L’eterno ritorno del “cupio dissolvi”

Per Epitteto ciò che è contrario alla ragione è insopportabile. Quando le irrazionalità, però, devono attribuirsi ai generali del Pentagono statunitense vale il motto contrario che “contro la forza la ragion non vale” e tocca accettarle. Vediamo di quali irragionevoli comportamenti si sta rendendo  colpevole il quartier generale della Difesa  americano con le sue appendici spionistiche.

Dunque, quegli impettiti e pluridecorati  Comandanti, pur sapendo di essere stati legittimimamente in grado di impedire a Trump di ritirare dall’Afghanistan le truppe statunitensi perché mancava il loro “permesso”, pensano che i loro colleghi, ugualmente blasonati e riveriti del Kremlino siano, invece, docili pecorelle agli ordini di Putin.

E’, in pratica, il capovolgimento di quell’antico proverbio italiano (che si fa anche risalire a Dante e/o a Metastasio) che vorrebbe il giudizio sull’opera altrui ricalcato sulle proprie attività.

Questo abbaglio logico induce generali e spioni americani  a pensare che l’eliminazione fisica dell’attuale capo del Kremlino dallo scenario politico mondiale possa favorire la vittoria degli Stati Uniti d’America-GranBretagna-NATO-Unione Europea  e Ucraina di Zelensky nella guerra contro la Russia.

Il loro errore, spiace dirlo, conferma l’idea di Georges Clemenceau che la guerra sia una cosa troppo seria per farla fare ai generali (e ai membri delle intelligencestrettamente ad essi collegati). Ma oggi quell’idea non è più attuale. I generali (e le loro spie) fanno non solo la guerra ma anche la politica dei loro Paesei e non c’è, quindi, alcun aforisma che tenga come alternativa al disastro.

Essi non si rendono conto che come ormai il “potere reale” degli Stati Occidentali non corrisponde più a quello “formale” delle Autorità che reggono (quindi solo “apparentemente”) la res publica, altrettanto avviene in Russia.

Ciò che essi con CIA ed FBI hanno creato nel loro Paese (e propagato nei Paesi satelliti) il KGB ha messo in piedi in Russia. In altre parole, Putin, è il vertice solo “formale” del Paese,  una delle varie e molte  pedine che militari e spie  possono manovrare.

Che cosa fa pensare loro che, ammazzando o detronizzando Putin, persona dimostratasi, a dispetto delle ingiurie subite, sempre attenta alle proprie mosse, non giunga al vertice e al comando della Russia qualche “testa calda” che prema il bottone dell’armamentario nucleare di quel Paese? Che, essendo più potente, moderno e cospicuo di quello esistente nel nuovo continente, sarebbe in grado di radere al suolo, in mezz’ora,  gli interi Stati Uniti. E ciò non a giudizio dell’uomo della strada ma in base all’autorevole parere di Gilbert Doctorow, analista politico indipendente che vive a Bruxelles e che di armamenti se ne intende.

In più, quei generali e quelle spie emule di James Bond, dovrebbero cominciare a capire che nel mondo serpeggia e va diffondendosi un disagio, in qualche modo simile a quello avvertito agli inizi della seconda guerra mondiale nei confronti delle cosiddette potenze dell’Asse. E’ un moto sotterraneo che dalla Russia si estende alla Cina e, inequivocabilmente, all’India e alla Corea del Nord, con la configurazione di animosità ancora taciute ma  tutte in chiara direzione anti-americana.

Domanda: è possibile che stia nascendo un sostanziale cupio dissolvi nella mente di pochi generali “arditi” e di spie, gli uni e le altre  aspiranti al suicidio per vocazione professionale?

Luigi Mazzella