Inflazione o Recessione? Meglio l’economia differenziata

Oggi, i maggiori paesi industrializzati sono interessati da un’ondata di inflazione, che non si vedeva da trent’anni. Sia aldilà che al di qua dell’Atlantico, l’aumento dei prezzi al consumo mette gravemente a rischio il potere di acquisto dei consumatori e dei lavoratori. Sia la Fed che la Bce, per frenare l’ondata inflazionistica, alzano i tassi d’interesse, visto che la politica monetaria è l’arma più potente che hanno a disposizione contro il caro-prezzi.

Alzando i tassi, detto a grandi linee, si riduce la quantità di moneta in circolazione e, di conseguenza, anche la spinta ai consumi e ai prezzi. Non manca però l’altra faccia della medaglia. Il rialzo dei tassi, deprimendo i consumi e gli investimenti, è anche un freno alla crescita economica. In altre parole, se il costo del denaro viene aumentato troppo o troppo velocemente, il pil rischia di andare in recessione, cioè sotto lo zero. Allora che fare?  Sullo spunto di una terminologia attuale, quantomeno nel nostro paese, sarebbe opportuno iniziare a parlare, piuttosto che di autonomia differenziata, di economia differenziata. Sul tema creditizio il Sud paga il denaro almeno due punti in più rispetto al resto dell’Italia e si direbbe di tutta l’Europa. Esiste oggi una politica, che tuteli il denaro meridionale? Più in specifico, esiste un partito che possa andare a trattare in Europa un tasso differente per il Sud? Già, perché la ricetta giusta sarebbe una economia differenziata. In controtendenza con la politica “centrale” degli innalzamenti dei tassi d’interesse, per poter recuperare competitività per le imprese locali, che nella maggioranza sono PMI, ed è giusto ricordare come in Italia rappresentino la spina dorsale economica, sarebbe opportuno applicare la riduzione dei costi, di modo da poter incoraggiare tutti i settori merceologici e permettere alle famiglie, che fanno economia domestica, di favorire il potere d’acquisto, accrescendo, così, l’offerta dei beni e dei servizi. 

Esistono degli strumenti validi per poter differenziare le aree che presentano potenzialità di sviluppo?  Esistono certamente le Zes. Le zone economiche speciali che permettono alle aree portuali di rendersi economicamente più attraenti. Se esistono le zone economiche speciali, perché non pensare di estendere tutto il Meridione d’Italia a regime di “Zes unica”?  Accanto a questo strumento di differenziazione, ma al contempo di incoraggiamento, è certamente spendibile l’idea della istituzione di un fondo d’investimento dedicato al sistema creditizio locale. Dove le banche meridionali possono attingere, attraverso lo scambio dei crediti dei loro clienti.  Creando così uno sviluppo positivo di accesso al credito per le imprese locali, concedendo liquidità si permetterebbe un ampio respiro per tutti, ed una circolazione più fluida della liquidità sul territorio.  Un vero e proprio piano di sviluppo differenziato che darebbe più competitività alle aree in via di sviluppo, e permetterebbe una ripresa più omogenea dell’intero Sistema Italia.  Una politica vincente può esistere. Attualmente, non altrettanto certa è l’esistenza di un partito che la attui. 

Giuseppe Romito