Tari alle stelle in Puglia e Campania

La Puglia è la seconda regione d’Italia in cui la TARI si paga più cara, è seconda dopo la Campania.

Il costo della TARI è mediamente in tutta la Puglia per ogni nucleo familiare di 402 euro contro 314 euro della media nazionale, con alcune differenze tra i capoluoghi, perché si va dai 464 euro di Brindisi ai 349 di Lecce.

Secondo un rapporto dell’osservatorio sui prezzi di Cittadinanzattiva, la tariffa è aumentata in Puglia mediamente del 5,5% rispetto al 2021, con picchi oltre il 10% in particolare a Brindisi e Taranto. 

Al sud si registrano le cifre più alte per la raccolta o lo smaltimento rifiuti, la Campania è in testa a livello regionale (414 euro), con 8 capoluoghi meridionali nella top ten dei più cari, con Catania al primo posto dove una famiglia spende mediamente 594 euro all’anno, un +28% rispetto al 2021.

Brindisi è al terzo posto fra le più care, con 464 euro a famiglia. La regione con la spesa media più bassa è il Trentino Alto Adige (212 euro), dove si registra però un aumento del 6,2% rispetto all’anno precedente.

La Puglia rimane indietro prima di tutto nelle aree più densamente popolate, come Taranto e Bari, con un mancato utilizzato dei 90 milioni di euro del Pnrr per il completamento degli impianti di compostaggio, che migliorerebbero notevolmente lo smaltimento di rifiuti.

A peggiorare le cose, vi è il mancato accordo tra governo regionale e aziende private di impianti di smaltimento rifiuti. 

Gli scenari che si aprono sono due, entrambi dannosi per la cittadinanza pugliese. 

O la riapertura di impianti pubblici come quelli di Conversano e Corigliano d’Otranto, oppure un ulteriore aumento della TARI.

Ci sarebbe una terza via ed è quella della abolizione del monopolio municipale della raccolta dei rifiuti questo permetterebbe di affidare il servizio, anno dopo anno, alle cooperative o società che offrono di erogare il servizio a costi più bassi e costringerebbe l’amministrazione a rendere più efficiente il lavoro e organizzarlo meglio magari retribuendo di meno quelli che lavorano di meno e introducendo significativi premi per i più volenterosi e introdurre un piccolo decurtamento di stipendio per tutti gli amministratori locali e relativi dipendenti pubblici, ad evitare un ulteriore aumento della tassa dei rifiuti. Questo dovrebbe essere proposto dagli amministratori in carica (che ambiscono a vedersi premiati dall’elettorato) o dalla opposizione che così dimostrerebbe di esistere e di avere una chance seria a sostituirsi questa gestione fallimentare della cosa pubblica locale. Ma non se ne frega niente nessuno.

È attuale la notizia di un accordo interregionale tra Puglia e Campania, guarda caso le più esose coi rifiuti, sull’acqua pubblica. Che poi pubblica non è ma è regionale e cioè della maggioranza partitica al potere.

L’acquedotto pugliese produce un bilancio annuale, i cui proventi, dopo aver lautamente pagato stuoli infiniti di impiegati, dovrebbero essere (se avanza qualcosa) reinvestiti in servizi pubblici relativi al consumo di acqua. Oltre agli impiegati adesso anche la Campania vuole mettere le mani su quei soldi e quindi ecco l’accordo tra amici di partito per trasferire un po’ di milioni da Bari a Napoli per avere la loro acqua che già abbiamo da più di un secolo. Quindi quali servizi avremo se poi pagheremo ad altre regioni la fornitura di acqua piovana, solo perché scorre nei letti che solcano i loro territori?

Pagheremo l’acqua alla Campania dopo che improvvidamente abbiamo accettato di pagarla alla Lucania. Il prossimo sarà il Molise?

Perché si paga? Perché se piove in Campania l’acqua piovuta non è di tutti ma è la loro. La loro di chi? Dei politici o dei cittadini? Dei politici, in quanto occupanti le istituzioni che li usano per comperare il consenso. Allora anche l’energia fatta dal sole va pagata ma non ai politici ma ai proprietari dei terreni su cui insistono gli impianti. Con una differenza che per l’acqua la questione è tra istituzioni mentre per l’energia è tra privati, di cui non se ne frega nessuno.

Giuseppe Romito