuno, qualunque sia il modo in cui l’informazione sia stata acquisita. Qualunque documento interno è, proprio perché interno, per definizione, riservato. Diverso è il caso se quel documento sia stato secretato. Se sia stato secretato lo può dire solo il proprietario. Tuttavia, osserviamo senza ridurre le responsabilità, che il mondo è pieno di fughe di notizie e l’opinione pubblica ci si fa poco caso. Basti pensare alla divulgazione dei contenuti, più che riservati, di intercettazioni telefoniche nell’ambito di indagini penali.

Il Donzelli, al di là della rivelazione della visita, non ha aggiunto altre informazioni. Tuttavia, il PD ha accusato il Donzelli, con veemenza e facendone una campagna, di abuso di ruolo e ne ha chiesto le dimissioni insieme ai suoi sodali (il sottosegretario coinquilino Delmastro), nonostante il Ministro Nordio abbia assicurato, in Parlamento, che quei documenti non erano secretati. Inoltre, secondo Lucio Malan, ospite di Omnibus, quanto dichiarato da Donzelli era già apparso, in dettaglio, su Repubblica.

Domanda: cosa ci sarebbe di male nel rivelare un evento che, di per sé, dovrebbe essere già noto come atto legittimo di delegati dal popolo pagante?

Assale il dubbio di assistere ad una sceneggiata, tutta loro, che sa solo di comico.

Sulla seconda, a parte l’arroganza, il tono accusatorio e la dimenticanza del bon ton del relatore, la domanda appare di rilevanza “politica”. È del tutto ovvio che il PD si sia platealmente irritato per l’esternazione irrituale del Donzelli, benché il Parlamento sia stato testimone di scontri ben più collerici, ma la sua risposta appare molto debole perché, nell’accusare energicamente il relatore di abuso del ruolo, ha dato l’impressione che non volesse che fosse divulgata la notizia della sua visita al Cospito. In verità, avrebbe dovuto semplicemente esprimere il diritto/dovere di “fare politica”.

Infatti, un partito, con i suoi parlamentari, ha tutto il diritto di visitare e incontrare chi vuole, in trasparenza e legittimità, in esecuzione della sua propria politica, rispondendone a iscritti e simpatizzanti. Ma l’elettore si aspetta che un suo eletto visiti un carcere per dialogare con il personale in termini di infrastrutture, servizi e edilizia; o per verificare e valutare il rispetto delle basilari norme civili, sanitarie, educative.

Quindi, per l’opinione pubblica, rimane sospesa la risposta alla domanda, focale, inespressa ma decisiva: quale il motivo della visita a Cospito, anarchico e terrorista?

Appare che si sia colto l’evento per attaccare il governo, presumibilmente, per metterlo in difficoltà; mentre il dibattito scivola, lentamente, per distrarre, verso l’opportunità di rivedere l’articolo 41-bis, tema, peraltro, mai in agenda negli ultimi decenni e, comunque, fermamente escluso in Parlamento dalla Serracchiani. La quale, però, non si rende conto di aggravare, così, il dubbio sulle reali motivazioni della visita del PD.

Pensiamo proprio che la Sinistra, volendo cavalcare l’evento ma accorgendosi di avere lanciato un boomerang, lascerà cadere lentamente la polemica.  

Quello che sorprende, tuttavia, è il soccorso, sollecito e gratuito, della intellighentia. Cacciari sentenzia: “Destra becera. E Donzelli è un poverino, lasciamolo perdere …  la pena inflitta a Cospito è sbagliata”. Non si capisce, tuttavia, se il professore sostiene che la Magistratura abbia valutato male il reato o se abbia applicato male la legge o se è semplice caccia per il voto dell’antistato. In ogni caso, nel sentenziare non si dimentica di disprezzare la persona: un vizio atavico di una sinistra presuntuosa e, di certo, discriminatoria.

Ma la perla più preziosa l’ha sfornata il fascinoso Gad Lerner a CartaBianca: “Donzelli? Sono dei fascistelli… oggi in Parlamento ci sono i fascistelli, ai quali non pare vero aver conquistato la ribalta mediatica e allora arrivano a spararle grosse…”.

Ma, allora, non c’è un “pericolo fascista” nella nostra “Repubblica delle Banane”; semmai un “pericolo d’incompetenza”!

Ecco il bruciore: la ribalta, la visibilità, il potere e le sue poltrone, il senso della indiscutibile superiorità, il declinare come devi vivere … che se ne va.

Ecco la fonte dell’odio viscerale e della incomunicabilità, a spese del Paese.

Intanto, il Presidente del Consiglio dice: “Vorrei fosse chiaro che la sfida non è al governo, la sfida è allo Stato e lo Stato ci riguarda tutti… credo che lo Stato non debba farsi intimidire da chi pensa di minacciare i suoi funzionari”. 

Posizione istituzionale di rito che non ascolta nessuno perché affaccendato in altro.

Antonio Vox – Presidente “Sistema Paese” – Economia Reale & Società Civile