La piazza e la democrazia del futuro
Le proteste che scuotono il Perù da inizio dicembre, quando l’ex presidente Pedro Castillo fu destituito dopo aver tentato di sciogliere il Congresso e legiferare per decreti esecutivi, si allargano a macchia d’olio.
La composizione etnico-sociale dei manifestanti sta evolvendo: non si tratta più solamente dei sostenitori di Castillo, le popolazioni rurali e con affinità ideologiche o identitarie con l’ex presidente, che vedevano nella sua destituzione e arresto un atto arbitrario perpetrato da settori conservatori della classe politica peruviana.
Di fatto le proteste stanno coinvolgendo il ceto medio, con un ruolo sempre più attivo degli studenti universitari. L’espansione geografica e settaria delle proteste si riflette anche in una diversificazione delle richieste promosse da un movimento di protesta per lo più spontaneo, senza una leadership chiara.
Le proteste in Perù hanno assunto una dimensione internazionale e rappresentano una sfida per il multilateralismo latinoamericano.
Nell’intera regione, la democrazia, è stata messa a dura prova negli ultimi anni da elezioni contestate in Bolivia e Honduras e repressioni autoritarie; su tutte quelle in Nicaragua e Venezuela, così come il più recente assalto alle istituzioni a Brasilia.
E se negli Usa, i fatti di Capitol Hill, sono ancora ricordi vivi, in Francia, i nostri cugini d’Oltralpe sono alle prese con un tema scottante in un clima rovente: le pensioni. La proposta del presidente Emmanuel Macron di alzare di due anni l’età per l’accesso alla quiescenza, da 62 a 64 anni, ha sollevato l’orgoglio del popolo francese, sempre pronto alle barricate fin dai tempi della presa della Bastiglia.
Posto che tante proteste popolari hanno contribuito a cambiare il corso della Storia, davvero la piazza, priva dei filtri e delle mediazioni propri di una democrazia rappresentativa, può essere ritenuta sacra e inviolabile? È giusto pensare che il potere del popolo sia totalmente illimitato? è bene che la piazza si sostituisca alle istituzioni rappresentative?
A contribuire a non calmare ulteriormente gli animi, alle domande poste più su, la premier Borne ha risposto invocando l’articolo 49.3 della costituzione, che permette al governo di far passare una legge senza voto parlamentare, a meno che le opposizioni non approvino una mozione di censura (sfiducia) contro il governo a maggioranza assoluta: se quest’ultima ha successo, la legge decade e il governo è costretto a dimettersi. Un meccanismo simile alla questione di fiducia italiana, con la differenza cruciale che tale procedura estrema può essere invocata solo per due volte in una sessione (di norma lunga un anno). Contro l’arma costituzionale sganciata dal governo, le opposizioni hanno presentato varie mozioni di sfiducia: una di queste è stata respinta per soli 9 voti.
Una prova di forza e un braccio di ferro di gran lunga più grande della posta in gioco: cosa c’è sotto? le rappresentanze parlamentari delle opposizioni sapranno interpretare le piazze? o si scoprirà che maggioranza ed opposizione parlamentari sono dalla stessa parte?
Oggi anche Israele, per via di una riforma sulla Giustizia ha dovuto fare una sorta di marcia indietro per via di proteste di piazza.
Allargando lo sguardo, questa vicenda ci pone dinnanzi ai limiti e ai difetti della democrazia.
Già Platone nella Repubblica aveva messo in guardia dal rischio che una democrazia potesse degenerare in una oclocrazia, ovvero nel governo delle folle, che impongono la loro volontà “di pancia” senza le conoscenze necessarie.
Sebbene la sofocrazia proposta dal filosofo greco sia per vari motivi inattuabile, è quanto mai necessaria la mediazione della volontà popolare grazie al filtro di una classe dirigente credibile e competente.
In Italia, la classe dirigente non è certo credibile e competente. Per tutta l’epoca pandemica i governi succedutisi ci hanno governato con i famosi DPCM, i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ed anche così anche da noi si è messa in seria crisi la democrazia.
Più in loco, il sindaco di Bari, Antonio Decaro, ha indetto un consiglio comunale, in seduta straordinaria, per introdurre la variante al PRG comunale, e rendere di fatto effettiva, l’accelerata per la realizzazione della tanto contestata allocazione della cittadella della giustizia. Un paradosso per il Sindaco più suffragato ed amato della storia del capoluogo pugliese.
Si è giunti, quindi, alla sollevazione contro la rappresentanza democratica espressa nel voto. Non bastava l’astensione dal voto a delegittimare la casta politica; adesso è il comportamento dei politici nelle stanze dei bottoni che mette in assoluta evidenza una specie di contrapposizione tra piazze e Istituzioni. Non va bene, neanche un po’. È evidente che il sistema democratico è in crisi.
Riflettiamo. Perché tra qualche tempo a sostituire la democrazia ci sarà o la dittatura o l’anarchia.
Giuseppe Romito