… e il senso della Pasqua e delle altre festività

Il Natale è la festa più grande dell’anno e segna l’inizio dell’allungamento delle ore di sole a scapito di quelle di buio. Da quei giorni in avanti sarà sempre più chiaro e la luce prevarrà progressivamente sulle tenebre. Nei secoli e millenni passati doveva essere un momento importantissimo; poi la tecnologia ci ha dato l’impressione che l’uomo possa fare luce anche nelle tenebre pur che lo volesse.
La Pasqua segna la vittoria -per chi Crede- della vita sulla morte. Una cosa banale visto che la vita c’è mentre coloro che sono morti non ci sono più (i napoletani direbbero che la morte dura un istante e quindi non vale nulla mentre la vita dura una vita intera) ma l’importanza di questa solenne consapevolezza risiede nel fatto che conferisce fiducia e speranza anche nei momenti più difficili. Fiducia e speranza che non sono del singolo ma di tutti; accomunati dallo stesso sentire. Quindi una forza capace di sfidare i millenni.
Dette così queste cose possono sembrare credenze pagane o quasi. Invece ci fanno capire un po’ meglio quello che pensiamo e cioè quale è la nostra cultura e quindi identità. Siamo una specie di sintesi tra un antico paganesimo ancestrale interpretato per non dire evoluto nella cristianità. Peraltro cosa è il diritto naturale -pietra angolare della nostra identità e della Cristianità- se non una eredità antica che ritroviamo oggi nelle Carte Costituzionali e sopra ogni Legge scritta, nella carta dei Diritti dell’Uomo, una Legge da sempre e per sempre? E cosa sta scritto in queste ancestrali regole se non la saggezza e necessità di vivere assieme e certo non in contrapposizione gli uni contro gli altri? Cosa può portare la lotta (anche se di classe) o il conflitto (anche se per rendere grande una Nazione che poi altro non è che rendere più grande il Capo di quella Nazione) o la concorrenza senza esclusione di colpi, se non la distruzione di tutti? Come effettivamente è? Il messaggio implicito ma chiarissimo di queste feste e che in pochi ricordano è questo: se qualcosa si riesce a costruire lo si fa collaborando con gli altri e mai prevaricando; le stesse aziende -anche grandi- possono prosperare solo grazie a quella porzione di persone che collaborano con gli altri in vista del bene comune. La concorrenza, la prevaricazione, la lotta vittoriosa, danno la illusione di aver vinto, ma è un effetto che dura poco e crea un clima nel quale non sei mai al riparo di altri più forti di te.
Utopia? Simboli vuoti? Addirittura superstizioni o feticismi? Neanche un po’: da Giulio Cesare a Hitler, dai Medici ai Lehman, non v’è arricchimento o potenza che, dopo un periodo di breve gloria, non sia caduta miseramente mentre tutto quello che vediamo e che abbiamo avuto dai nostri genitori, anche nel sistema economico, e che ancora esiste e mantiene sulle proprie spalle tutto il resto, altro non è che la mite e collaborativa attività delle persone che sono animate da fecondo e sincero sforzo collaborativo. Lo vediamo nelle micro imprese e nell’agricoltura, nelle professioni come nella dedizione di madri e padri, contro ogni avversità, imprevisto, ostacolo che spesso viene posto anche dai potenti di turno; questi sono al servizio della propria speranza e fiducia con determinazione e convinzione. Su di loro sono poggiati il presente e futuro di grandi imprese e interi stati e continenti; non se ne deve fare abuso e non si deve mai profittare di questa apparente ingenuità delle persone operose che sono la stragrande maggioranza di noi, semplicemente perché quella che loro incarnano è la Vita; il resto è rapina.
Canio Trione