Il lavoro carcerario e la dignità dell’uomo

Si intitola “Le dimensioni della dignità nel lavoro carcerario” il convegno del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, tenutosi a Roma, durante il quale sono stati presentati i dati riguardanti il lavoro dei detenuti.

I dati emersi la dicono lunga. La recidiva è del 70% tra chi non lavora, scende al 2% per chi esce dal carcere ed ha imparato un mestiere durante la pena.

Un dato che testimonia come sia importante ai fini del valore rieducativo della pena incentivare il lavoro carcerario.

Sempre dai dati emerge che coloro che lavorano, con un contratto collettivo nazionale, sono 18.654 (34% dei presenti) di cui 16.181 alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria (84,7%) e 2.473 per imprese/cooperative esterne e hanno un contratto molto simile, con gli stessi diritti e gli stessi doveri, dei lavoratori liberi. Quanti lavorano nell’amministrazione percepiscono una remunerazione decurtata di un terzo rispetto a quella dei lavoratori in stato di libertà; hanno diritto alle ferie remunerate, alle assenze per malattia e il datore di lavoro paga per loro i contributi assistenziali (assicurazione sanitaria) e pensionistici.

Nell’ottica di incrementare il lavoro carcerario e favorire l’ingresso dell’imprenditoria all’interno del carcere il Cnel, nel corso del convegno, ha sancito un patto fra l’Amministrazione penitenziaria, il terzo settore e il privato profit, con l’obiettivo di incentivare la funzione rieducativa della pena carceraria, i cui risultati sono molto positivi per i detenuti.

Antonella Cirese